Il Caring, le teorie del Nursing e le buone pratiche

Le teorie del Nursing centrate sulla cura, parte prima

Maurizio Mercuri
Corso di Laurea in Infermieristica
Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Politecnica delle Marche

Il Caring è il cuore stesso del Nursing. Esso viene individuato dalle studiose e teoriche dell’Infermieristica secondo specifici approfondimenti. L’idea di Infermieristica si sviluppa nel tempo. In questo articolo si riassume l’intervento di alcune teoriche.

Nell’orizzonte della medicina della complessità, ogni professionista proporrà interventi in base ai bisogni di salute della persona. Interpretazione teorica, classificazione dei fenomeni, giudizi clinici, diagnostica, interventi sanitari vedranno l’assistito come centrale, soggetto delle cure da parte degli esperti delle malattie (medici, mediante la diagnosi medica), degli esperti delle risposte umane alle malattie (infermieri, mediante la diagnosi infermieristica) e degli esperti nell’ambito della prevenzione, della diagnostica e della riabilitazione (mediante la gestione di processi di ordine preventivo, riabilitativo, diagnostico e tecnico operativi). Le competenze intellettuali degli infermieri vanno ad intervenire sui modelli alterati delle risposte umane alle problematiche di salute di soggetti o gruppi, modelli classificati in scelte, comunicazione, scambi, sensazioni, conoscenze, movimento, percezioni, relazioni, valori.[1] Nel preambolo del Codice etico dell’ International Council of Nurses rivisitato nel 2012 viene riportato: “Nurses have four fundamental responsibilities: to promote health, to prevent illness, to restore health and to alleviate suffering. The need for nursing is universal“.[2] Intervenire sui bisogni, sui problemi di salute, sulle risposte umane o sui modelli funzionali diviene per gli infermieri un obbligo professionale per migliorare gli outcome dei propri assistiti. Questo incide enormemente nella loro qualità della vita. Studi condotti nel Nord America hanno mostrato che l’inclusione delle diagnosi infermieristiche tra i dati di assistenza sanitaria, indipendentemente dai sistemi DRG, possono spiegare i risultati nell’assistenza ospedaliera aumentando il potere esplicativo dei sistemi DRG.

Infatti, le diagnosi infermieristiche associate ai DRG hanno un potere predittivo più elevato (dal 30% al 146% in più) sui giorni di ricovero, sui costi sanitari e sulla mortalità ospedaliera.[3]

Un rapido sguardo alle gigantesse dell’Infermieristica sulle quali spalle siamo tutti seduti per osservare l’orizzonte futuro. Sono una bella vetrina di studiose, ne presenterò solo alcune.

Poco da dire di Florence Nightingale (1820-1910): applicando nel Barrack Hospital di Scutari basilari norme di igiene ridusse il tasso di mortalità dei soldati feriti dal 42 al 2%.[4]

Interessantissimo il filone della relazione, con tre teoriche di rilievo: Ildegard Elizabeth Peplau (1909-1999), Ida Jean Orlando (1826-2007) e Imogine Martine King (1923-2007). Per la Peplau, il Nursing è un significativo processo terapeutico interpersonale e un rapporto umano fra un individuo malato o bisognoso di servizi sanitari ed un’infermiera professionalmente preparata a riconoscere tali bisogni e rispondere con l’aiuto adeguato al paziente. Si deve a lei la Teoria del Nursing Psicodinamico, all’interno della quale è t eorizzato il rapporto di scambio attivo tra utente ed operatore. L’assistenza infermieristica è una esperienza condivisa che i professionisti infermieri possono facilitare attraverso osservazione, descrizione, formulazione, interpretazione, validazione ed   interventi. I ruoli dinamici dell’infermiere nella evoluzione della relazione (estraneo, risorsa/sostegno, educatore, leader partecipativo, sostituto, consulente, esperto tecnico) determineranno ciò che l’assistito imparerà durante tutto il periodo di presa in carico. Quattro le fasi essenziali: orientamento (rappresenta la fase del primo incontro, il riconoscimento reciproco dei ruoli, l’ascolto e la decodifica della domanda portata), identificazione (in questa fase va collocato il lavoro di osservazione e di ascolto che si fa all’inizio di una relazione di aiuto per comprendere la soggettività, i bisogni, ed il tipo di distanza terapeutica tollerabile dalla persona assistita), utilizzazione: tutto lo sviluppo degli interventi e delle relazioni assistenziali. (il processo relazionale si sviluppa attraverso una complessa articolazione di analisi ed interazioni), risoluzione (la fase in cui il rapporto terapeutico si conclude). La malattia viene integrata come esperienza di vita).[5] L’applicazione delle intuizioni della Peplau sono particolarmente utili in ambito di assistenza infermieristica psichiatrica. La Orlando è la teorica del rapporto tra infermiera e paziente. Imparare a capire quello che avviene tra se stessa e il paziente costituisce il fulcro dell’azione dell’infermiera e rappresenta lo schema di base per l’aiuto che ella dà al paziente. E questo avviene attraverso un complesso sistema di reazioni ad azioni che manifestano percezioni, pensieri e sentimenti reciproci.[6] La King per Infermieristica intende: la cura degli esseri umani; percepire, pensare, giudicare e agire nei confronti del comportamento degli individui che si rivolgono in un sistema di assistenza sanitaria; la creazione di un ambiente in cui due individui stabiliscono un rapporto per far fronte ad eventi situazionali; l’obiettivo di aiutare gli individui e i gruppi a raggiungere, mantenere e ripristinare la salute o di aiuto alle persone a morire con dignità; un processo di azione, reazione, interazione, transazione, percezione e giudizio in cui l’infermiere ed il cliente condividono informazioni sulle loro percezioni nella situazione di cura. [7]

