Il caring, le teorie del nursing e le buone pratiche

Le teorie del nursing centrate sulla cura parte seconda e le migliori pratiche sanitarie

Maurizio Mercuri
Corso di Laurea in Infermieristica, Polo didattico di Ancona

Prosegue lo studio del Caring e dell’approfondimento dell’idea di Infermiere secondo alcune teoriche del Nursing. In questo articolo si riassumono ulteriori e recenti posizioni. Dalle teorie del Nursing si può accedere alla migliore diagnostica assistenziale e alla scelta consapevole di migliori pratiche.

Ernestine Wiedenbach (1900-1998) definisce il Nursing come un servizio di aiuto reso con abilità, gentilezza, compassione e saggezza, che può essere acquisita attraverso esperienze dense di significato. La sensibilità porta l’infermiere alla consapevolezza e alla percezione di fattori impercettibili che possono però significare un problema potenziale o reale. Caratteristiche professionali dell’infermiere sono chiarezza dello scopo; maestria, cioè abilità e conoscenza necessarie per raggiungere lo scopo; capacità di stabilire e mantenere relazioni di lavoro con gli altri; interesse per il progresso della propria disciplina; dedizione al bene dell’umanità.[1] La teoria della Wiedenbach ha il merito di essere prescrittiva. Nella infermieristica vengono identificate: la finalità centrale, l’essenza di una determinata disciplina (ciò che l’infermiera desidera raggiungere per mezzo delle sue azioni, è lo scopo generale verso il quale essa tende con costanza: rappresenta la sua ragione di essere e di agire); la prescrizione che serve per realizzare la finalità o scopo centrale; si tratta in pratica, di un piano di assistenza; la realtà della situazione contingente che influenza il compimento dello scopo centrale e dipende da cinque fattori: l’agente; il fruitore; lo scopo, cioè il risultato atteso dall’infermiera, i mezzi, vale a dire le abilità, le procedure, le tecniche e le attrezzature che l’infermiera usa per raggiungere lo scopo; la struttura, che costituisce il setting dell’attività infermieristica, che ne condizionano lo svolgimento. Il concetto di aiuto infermieristico sfrutta tre principi: il principio dell’incoerenza/coerenza, tramite il quale l’infermiera identifica nel paziente comportamenti non attesi, che la orientano a individuare le aree in cui la persona abbisogna di aiuto; il principio dell’utile perseveranza, ovvero l’infermiera deve sforzarsi di aiutare la persona bisognosa di assistenza nonostante le difficoltà che incontra; il principio dell’autoestensione, tramite il quale l’infermiera identifica e accetta i limiti personali e della situazione contingente. Per superarli può chiedere aiuto agli altri.


Myra Estrin Levine
(1920-1999), ha approfondito essenzialmente argomenti di psicosomatica, reazione organica agli stressor ambientali e alla modellistica di Bates sull’ambiente esterno (percettivo, operativo e concettuale).[2]


Martha Elizabeth Rogers
ha elaborato seguendo gli studi di fisica e di teoria dei sistemi un modello di difficile applicazione che ha posto le basi di concetti che saranno poi ripresi del Nursing moderno: campi di energia, uomo come sistema aperto, pattern (modello) e pluridimensionalità.[3]


Callista Roy
(1939) prende spunto dalla teoria dei sistemi di Von Bertalanffy (1968) e dalla teoria dell’adattamento di Henson (1964). Lo scopo del Nursing è il sostegno alla persona nel potenziare la risposta di adattamento in relazione alle quattro modalità di adattamento fisiologica, di ruolo, riguardo al concetto di sé, nella interdipendenza. Il livello di adattamento della persona è determinato da stimoli: focali (impatto per produrre il cambiamento); contestuali (capaci di influenzare la situazione e che sono osservabili, misurabili o riportati soggettivamente); residuali (costituiscono le caratteristiche della persona, presenti nella situazione e significativi, ma che sfuggono alla valutazione obiettiva). Suor Callista Roy fu la prima a parlare del processo infermieristico in termini di accertamento, diagnosi, determinazione degli scopi, pianificazione e valutazione dei risultati.[4]


