La valigetta del medico

La diagnosi in Pneumologia – Prima parte – Anamnesi ed Esame fisico, Pulsiossimetria, Emogasanalisi

Stefano Gasparini, Martina Bonifazi
Dipartimento di Scienze Biologiche e Sanità Pubblica
Università Politecnica delle Marche
SOD di Pneumologia
AOU “Ospedali Riuniti”, Ancona

Claudia Duranti, Francesca Gonnelli, Martina Grilli, Maria Agnese Latini, Marco Umberto Scaramozzino, Giacome Spurio Vennarucci
Medici in Formazione
Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Respiratorio
Università Politecnica delle Marche

Premessa

La valigetta del medico, classico regalo che si riceve per la laurea in medicina, rappresenta un ambito oggetto del desiderio per i neolaureati che in essa vedono un simbolo del traguardo raggiunto dopo anni di studio e sacrificio. Portare quella valigetta, di aspetto bombato e rotondeggiante, meglio se in pelle, ci fa riconoscere e ci inorgoglisce. Lì dentro ci sono gli “strumenti del mestiere” che ci consentono di visitare i pazienti e di mettere in pratica la nostra scienza e la nostra conoscenza. Riempire quella valigetta è un momento gratificante per il nuovo medico, ansioso di usare quegli strumenti ed iniziare il suo cammino professionale. Fonendoscopio, sfingomanometro, ricettari, siringhe, alcuni farmaci erano quello che fino a qualche anno fa portavamo con noi. Oggi la tecnologia, che riesce a miniaturizzare anche strumenti complessi, ci consente di aggiungere altri accessori che non dovrebbero mancare e, tanto per iniziare a calarci nel campo della diagnostica pneumologica, nella nostra borsa dovremmo inserire anche un saturimetro, uno spirografo portatile e, per i più bravi, anche un ecografo tascabile. E’ ovvio però che quella valigetta deve avere al suo interno anche un altro elemento indispensabile che è la nostra conoscenza e la nostra capacità di integrare quello che gli strumenti ci consentono di rilevare con i dati clinici e anamnestici.

Il torace è come uno strumento musicale: si percuote, vibra, emette suoni. Gli strumenti nella nostra borsa ci danno la possibilità di ascoltarlo, la conoscenza ci dà la possibilità di leggere e di interpretare quella musica. Questo breve capitolo vuole aiutare il giovane medico ad usare al meglio quanto è all’interno della propria valigetta, riassumendo le informazioni essenziali da evinceree nella prima fase dell’approccio diagnostico al paziente com patologia respiratoria e fornendo consigli pratici per facilitare l’interpretazione dei principali parametri rilevati.

Introduzione

Le malattie respiratorie rappresentano una vasta gamma di condizioni patologiche. Sono tra le principali cause di morte e disabilità nel mondo e si prevede un trend in crescita nei prossimi decenni. Per dare “qualche numero”, sono circa 65 milioni le persone nel mondo affette da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e 300 milioni coloro che soffrono di asma. La polmonite è responsabile di milioni di decessi ogni anno ed è la principale causa di morte nei bambini sotto i 5 anni di età. Oltre 10 milioni di persone nel mondo sono affette da tubercolosi polmonare, con una mortalità superiore al 10%. Infine, il cancro del polmone, pur non essendo la neoplasia più prevalente, si configura come la prima causa di morte per tumore, data l’elevata aggressività biologica che lo caratterizza (mortalità pari all’ 80% a 5 anni).

In sintesi, stando alle più recenti stime fornite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ad oggi, le 5 più importanti malattie respiratorie causano il 17% di tutte le morti.

Ovviamente, fumo di sigaretta ed inquinamento (ambientale e domestico) rappresentano i principali fattori di rischio per l’insorgenza di disfunzioni dell’apparato respiratorio, essendo questo l’organo più esposto al contatto “diretto” con l’ambiente esterno. E se l’abitudine al fumo appare finalmente in sensibile riduzione, la concentrazione e le tipologie dei diversi inquinanti sono in continuo incremento. Pertanto, la prevalenza delle malattie respiratorie è destinata ad aumentare ulteriormente, anche grazie all’invecchiamento della popolazione generale che condiziona sia un maggior tempo di esposizione ai nocivi che una minor efficacia dei meccanismi di riparazione.