Virginia Henderson (1897-1996) ha esplicitato la funzione peculiare dell’infermiere, quella di assistere l’individuo malato o sano nell’esecuzione di quelle attività che contribuiscono alla salute o al suo ristabilimento (o ad una morte serena), attività che eseguirebbe senza bisogno di aiuto se avesse la forza, la volontà o la conoscenza necessarie, in modo tale da aiutarlo a raggiungere l’indipendenza il più rapidamente possibile. Questa teorica riassume l’impegno dell’infermiere in una fase programmatica che è tra le più belle mai scritte su questo tema: “l’infermiera è temporaneamente la coscienza di chi si trova in stato di incoscienza, l’amore per la vita del suicida, la gamba di chi ha subito l’amputazione, gli occhi del cieco, il mezzo di locomozione del neonato, la consulente, la confidente e la portavoce dei più deboli”. Nessuna professione ha una consapevolezza formalizzata più nobile di questa. E’ la teorica delle risposte logico-scientifiche ai quattordici bisogni dell’uomo di ambito emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale:[8] 1. Respirare normalmente. 2. Mangiare e bere in modo adeguato. 3. Eliminare i rifiuti del corpo. 4. Muoversi e mantenere una posizione desiderata. 5. Dormire e riposare. 6. Scegliere il vestiario adeguato; vestirsi e svestirsi. 7. Mantenere la temperatura corporea a un livello normale, scegliendo il vestiario adeguato e modificando l’ambiente. 8. Tenere il corpo pulito, i capelli, la barba e i vestiti ben sistemati e proteggere il tegumento. 9. Evitare i pericoli derivati dall’ambiente ed evitare di ferire altri. 10. Comunicare con gli altri esprimendo emozioni, bisogni, paure o opinioni. 11. Seguire la propria fede. 12. Lavorare in modo da rendersi conto di un certo risultato. 13. Giocare o partecipare a varie forme di ricreazione. 14. Imparare, scoprire o soddisfare la curiosità che porta a un normale sviluppo e alla salute e usare tutti i mezzi disponibili per la salute. Questa impostazione apre le porte alla Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità,[9] aperta ai fattori ambientali nelle forme delle relazioni e del sostegno sociale e delle competenze d’utilizzo dei servizi, sistemi e politiche.

Per Lydia Eloise Hall (1906-1969) l’Infermieristica è Care (l’assistenza che rispondere ai bisogni primari della persona. L’infermiera è completamente indipendente dagli altri professionisti. Il centro dell’attenzione è il corpo dell’assistito); Core (il lavoro psicologico che l’infermiera, in sinergia con altri specialisti, svolge con la collaborazione attiva del paziente, stimolato alla riflessione e al cambiamento delle proprie convinzioni e dei propri atteggiamenti. Il centro dell’attenzione è la persona); Cure (l’attività di cura che l’infermiera svolge in collaborazione col medico. Il centro dell’attenzione è la malattia).

Dorothea Elizabeth Orem (1914-2007) ha approfondito la teoria dell’autocura, meglio conosciuta come “Self-care deficit nursing theory“.[10] L’autocura è un bisogno umano appreso ed ogni soggetto svolge un ruolo attivo e secondo un ordine logico per mantenere o riacquisite la propria salute e il proprio benessere. Tre sono i fattori di autocura: universali (per compiere azioni quotidiane), evolutivi (quali lutto, cambio di lavoro e invecchiamento) e derivanti da problemi di salute. Si ha deficit di autoassistenza quando la persona non è in grado di prendersi cura di sé totalmente o parzialmente. Allora entra in azione il Nursing con pratiche completamente o parzialmente compensatorie o di istruzione/educazione. L’infermieristica si interessa in modo particolare del bisogno che l’individuo ha di svolgere attività di autoassistenza, la quale va potenziata e diretta continuamente al fine di conservare la vita e la salute, riprendersi da malattie o da lesioni e far fronte alle conseguenze di tali eventi.