Betty Newman
(1924) afferma che il “cliente” è costituito da cinque tipi di variabili: fisiologiche, psicologiche, evolutive, socioculturali, spirituali. Nei tre tipi di ambiente (interno, esterno e creato) l’Infermieristica ha il compito di ridurre gli agenti stressanti intra, inter ed extrapersonali, trattenendo, ottenendo o mantenendo l’energia di sistema nelle forme della prevenzione primaria, secondaria e terziaria colla finalità del benessere ottimale dell’assistito e della stabilità di sistema.[5]


Jean Watson
(1940), prendendo spunto da autorevoli rappresentanti della Psicologia della terza via e dell’Esistenzialismo, ha approfondito i dieci Processi Caritas che identificano l’Infermieristica: far riferimento a un sistema di valori umanistico-altruista; trasmettere fiducia e speranza; coltivare la propria e l’altrui sensibilità; instaurare una relazione di fiducia e di aiuto; promuovere e accettare l’espressione di sentimenti positivi e negativi; basare il proprio processo decisionale sul problem solving; promuovere rapporti interpersonali improntati all’apprendimento/insegnamento; fornire un ambiente di sostegno mentale, fisico e spirituale che protegga e/o corregga; orientare l’assistenza al soddisfacimento dei bisogni umani; considerare le forze esistenziali-fenomenologiche.[6] Jean Watson ha approfondito gli elementi che caratterizzano l’identità e l’azione dell’infermiere: praticare la gentilezza amorevole e l’equanimità nell’ambito di un contesto di consapevolezza del caring; essere autenticamente presenti permettendo l’espressione e supportando il sistema di profondo credo di vita soggettivo di se stessi e di coloro di cui ci prendiamo cura; coltivare le proprie pratiche spirituali ed il sé transpersonale, superando il limite del proprio ego, sviluppare e sostenere, in uno scambio d’aiuto e fiducia, una vera e propria relazione di caring; essere presente e sostenere l’espressione dei sentimenti positivi e negativi come in una connessione con lo spirito più profondo di se stessi e di coloro di cui ci prendiamo cura; impiegare in modo creativo se stessi e tutte le proprie conoscenze, quali parti integranti del processo di caring, impegnandosi nell’arte della pratica del caring verso la guarigione; impegnarsi in vere esperienze d’insegnamento / apprendimento che aspirano al raggiungimento dell’interezza, cercando di rimanere nell’ambito della sfera di riferimento dell’altro; creare un ambiente di guarigione a tutti i livelli, laddove l’interezza, la bellezza, il benessere, la dignità e la pace siano potenziati; prestare assistenza, con riverenza e rispettosamente, ai bisogni essenziali con una  consapevolezza di caring intenzionale, amministrando “l’essenziale dello human care” che potenzia l’allineamento di mente – corpo – spirito, l’interezza in tutti gli aspetti di cura; essere aperti e prestare attenzione alle dimensioni misteriose e sconosciute della vita, sofferenza e morte del singolo, alla cura dell’anima per se stessi e per coloro di cui ci si prende cura, “consentire ed essere aperti ai  miracoli”.

Rosemarie Rizzo Parse (1938) con la teoria dell’uomo in divenire e gli studi sulla speranza nella cura[7] e Madelein Leininger (1925-2012) con i suoi studi antropologici ed il modello del sole nascente[8] hanno fornito originalissimi contributi all’approccio culturale dell’Infermieristica.

 

Marisa Cantarelli (1930) ha teorizzato il modello delle prestazioni infermieristiche: bisogno di respirare; bisogno di alimentarsi e idratarsi; bisogno di eliminazione urinaria e intestinale; bisogno di igiene; bisogno di movimento; bisogno di riposo e sonno; bisogno di mantenere la funzione cardiocircolatorie; bisogno di un ambiente sicuro; bisogno di interazione nella comunicazione; bisogno di procedure terapeutiche; bisogno di procedure diagnostiche.[9] A questa maestra italiana un grande elogio per l’impegno teorico svolto.

Più conosciuti perché più in uso attualmente i modelli funzionali della salute di Marjory Gordon (1911-2015), che con gli strumenti di classificazione NANDA (Associazione infermieristica del Nord America), NIC (Interventi) e NOC (Outcome), costituisce ora il cardine teorico e procedurale di più ampio raggio, stabilendo oltre alla correttezza metodologica del ragionamento diagnostico infermieristico anche la tempistica prestazionale.