Ciononostante, attualmente, le patologie polmonari sono ancora diagnosticate con sensibile ritardo e spesso non adeguatamente trattate, a causa di una scarsa consapevolezza dell’importante impatto epidemiologico e sanitario di queste malattie.

Dispnea e tosse sono sintomi piuttosto aspecifici ed estremamente comuni, non esclusivamente espressione di disfunzione dell’apparato respiratorio, ed è pertanto indispensabile che tutti gli attori potenzialmente coinvolti nell’approccio diagnostico iniziale possiedano nella loro valigetta il bagaglio culturale e gli strumenti di primo livello necessari per un corretto inquadramento del paziente ed eventuale invio ad un centro specialistico per ulteriori approfondimenti, evitando perdite di tempo e sprechi di risorse. Infatti, grazie ai notevoli progressi ottenutisi in ambito tecnologico negli ultimi decenni, è possibile ad oggi usufruire, con costi contenuti, di pulsossimetri, spirometri ed ecografi portatili, facilmente utilizzabili al letto del paziente. Un’approfondita anamnesi, un corretto esame obiettivo ed un utilizzo appropriato di questi strumenti permettono nella maggior parte dei casi un rapido inquadramento del paziente, orientando il sospetto clinico per invio a tests di secondo livello, o addirittura, consentendo di identificare selezionate patologie respiratorie acute e croniche, senza ricorrere ad esami aggiuntivi.

Anamnesi ed esame obiettivo

Anamnesi ed esame obiettivo sono gli elementi cardine della valutazione iniziale di un soggetto con disturbi respiratori, in quanto, è proprio in queste fasi che si formulano le principali ipotesi diagnostiche, sulla base delle quali sarà orientato il successivo iter del paziente.

La raccolta anamnestica è volta ad indagare la storia familiare, le abitudini di vita attuali e pregresse, le principali patologie acute o croniche intercorse dalla nascita, ed, ovviamente, il quadro clinico attuale che ha condotto il paziente alla nostra osservazione.

L’anamnesi familiare è incentrata sullo stato di salute ed eventuale causa di decesso dei parenti di primo grado e dei collaterali del paziente, al fine di identificare fattori di rischio genetici e predisposizione familiare, di particolare rilievo per l’asma bronchiale atopico e le pneumopatie infiltrative diffuse.

Poiché la maggior parte delle patologie rappresenta l’esito dell’interazione tra genetica e ambiente, altrettanto importante è indagare, nel contesto dell’anamnesi fisiologica, lo stile di vita del paziente: le abitudini alimentari, abitudini voluttuarie (uso/abuso di alcool, tabacco, sostanze stupefacenti), sedentarietà e relazioni sociali. Per esempio, in presenza di un paziente con attuale o pregressa abitudine tabagica, le nostre principali diagnosi differenziali includeranno patologie fumo-correlate, come la BPCO, e determinate pneumopatie infiltrative diffuse (istiocitosi X, bronchiolite respiratoria associata a pneumopatia infiltrativa diffusa – RB-ILD, o polmonite desquamativa -DIP, fibrosi polmonare idiopatica-IPF). Inoltre, ovviamente anche la probabilità di sviluppare una neoplasia polmonare è decisamente incrementata nei soggetti fumatori o ex-fumatori, soprattutto dopo i 60 anni.

La raccolta di informazioni relative all’attività lavorativa, pregressa ed attuale, o ad attività amatoriali nel tempo libero, è particolarmente importante in ambito di malattie polmonari, perché l’ esposizione ripetuta ad agenti fisici, chimici o biologici può essere responsabile di malattie come asbestosi e mesotelioma (dovuti ad esposizione ad amianto, soprattutto se riconducibile a decine di anni prima), asma bronchiale professionale (solitamente dovuta ad esposizione ad antigeni chimici inorganici), e la polmonite da ipersensibilità in tutte le sue espressioni (dovuta ad esposizione ad antigeni organici).

Anche l’assunzione di farmaci potenzialmente pneumotossici deve essere attentamente indagata, ma, poiché un supposto danno polmonare iatrogeno è descritto pressoché per quasi tutte le molecole in commercio, è necessario escludere altre cause più probabili e comunque cercare, per quanto possibile, di accertare il nesso di causalità.