Dorothy E Johnson (1919-1999) è la teorica del modello di sistema comportamentale. L’essere umano è un sistema comportamentale costituito da sette sottosistemi: attaccamento e affiliazione che regola l’inclusione sociale e l’intimità; dipendenza con le regole di approvazione, attenzione, riconoscimento e assistenza; ingestione; eliminazione; sessualità, aggressività e realizzazione e successo. Il sistema uomo è sottoposto a continue perturbazioni interne ed esterne che provocano squilibri nei sottosistemi e quindi nel sistema intero. Il Nursing diviene la forza capace di ripristinare l’equilibrio di sistema riducendo gli stimoli stressanti o sostenendo le difese naturali e il processo di  adattamento della persona.[11]

Faye Glenn Abdellah (1919-2017) identifica distingue i problemi infermieristici in evidenti e diagnosticabili e nascosti, più di natura emotiva, sociologica o interpersonale. Tramite il processo scientifico del problem solving la duplice tipologia di problemi va risolta, mediante interpretazione, analisi e scelta di procedure appropriate. Fu la teorica della emancipazione della figura professionale infermieristica da quella medica. I problemi infermieristici sono ventuno. Vale la pena elencarli: mantenere una buona igiene ed il benessere fisico; favorire un’attività ottimale: esercizio, riposo e sonno; favorire la sicurezza mediante la prevenzione di incidenti, lesioni o altri traumi e la prevenzione contro il diffondersi di infezioni; mantenere un buon funzionamento corporeo; prevenire e correggere le deformità; facilitare la continuità del necessario apporto di ossigeno nelle cellule di tutto il corpo; facilitare il mantenimento della nutrizione a tutte le cellule del corpo; facilitare la regolarità della eliminazione; facilitare il bilancio dei liquidi e degli elettroliti; riconoscere le risposte fisiologiche del corpo alla malattia, alle condizioni patologiche, psicologiche e compensative; facilitare il mantenimento delle funzioni e dei meccanismi di autoregolazione; facilitare il mantenimento della funzione sensoriale; individuare ed accettare espressioni positive e negative, sentimenti e reazioni; identificare ed accettare la correlazione esistente tra emotività e malattia; facilitare il mantenimento di un’efficace comunicazione verbale e non verbale; facilitare lo sviluppo di proficui rapporti interpersonali; facilitare il progresso mediante il raggiungimento di scopi di ordine fisico e spirituale; creare e mantenere un ambiente terapeutico; facilitare la presa di coscienza di se stesso quale individuo con bisogni vari di natura fisica, emotiva e di sviluppo; accettare positivamente gli obiettivi ottimali raggiunti, tenendo conto dei limiti fisici ed emotivi; usare le risorse della comunità per risolvere i problemi derivanti dalla malattia; capire l’influenza esercitata dai problemi sociali sulle cause della malattia.[12] La Abdellah è sicuramente molto debitrice del pensiero della Henderson.

Nel prossimo numero continueremo questo breve excursus.

  1. BibliografiaCarpenito L. J, Diagnosi Infermieristiche. Applicazione alla pratica Clinica. Casa Editrice Ambrosiana, Milano 20012, p. 8.
  2. ICN, The ICN code of Ethics for Nurses, Geneva 2012, p. 1.
  3. Welton, J.M., & Halloran, E.J. Nursing diagnoses, diagnosis-related group, and hospital outcomes. The Journal of Nursing Administration, 2005, 35(12), 541-9.
  4. Nightingale F, Notes on Hospitals, Parker and Son, London 1859; ID. Notes on Nursing. What it is, and what it is not. Harrison, London 1859.
  5. O’Toole A. W, Welt S. R, Interpersonal theory in nursing practice: Selected works of Hildegarde E. Peplau, Springer New York 1989.
  6. Orlando I. J, The Dynamic Nurse-Patient Relationship: Function, Process and Principles, J. P. Putnam’s Son, New York 1961; ID, The Discipline and Teaching of Nursing Process J. P. Putnam’s Son, New York 1972.
  7. King I. M, A theory for nursing: Systems, concepts, process, John Wiley & Sons, New York 1981; ID et Fawcett J; The Language of Nursing Theory and Metatheory, Honor Society of Nursing, New York, 1997.
  8. Henderson V, The nature of nursing: a definition and its implications for practice, research, and education, Macmillan, New York 1966, ID, Basic Principles of Nursing Care, International Council of Nurses, Geneva19972.
  9. OMS, ICF. Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, tr. it. G. Lo Iacono, D. Facchinetti, F. Cretti, S. Banal, Erickson, Gardolo (TN) 2001.
  10. Orem D. E, Nursing: Concepts of Practice, Mosby, Missouri 20016.
  11. Johnson D. E, The significance of Nursing Care; AJN the American journal of Nursing, 1961.
  12. Abdellah F. G. et al, Patient Centered Approaches to Nursing, Macmillan, New York, 1960.

 

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