Il nostro racconto del Servizio Sanitario Nazionale

Prima parte – La nascita ed i primi anni

Francesco Di Stanislao e Claudio Maria Maffei
Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica, Sezione Igiene
Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Politecnica delle Marche  

Questo racconto in quattro parti nasce da una proposta del prof. Giovanni Danieli ad uno di noi (FDS) di scrivere la storia della nascita ed evoluzione del nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN). La proposta è stata immediatamente estesa all’altro co-autore (CMM) per un semplice motivo: la storia dei primi 40 anni del nostro SSN l’abbiamo sempre condivisa a partire dalla sua nascita avvenuta proprio negli anni in cui cominciavamo a frequentare l’Istituto di Igiene di Ancona, diretto dal nostro Maestro il prof. Giovanni Renga. Se scrivi maestro ti viene da scrivergli davanti indimenticabile ed è proprio così: quel maestro non si può dimenticare come non si può dimenticare il periodo in cui lo conoscemmo e muovemmo i nostri primi balbettanti passi nel mondo dell’Università ed in quello della sanità pubblica.

Premessa
Per parlare del Servizio Sanitario Nazionale abbiamo scelto la forma del racconto. Abbiamo, in sostanza, fatto la scelta di ricostruire la storia del SSN attraverso i nostri ricordi e le nostre esperienze professionali. Abbiamo ritenuto che così fosse più facile trasmettere il senso di questo importante patrimonio della società italiana e cioè il suo sistema sanitario. Prima di cominciare: perché è fondamentale parlare oggi del SSN e della sua storia? Per due motivi. Il primo, più banale, perché quest’anno ricorre il suo 40esimo compleanno. Il secondo, molto più significativo, perché il SSN è per alcuni versi in crisi in termini di qualità dei servizi e in termini di sostenibilità economica.
Abbiamo pensato che per tenerselo stretto e per aiutarlo a superare questo momento di crisi potesse essere di aiuto ricostruirne il senso e la straordinarietà. Oggi siamo abituati a fare affidamento sul SSN per avere qualunque tipologia di intervento, supporto o servizio utile per la nostra salute. E sappiamo che questo vale per tutti i cittadini.
Ma non è sempre stato così e non è detto che sarà sempre così.
La scelta del prof. Danieli, siamo convinti, affonda nella sua consapevolezza del ruolo che spetta e spetterà all’Università nella proposta di un nuovo SSN in continuità culturale ed ideale con il vecchio. Perché di nuove idee e nuove proposte oggi abbiamo bisogno.

La nascita del Servizio Sanitario Nazionale. Il contesto storico
La legge istitutiva del SSN è del 1978. Quello fu un anno in cui accanto alla Legge istitutiva del SSN vennero approvate altre due leggi fondamentale: la 180 per la chiusura dei manicomi e la 194 sulla interruzione volontaria di gravidanza.
Il governo che la approvò era un monocolore democristiano con Presidente del Consiglio Andreotti. Ministro della Sanità era l’onorevole Tina Anselmi, democristiana ovviamente. Ma erano tempi in cui la politica riusciva veramente a volare alto e quindi la Legge ebbe un fondamentale contributo da parte di tutti i partiti del cosiddetto arco costituzionale.
Ad Ancona la Facoltà di Medicina e Chirurgia era ormai al suo ottavo anno di vita (il primo anno di corso fu quello 1970/1971) e la sede degli Istituti Biologici era a Posatora, mentre l’attività clinica si svolgeva soprattutto nella vecchia sede dell’Umberto I in centro.
Noi due cominciavamo in quel periodo la nostra frequenza presso l’Istituto di Igiene vicino di piano dell’Istituto di Fisiologia diretto dal prof. Tullio Manzoni, nostro futuro Preside per tanti anni. Per darvi una idea salivamo le scale con un giovanissimo Fiorenzo Conti. Quello che ci aveva portato a conoscere il prof. Renga (d’ora in poi il prof) e a scegliere Igiene come disciplina era qualcosa di profondamente legato al clima di quegli anni, gli stessi anni in cui si gettavano le basi del SSN: la voglia di partecipazione e di giustizia sociale. Questi sentimenti erano diffusi e contagiavano in qualche modo tutte le forze politiche. Erano quelli gli anni della contestazione studentesca, delle assemblee affollate, dei cineforum, del collettivo studentesco e dei comunicati stampati col ciclostile. Anni dunque di grande vitalità culturale e prima ancora emotiva. Sul fronte della sanità, progressi scientifici a parte, erano gli anni del movimento di Medicina Democratica, della collana Medicina e Potere della Feltrinelli, della nascita della rivista Epidemiologia e Prevenzione. Questo era il clima in cui noi due ci siamo conosciuti e quello che vivevamo all’Università. L’incontro con il prof ci consentì di lavorare, fare ricerca e muovere i primi passi nell’insegnamento proprio negli anni in cui nasce il SSN. E della disciplina di Igiene e Sanità Pubblica ci è piaciuta sempre di più la seconda metà della sua denominazione. Riletti oggi questi principi sembrano scontati.
Ma al tempo non lo erano e a tutt’oggi non lo sono. Prima della approvazione della Legge le prestazioni accessibili ai cittadini erano diverse a seconda della loro mutua di appartenenza, gli ospedali avevano amministrazioni a parte, alcuni servizi erano dei Comuni, altri dipendevano dalle Province (ad esempio i manicomi).
In definitiva, il sistema era parcellizzato, disomogeneo sia quanto a distribuzione territoriale dei servizi che a livelli di assistenza garantiti a ciascun cittadino e non governabile con una logica unitaria. Ma i due punti forte erano e rimangono la universalità della copertura e la solidarietà alla base di questa copertura. Se in tante classifiche il sistema sanitario italiano rimane ai primi posti (ma in tante ha perso posizioni) lo si deve proprio a queste due caratteristiche.