Altro aspetto da approfondire attentamente è la presenza di comorbidità, in particolare di quelle patologie che possono configurarsi come cause o concause di sintomi tipicamente riferiti in questo contesto, ovvero tosse e dispnea. Per esempio il reflusso gastro esofageo può essere, di per sé, causa di tosse cronica, soprattutto se questa intercorre in fase post prandiale, come anche rappresentare un trigger per l’esacerbazione di un asma bronchiale sottostante. Le patologie cardiovascolari, in particolare lo scompenso cardiaco, sono spesso causa di dispnea, come conseguenza dell’accumulo di liquidi a livello polmonare, e pertanto è necessario ricercare elementi che orientino in tal senso o meno.

Indispensabile anche indagare eventuali precedenti traumi ed esiti di interventi chirurgici a cui il paziente è stato sottoposto.

In sintesi, una prima parte dell’anamnesi è volta ad identificare i fattori di rischio per l’insorgenza di una determinata patologia, orientandone la probabilità pre-test, ed una seconda parte si prefigge di raccogliere gli elementi clinici del quadro attuale, essenziali per formulare le principali ipotesi diagnostiche. E’ necessario investigare la modalità di insorgenza dei sintomi (acuti, subacuti, cronici), l’eventuale condizione scatenante, le caratteristiche, l’andamento nel tempo e la sua eventuale correlazione con fattori ambientali.

Anamnesi ed esame fisico sono due processi complementari tra loro, in quanto, già osservando il paziente durante il colloquio iniziale, è possibile rilevare elementi utili ad orientare il sospetto clinico. Infatti, la semplice osservazione del paziente può fornire essenziali informazioni su alterazioni acute o croniche dell’apparato respiratorio, osservando decubito, ritmo e tipo di respiro, cute e mucose.

La presenza di un decubito obbligato semi ortopnoico, che garantisce escursioni più ampie del diaframma ed una maggior efficacia dei muscoli respiratori accessori, è suggestivo di una severa crisi dispnoica, mentre il decubito laterale, in cui il paziente giace sul lato del torace compromesso al fine di aumentare la ventilazione controlateralmente, è indicativo di un versamento pleurico non trascurabile.

Tra le alterazioni anatomiche, è possibile obiettivare il torace a botte, dovuto ad aumento del diametro antero-posteriore del torace per orizzontalizzazione delle coste, che è caratteristico di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) con prevalente componente enfisematosa, patologia caratterizzata da ostruzione bronchiale ed iperinflazione, che spesso determinano anche un prolungamento della fase espiratoria; al contrario, nelle patologie che condizionano prevalentemente una minor efficacia degli scambi gassosi, quali fibrosi polmonare o l’atelettasia, il paziente avrà più frequentemente un respiro rapido e superficiale.

A riposo, in condizioni di normalità, un soggetto esegue circa 14-18 atti respiratori/minuto ed il ritmo della respirazione è solitamente regolare. In condizioni patologiche, è possibile osservare tachipnea, ovvero respiri frequenti (più di 18 al minuto) e superficiali, polipnea, ovvero respiri frequenti (più di 18 al minuto) con normale profondità, o bradipnea con una frequenza < 7-8 atti al minuto.

Anche il colore di cute e mucose va attentamente valutato, in particolare di labbra e letto ungueale: il pallore può indicare la presenza di anemia, mentre la cianosi, tipica colorazione bluastra di cute e mucose compare quando nella microcircolazione arteriosa è presente una quantità di emoglobina ridotta superiore a 5 g/dl di sangue, ovvero quando almeno un terzo della quantità totale di emoglobina normale (15-16 g/dl) non è ossigenata. Può essere centrale, nel caso in cui non ci sia una adeguata ossigenazione a livello polmonare o sia presente uno shunt cardiaco destro-sinistro, o periferica, nel caso in cui si verifichi un rallentamento del flusso sanguigno con aumento della estrazione di ossigeno dai tessuti, come può avvenire nello scompenso cardiaco o per ostacolo locale alla circolazione venosa, ad esempio in caso di trombosi.

Un altro utile indizio è la presenza di ippocratismo digitale (clubbing), suggestivo di determinate patologie polmonari ed extrapolmonari (BPCO, fibrosi polmonare idiopatica, bronchiectasie, cifoscoliosi, TBC, neoplasie, cardiopatie congenite).

Non bisogna mai dimenticare, inoltre, di andare a ricercare la presenza di edemi generalizzati o declivi o a mantellina (sindrome della vena cava superiore).