La Gordon ritiene che tutti gli esseri umani hanno in comune modelli funzionali che concorrono alla loro salute, alla qualità della loro vita e alla realizzazione del potenziale umano. I modelli indicano una serie di comportamenti che si ripetono nel tempo. Consapevoli e volontari o meno, tali comportamenti riguardano l’alimentazione, il riposo, l’eliminazione, l’attività cognitiva, l’autostima e molti altri aspetti della vita umana. Un “modello” come tale non è immediatamente percepibile, ma si può indagare su di esso fino ad arrivare a una visione complessiva dei comportamenti che la persona mette in atto, proprio relazionandosi con l’assistito o con il caregiver.

I modelli funzionali identificati permettono la raccolta delle informazioni (accertamento infermieristico) attraverso le quali gli infermieri indagano sui modelli comportamentali che contribuiscono (punti di forza del cliente) a determinare lo stato di salute, la qualità della vita e la realizzazione del potenziale umano per poterne valutare l’appropriatezza o l’inadeguatezza.

L’assistenza infermieristica ha luogo là dove emerge una disfunzione nel modello di riferimento (diagnosi infermieristica). La Gordon prevedeva 11 modelli funzionali: percezione e gestione della salute, nutrizione e metabolismo, eliminazione, attività ed esercizio fisico, riposo e sonno, cognitivo-percettivo, percezione e concetto di sé, ruolo e relazione, sessualità e riproduzione, coping e tolleranza allo stress, valori e convinzioni.

Dall’evoluzione degli approfondimenti di Gordon sono scaturiti il modello bifocale di Lynda Juall Carpenito (1897-1996), con l’individuazione delle diagnosi espressamente infermieristiche e di quelle dei problemi collaborativi con altri professionisti, che per gli infermieri risultano essere potenziali complicanze per l’assistito), e l’approfondimento di tutta la Diagnostica infermieristica da parte di gruppi di studio internazionali facenti capo a NANDA, un sistema tassonomico che permette la formulazione di 244 diagnosi suddivise in 13 domini e 47 classi (Diagnostica 2018-2020).[10] I 13 domini sono una ulteriore specificazione degli 11 modelli funzionali della Gordon. Essi sono: promozione della salute, nutrizione e metabolismo, eliminazione e scambi, attività e riposo, percezione e cognizione, autopercezione, ruoli e relazioni, sessualità e riproduzione, coping e tolleranza allo stress, principi di vita, sicurezza e protezione, benessere, crescita e sviluppo. Per il nostro tema della cura, non solo del corpo, pensiamo siano sufficienti pochi rimandi: Dominio 1, classe 1: consapevolezza della salute; Dominio 4, classe 5: cura di sé; Dominio 5, classe 5: comunicazione; Dominio 6, classe 1: concetto di sé; Dominio 6, classe 2: autostima; Dominio 7, Classe 1: ruoli del caregiver; Dominio 7, Classe 2: relazioni familiari; Dominio 7, Classe 3: prestazioni di ruolo; Dominio 9, classe 2: risposte di coping (comprensive di afflizione, ansia, paura, resilienza); Dominio 10, classe 1: valori, Dominio 10, classe 2: convinzioni (benessere spirituale); Dominio 10, classe 3: congruenza tra valori, convinzioni e azioni (processo decisionale, moralità, spiritualità) ; Dominio 12 Benessere, Dominio 13 Crescita e sviluppo.

Quando uno studente o un professionista sceglie di spendere le singole preziose vite ad assistere altre persone, dovrebbe avere sempre la consapevolezza di farlo bene. Il prepararsi a farlo bene dovrebbe essere sollecitudine e principale occupazione, un lavoro individuale costante che offre enorme soddisfazione. Questo porterà a curare la personale percezione morale; a sostenersi e supportarsi nelle incertezze personali e relazionali; a stimolare curiosità e ricerca; a cercare elementi di crescita intellettuale e culturale; a perfezionale la riflessione e spirito critico; a riflettere sulle migliori scelte tra quelle possibili.

