Trattamento chirurgico dell’atresia esofagea. Esperienza maturata in 10 anni di attività

Maria Vittoria De Angelis
Relatore Prof. Giovanni Cobellis, primo Correlatore Dott.ssa Alba Crucetti
Dipartimento di Scienze cliniche specialistiche ed Odontostomatologiche, Sezione Chirurgia pediatrica
Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Politecnica delle Marche

L’atresia esofagea (AE) è una delle più comuni malformazioni congenite dell’apparato digerente, con un’incidenza di 1 caso su 3500-4000 nati e comprende un gruppo di anomalie caratterizzate dall’interruzione della continuità esofagea associate o meno alla persistente comunicazione con la trachea tramite una fistola. Questa patologia può essere diagnosticata in epoca prenatale oppure manifestarsi alla nascita con scialorrea (dovuta alla impossibilità della deglutizione della saliva), cianosi che si presenta durante il tentativo di alimentazione e distress respiratorio causato dall’inalazione e dal reflusso di succo gastrico nell’albero bronchiale tramite la fistola.

L’atresia esofagea viene classificata, in base alle varianti anatomiche, in cinque tipi. La forma più frequentemente riscontrata è l’AE tipo III, con fistola tracheoesofagea (FTE) distale (86% dei casi); segue l’AE isolata tipo I (7%), il tipo V con FTE isolata (4%), il tipo II con fistola tracheoesofagea prossimale (2%) e il tipo IV con doppia fistola tracheoesofagea (1%).

L’AE frequentemente si associa ad altre anomalie congenite (48%): cardiovascolari (35%), gastrointestinali (24%), genito-urinarie (20%), muscoloscheletriche (13%). Queste possono presentarsi isolate o come parte di quadri polimalformativi sindromici, come la sindrome VACTERL (V= vertebrale, A= anorettale, C= cardiaca, T= tracheale, E=esofagea, R=renale, L= limb ossia arti) (25%). Pertanto nel neonato affetto da AE è necessario effettuare alla nascita indagini finalizzate ad individuare le possibili malformazioni associate al fine di una corretta valutazione preoperatoria.

Il trattamento chirurgico dipende dal tipo anatomico: nell’AE di III tipo è prevista la chiusura della fistola tracheoesofagea e l’anastomosi primaria esofago-esofagea termino-terminale, quando la distanza tra i due monconi lo permette. Nei casi in cui la distanza dei monconi esofagei sia superiore a 3 cm (forme long gap) o le condizioni del paziente non lo consentano (prematurità, cardiopatie, distress respiratorio) viene legata e sezionata la FTE e confezionata una gastrostomia temporanea, per poi effettuare l’intervento definitivo in modo differito. L’intervento può essere effettuato per via toracotomica o in toracoscopia.

La sopravvivenza dei pazienti affetti da AE è cambiata drasticamente grazie ai progressi della chirurgia e della terapia intensiva, permettendo un alto tasso di sopravvivenza anche nel neonato sottopeso e con gravi malformazioni cardiache. Infatti, sebbene inizialmente la sopravvivenza variava tra il 95% nei neonati in buono stato di salute e il 6% nei prematuri con cardiopatia, oggi si attesta attorno al 100% nel neonato con peso alla nascita >1500g e senza cardiopatie maggiori, si riduce all’84% se sono presenti cardiopatia o basso peso e raggiunge il 43% nel caso in cui il bambino nasca sia cardiopatico che di basso peso.

Obiettivo della tesi è stato quello di riportare l’esperienza del Presidio Ospedaliero G. Salesi di Ancona nel trattamento dei soggetti affetti da atresia esofagea afferiti al centro tra il 2007 e il 2017, valutando morbilità, mortalità e risultati nell’arco dei 10 anni in esame anche grazie alla somministrazione di questionari sulla qualità di vita a lungo termine e ponendo particolare attenzione all’impatto della tecnica chirurgica utilizzata, toracotomica o toracoscopica.

I dati sui 60 pazienti giunti nel nostro centro nel decennio preso in esame sono stati confrontati pertanto con la letteratura, riscontrando una piena corrispondenza di incidenza per tipologia di AE e sopravvivenza, correlata al peso alla nascita e alle cardiopatie coesistenti. È stata evidenziata nei pazienti in studio una maggior presenza di anomalie associate, soprattutto cardiovascolari, con un importante riscontro di arteria ombelicale unica, dato ancora in studio ma dal possibile utilizzo nella diagnosi prenatale. Sono stati inoltre rilevati buoni dati per quanto riguarda la diagnosi prenatale, in aumento nel nostro centro, e le complicanze, inferiori alla media.

Tabella riassuntiva delle caratteristiche dei Pazienti

I risultati del trattamento toracoscopico, intrapreso dal 2016, sono stati favorevoli dimostrando la fattibilità e l’efficacia di tale approccio per gli indubbi benefici sia nella tecnica chirurgica sia nell’outcome del paziente, con riduzione del dolore postoperatorio e degli esiti a lungo termine caratteristici della toracotomia (scoliosi, sinostosi costale, scapola alata).

Figura 1 Momenti chirurgici toracotomici: A. Esposizione della FTE per legatura; B. mobilizazione del moncone prossimale; C. anastomosi completata
Steven Rothenberg: “Thoracoscopic repair of esophageal atresia and tracheo-esophageal fistula in neonates: the current state of the art” Pediatr Surg Int (2014) 30:979–985

La valutazione dei pazienti nel lungo termine ha evidenziato come alcune complicanze tendono a ridursi anche spontaneamente nel tempo mentre altre, come la disfagia, permangono anche in età adolescenziale, dimostrando come sia necessaria la messa in atto e la prosecuzione negli anni di un follow up multidisciplinare in cui collaborino chirurgo neonatale, pneumologo, neurologo e pediatra.

 

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