Una volta effettuata un’accurata ispezione, sarà il momento di dedicarsi alla palpazione, andando a ricercare la presenza di possibili adenomegalie a livello delle stazioni linfonodali cervicali, sovraclaveari ed ascellari o la presenza di enfisema sottocutaneo. Inoltre, è importante valutare la simmetria dell’espansione toracica durante gli atti respiratori. Una ridotta espansibilità può essere dovuta a problematiche ventilatorie e muscolari, ad un torace iperdisteso (ad esempio nell’enfisema), alla presenza di obesità; la presenza di asimmetria nell’espansibilità è invece tipica della presenza di versamento pleurico.

Percussione e auscultazione sono due momenti fondamentali dell’esame obiettivo del torace. Si tratta di due fasi distinte ma, al tempo stesso, strettamente connesse l’una all’altra, in quanto riescono a dare informazioni complementari all’esaminatore fornendo un prezioso aiuto nel processo diagnostico.

Primo passaggio della percussione è solitamente quello di esplorare limiti e mobilità del diaframma, valutando la presenza del suono chiaro polmonare percuotendo ogni lato del torace lungo la linea verticale angolo-scapolare e progredendo verso il basso fino a percepire un’ottusità completa. L’esaminatore andrà a verificare la ricomparsa del suono chiaro polmonare durante un’inspirazione profonda, ricordando che una normale escursione è solitamente di 3-5 cm. La mobilità può essere ridotta in corso di enfisema polmonare, asma bronchiale oppure in caso di disfunzione meccanica ventilatoria (ad esempio in caso di alterazioni a carico del nervo frenico, dolore o in gravidanza), o risultare completamente abolita in caso di pleurite con eventuale versamento pleurico annesso o di atelettasie estese ai lobi inferiori. Il suono viene valutato in base all’intensità sonora: è ipofonetico o ottuso quando a livello parenchimale aumenta la componente solida a scapito di quella gassosa (broncopolmonite, neoplasia, versamento pleurico, atelettasia); al contrario, il suono plessico risulterà iperfonetico o timpanico in tutte quelle condizioni di aumentata componente aerea polmonare (ad esempio nell’enfisema polmonare o nel pneumotorace, ma anche nei soggetti molto magri).

L’auscultazione è la fase più importante ed informativa dell’esame obiettivo. In condizioni di normalità, il reperto auscultabile è il murmure vescicolare; esso è legato alle vibrazioni create dal moto turbolento dell’aria che passa dai bronchioli agli alveoli, maggiormente apprezzabile in fase inspiratoria. In condizioni patologiche, al contrario, sarà possibile apprezzare rumori respiratori aggiunti che possono sovrapporsi o sostituire il normale murmure vescicolare. Essi comprendono i rumori secchi, quali i ronchi, prevalentemente auscultabili in fase espiratoria, evocabili anche tramite manovre forzate e generati dal passaggio dell’aria attraverso lumi bronchiali stenosati (presenza di secreti densi, turgore della mucosa bronchiale, spasmo o compressione dall’esterno). Tra questi, il sibilo è un rumore di tonalità particolarmente elevata, che suggerisce un marcato restringimento delle vie aeree, tipico della crisi asmatica.

I rumori umidi sono invece prodotti dal passaggio dell’aria attraverso una componente fluida (secrezioni bronchiali mucose), caratteristicamente modificabili con i colpi di tosse. Esistono poi i crepitii o rantoli crepitanti, tipicamente teleinspiratori e non modificabili dai colpi di tosse, causati dall’insufflazione di acini atelettasici o dall’apertura di bronchioli collassati; il reperto di crepitii bibasali “velcro-like” associati a dispnea da sforzo e tosse secca e stizzosa, in un paziente con ippocratismo digitale è suggestivo di fibrosi polmonare. Un altro reperto caratteristico è quello degli sfregamenti pleurici, apprezzabili sia in fase inspiratoria che espiratoria, tipicamente non modificabili dai colpi di tosse e causati dallo scorrimento dei foglietti pleurici quando vi si deposita la fibrina in corso di pleuriti infettive, neoplastiche o traumatiche.