I primi passi del SSN: i Piani Sanitari Regionali
L’applicazione dei principi della Legge di Riforma Sanitaria trova declinazione nelle varie Regioni Italiane attraverso i primi Piani Sanitari Regionali.
Nella legge 833 si prevedeva che il 1° Piano Sanitario Nazionale dovesse essere approvato nell’aprile 1979 (art 54) e a seguire entro ottobre 1979 dovevano essere predisposi ed approvati i piani regionali (art 56) Il primo piano sanitario nazionale fu approvato nel marzo del 1994… con soli 15 anni di ritardo! Nelle Marche il mondo politico e quello professionale comprese l’assoluta rilevanza della riforma approvata e iniziò a lavorare alla stesura del piano regionale. Il primo piano sanitario viene approvato come Legge nel 1983, ma già nel 1981 esce un atto regionale che mette le basi della nuova organizzazione. Per avere una idea di quanto col nuovo Piano cambino le cose basta pensare a cosa avviene con gli ospedali.
Gli ospedali pubblici (dati 1979) erano 68. Ne ricordiamo alcuni che ci fanno capire quale fosse la dispersione della rete ospedaliera (si badi bene: sono ospedali che avevano anche la chirurgia, di cui forniamo tra parentesi i posti letto): Sassocorvaro (50), Mondolfo (60), Sant’Angelo in Vado (15), Urbania (49), Mondavio (55), Ostra (50), Montemarciano (30), Cupramontana 8(25), Montecarotto (50), Sassoferrato (50), Castelfidardo (40), Montegranaro (34), Petritoli (50), Ripatransone (50), Offida (41).
Con il Piano Sanitario del 1983 si stabilisce che ben oltre la metà degli ospedali pubblici (tra cui tutti quelli appena elencati vadano convertiti).
Lo stesso Piano parla dell’Ospedale di Torrette che in quegli anni comincia ad ospitare i primi reparti e servizi (tra cui il “nostro” Servizio di Igiene Ospedaliera annesso all’Istituto di Igiene). Le Unità Sanitarie Locali delle Marche erano 24 (Ancona era la n.12 ed aveva dentro anche gli ospedali della città e quindi anche la parte ospedaliera della Facoltà di Medicina dell’Università). Le Unità Sanitarie Locali avevano un Comitato di Gestione (di nomina politica), un Collegio dei Sanitari, un Coordinatore Sanitario e un Coordinatore Amministrativo.

La lettura del primo Piano (disponibile su richiesta in formato elettronico) colpisce per la sua attualità. Nel capitolo sulle iniziative qualificanti, ad esempio, un paragrafo è dedicato alla politica e formazione del personale ed un altro è dedicato alla gestione degli strumenti conoscitivi e quindi ai sistemi informativi. C’è poi una attenzione specifica alla politica del farmaco, che a tutt’oggi rappresenta una delle principali criticità del Servizio Sanitario Regionale delle Marche.

Ancora qualche ricordo personale
Il prof è stato uno dei consulenti del Piano e in Istituto l’impegno sui temi della sanità pubblica ci impegnava sia sul versante della ricerca che della formazione.
Quanti lucidi con le 3 P: Prevenzione, Partecipazione, Programmazione!
In particolare la Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva fu una sorta di training camp per moltissimi dirigenti che anche oggi occupano posizioni di assoluto prestigio a livello di Direzioni Aziendali (Generale e Sanitaria), oltre che a livello di Direzione di Dipartimento e Servizio nell’area della prevenzione, dell’area distrettuale e delle direzioni mediche. Nelle Marche, ma non solo.
Il prof girava in tutti i territori della Regione portando il verbo della Legge 833/1978.
Del resto gli igienisti più illustri del tempo avevano dato un grosso contributo alla costruzione tecnica della Legge.

Cosa sopravvive della Legge 833/1978
Verrebbe da dire tutto. In effetti i principi ispiratori rimangono tutti validi.
Quello che nel tempo è cambiato e continuerà a cambiare, lo vedremo nelle prossime parti, sono alcuni “strumenti” e alcune regole del gioco. A noi sembra adatto concludere questa prima parte con l’aforisma dei nani e dei giganti – secondo il quale coloro che ci hanno preceduto sono dei giganti e noi siamo solo dei nani che sediamo sulle loro spalle,
ma proprio per questo noi riusciamo a vedere più lontano di loro (“Dicebat Bernardus Carnotensis nos esse quasi nanos gigantium humeris insidentes, ut possim plura eis et remotiora videre, non utique proprii visus acumine aut eminentia corporis, sed quia in altum subvehimur et extollimur magnitudine gigantea”).
E poi dicono che il latino è una lingua morta.

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