Laddove i suoni respiratori, ed in particolare il murmure vescicolare, invece, appaiano ridotti, ciò può essere ascrivibile ad un minor quantità di aria mobilizzata, come accade nella severa crisi asmatica che può condurre fino al cosiddetto torace silente. Inoltre, i reperti auscultatori possono risultare attenuati anche in presenza di versamento pleurico, pneumotorace e di lesioni endobronchiali ostruttive. Ciò che orienterà l’inquadramento diagnostico in tale situazione sarà la percussione, a seconda che venga riscontrato rispettivamente un suono ipofonetico (versamento pleurico) o iperfonetico.

Pulsiossimetria ed emogasanalisi

Nella valigetta del medico è indispensabile che sia presente un pulsiossimetro per la valutazione della saturazione periferica di ossigeno (SpO2), che è uno dei cinque parametri vitali e, perciò, anche in virtù del suo basso costo, questa deve essere rilevata in prima istanza nel paziente con sospetta patologia respiratoria.

I saturimetri in commercio hanno un’accuratezza di misurazione di ±2% rispetto al valore di saturazione arteriosa di O2 misurata all’emogasanalisi arteriosa (SaO2), nel range compreso tra il 70 ed il 100%.

La saturimetria ha il principale vantaggio di rappresentare una metodica non invasiva di misurazione dei livelli arteriosi di ossigeno, perché sfrutta una tecnica spettrofotometrica: la saturazione è infatti calcolata leggendo la diversa assorbanza dell’emoglobina deossigenata o ridotta rispetto all’emoglobina ossigenata.

Altri vantaggi della metodica sono rappresentati dalla rapidità e la semplicità di esecuzione (anche il paziente stesso può monitorare la sua saturazione di ossigeno!!!), nonché la conseguente ripetibilità.

Esistono tuttavia alcuni svantaggi qui di seguito elencati:

  • La metodica non consente la misurazione dell’anidride carbonica: nei casi in cui il paziente lamenti cefalea o si presenti confuso, sonnolento, dispnoico anche in assenza di cianosi o alterazioni saturimetriche, diventa mandatorio ricorrere al prelievo arterioso per escludere l’ipercapnia. Tale attenzione va applicata in particolar modo a soggetti affetti da BPCO in ossigenoterapia continuativa domiciliare, per il rischio di carbonarcosi da riduzione del drive respiratorio dovuta al mantenimento di eccessivi flussi di ossigeno;
  • Non è possibile misurare l’iperossia dovuta al sovradosaggio dell’ossigenoterapia (il paziente avrà sempre e comunque una saturazione del 100%!): anche in questo caso l’unica metodica utile per dirimere la questione resta a tutt’oggi l’emogasanalisi;
  • Esistono alcune condizioni che ostacolano la misurazione: in particolare, la presenza di smalto per unghie, i tremori o il movimento dovuto alla scarsa collaborazione del paziente e i disturbi del microcircolo possono rendere la metodica non accurata;
  • Valori falsamente superiori possono essere riscontrati in caso si abbiano alti livelli di emoglobina legata al monossido di carbonio (carbossiemoglobina), che ha lo stesso spettro di assorbanza dell’emoglobina ossigenata: in questa circostanza non si pensi solo alle intossicazioni, ma anche al paziente bronchitico cronico fumatore attivo!

Quando la misurazione periferica a livello delle dita delle mani non riesce, si può tentare comunque di posizionare il saturimetro a livello del padiglione auricolare, tecnica molto efficace soprattutto in età pediatrica.
Quali valori considerare normali e quando preoccuparsi?
Generalmente viene considerata normale una pulsiossimetria superiore al 95% a riposo; occorre tuttavia considerare che in un soggetto giovane e sano andrebbe rilevato come patologico un valore di saturazione inferiore al 97%. D’altra parte, in un paziente con BPCO e ipercapnia cronica in ossigenoterapia vanno considerati auspicabili valori di SpO2 compresi tra 88 e 92%, onde evitare la carbonarcosi da iperossia con riduzione del drive respiratorio.

Parametro Valori di riferimento Diminuzione Aumento
pH 7,38-7,42 acidosi alcalosi
PaO2 80-100 mmHg ipossiemia iperossiemia
PaCO2 35-45 mmHg ipocapnia ipercapnia
SaO2 93-97%
HCO3- 25 mEq/L
Eccesso di basi da −2 a +2 mmol/L

Tabella 1 – Emogasanalisi arteriosa. Valori normali e patologici

 

In presenza di alterati valori della saturimetria (SpO2 <92%), è l’emogasanalisi arteriosa (EGA), che consiste nel prelievo di circa 2 mL di sangue arterioso, l’esame che ci consente di quantificare non solo con precisione la SaO2, ma fornisce anche numerose altre informazioni, indispensabili per rilevare la presenza di insufficienza respiratoria parziale o globale, e acidosi o alcalosi respiratorie e metaboliche, ovvero di condizioni potenzialmente rischiose per la vita del paziente. Essa consente infatti la misurazione diretta dei gas disciolti e dell’equilibrio acido-base, il dosaggio degli elettroliti, nonché l’identificazione dell’eventuale presenza e la quantificazione di emoglobine patologiche. L’EGA, può essere eseguita anche in presenza di una normale saturimetria per valutare possibili alterazioni della capnia e dell’equilibrio acido-base, o nel sospetto di emoglobine patologiche circolanti.

Occorre tuttavia precisare che, seppur almeno teoricamente fattibile al domicilio del paziente, spesso il prelievo arterioso per emogasanalisi viene effettuato in centri dedicati, poiché, una volta prelevato il campione, si deve poter effettuare l’analisi immediatamente o comunque entro 30 minuti: infatti, nel caso di prolungata conservazione, il metabolismo cellulare prosegue, alterando i parametri emogasometrici misurati, con particolare riferimento a pH, lattati e glicemia.

In tali casi si rende perciò necessaria la conservazione del campione in sacche per campioni biologici con acqua e ghiaccio e il trasporto dello stesso al punto d’analisi nel più breve tempo possibile, facendo attenzione a non agitare la siringa, onde evitare processi di emolisi.

Queste procedure rendono quindi il prelievo arterioso particolarmente indaginoso e, di conseguenza, la siringa da emogasanalisi raramente fa parte del contenuto della valigetta del medico. Tuttavia, la conoscenza delle condizioni per le quali è indicato richiedere approfondimento con emogasanalisi e la corretta interpretazione dell’esito di tale indagine, vanno comunque considerate parte integrante del bagaglio culturale che ogni medico non può non possedere nell’approccio al paziente respiratorio.

Le principali alterazioni dell’emogasanalisi nel paziente respiratorio comprendono l’insufficienza respiratoria parziale, definita come la riduzione della PaO2 sotto 70mmHg (in presenza di normali valori di PaCO2), l’insufficienza respiratoria globale, in cui a valori di PaO2 < 70 mmHg si associa ipercapnia, ovvero una PaCO2 > 45 mmHg, che può condurre ad acidosi respiratoria, se si verifica una riduzione del pH sotto a 7.35. Infine, ulteriore anomalia di frequente riscontro nella pratica clinica è l’alcalosi respiratoria, in cui si ha l’aumento del pH oltre 7.45 per riduzione della PaCO2 sotto 35mmHg.

In presenza di ipercapnia le cause più frequenti sono la BPCO, la sindrome delle apnee ostruttive del sonno, le ipoventilazioni centrali (es. farmaci!!!), i disturbi della gabbia toracica. Nell’evenienza di un riscontro di ipossiemia e ipocapnia, occorre sempre pensare, tra le varie cause, all’embolia polmonare, sebbene possa verificarsi una riduzione dei livelli di anidride carbonica anche nello scompenso cardiaco o, in generale, in ogni caso di iperventilazione, inclusa quella psicogena. Ovviamente, anche il prelievo arterioso stesso, specie se particolarmente indaginoso, essendo causa di dolore, può essere causa di iperventilazione e quindi di ipocapnia.

Alcune accortezze:

  • Se l’ipossiemia non si corregge con l’ossigeno, pensare a un problema vascolare, primo fra tutti l’embolia polmonare;
  • L’ossiemia va rapportata anche all’età: più il paziente è giovane più i valori di normalità sono alti;
  • Un incremento della carbossiemoglobina sopra il 3% può essere un indicatore di fumo attivo;
  • Le alterazioni del pH, anche di un centesimo di punto, vanno sempre considerate rilevanti, perché riflettono una grande variazione dell’equilibrio acido-base.
  • Emogasanalisi arterioso: valori normali e patologici

Nel prossimo numero Spirometria semplice e globale e metodi di valutazione. Ecografia toracica

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