Per quel che concerne le buone pratiche, i professionisti infermieri e non solo dovrebbero cercarle ed alimentarle traendo la motivazione costante dalla riconferma di una identità consapevole costantemente ricercata, riconfermata e riconosciuta. Esse constano nell’esercizio quotidiano teso al miglioramento delle prestazioni secondo l’appropriatezza e nel rispetto di valori, tra i quali c’è l’oculato risparmio. Non si possono esercitare buone pratiche se si prescinde dai seguenti quadri di riferimento:

  • avere ed alimentare un quadro di valori e motivazioni;
  • costruire le migliori relazioni interpersonali e interprofessionali;
  • usare un modello di riferimento teorico per individuare, interpretare e catalogare i fenomeni;
  • analizzare criticamente i fenomeni;
  • usare strumenti di misura e confronto (dai PICOM della ricerca ai benchmarking nella qualità delle organizzazioni e prestazioni);
  • applicare sempre le evidenze scientifiche, valutando caso per caso;
  • pianificare razionalmente le azioni giuste in base a risultati attendibili;
  • standardizzare, quantificare, rendere le azioni tracciabili dandole un valore.

Vorrei concludere presentando il decalogo per aspiranti scienziati del libro di Alberto Mantovani “Non aver paura di sognare”[11], per incoraggiare a nuotare controcorrente trasmettendo l’entusiasmo e la passione per la conoscenza. Mantovani è un oncologo ed immunologo di chiara fama. Attualmente è Professore Ordinario di Patologia Generale presso l’Humanitas University. Nel libro, parla di ottimi medici ricercatori, premi Nobel per la medicina, scopritori di meccanismi e funzioni dell’immensamente piccolo del corpo umano, intelligenti spole tra i bench e i bedside, tra i banchi dei laboratori e i letti dei pazienti. Lo prendo ad esempio per il rispetto che porto verso la conoscenza e verso la medicina. Lo prendo ad esempio perché tutti i professionisti della salute non possono discostarsi dai valori intrinseci della conoscenza e dell’assistenza.

Con Alberto Mantovani questo è l’augurio che faccio a tutti gli studenti che frequentano e frequenteranno le aule della nostra Facoltà:

  • Seguite le vostre passioni: realizzate pienamente le vostre vite, senza arrendervi mai;
  • Vivete in una dimensione internazionale e contribuite a costruire ponti di pace: siate cittadini del mondo ed abbiate rispetto per chiunque;
  • Siate umili: non vuol dire indecisi, ma in ascolto, attenti ai dettagli, semplici e disponibili agli altri;
  • Imparate dai pazienti: non sono le nostre cavie o vittime, sono i nostri maestri, abbiamo loro nelle nostre menti e nelle nostre mani, abbiatene cura;
  • Collaborate e siate pronti ad ascoltare gli altri: non lavorate mai da soli, quando lo fate prendetevi le vostre responsabilità;
  • Imparate dai tecnici, cioè da coloro che hanno sapere, conoscenze tecniche, metodo, strumenti adeguati: con le chiacchiere non si va lontano;
  • Accettate il giudizio degli altri e fatevi guidare dal vostro spirito critico: correggersi significa migliorarsi, non perdersi d’animo e d’impegno, senza scordarsi che quando occorre bisogna avere il coraggio di dire fermi no, motivandoli con giudizio;
  • Rispettate i dati: nel mondo della conoscenza e delle persone di spessore, chi altera la verità intenzionalmente non è perdonato;
  • Condividete a cambiare il Mondo: nel rispetto dei valori e della vita umana. Per non essere travolti occorre non cedere un millimetro sul rispetto dell’essere umano, anche quando non sembra averne più, per questo vi invito a non essere mai superficiali con gli altri: assistiti, parenti, colleghi o quanti contatterete per motivi professionali.

Auguro ai nostri studente ogni bene che si prospetti all’apertura al mondo della vita adulta e professionale, mentre sono nel fior della giovinezza. Soprattutto auguro loro di non aver paura.

Alfredo Reichlin, nel recente Riprendiamoci la vita. Lettera ai nipoti afferma: “vedo una frattura tra generazioni che forse non è stata mai così profonda”.[12] Questo lo credo anch’io, eppure sono sempre più convinto che nello studio, nella appassionata conoscenza e nel motivato e consapevole esercizio professionale si crea il più grande ponte tra le generazioni: la vita è breve, l’arte lunga. Non è un mistero quanto le popolazioni più avanzate e gli Stati a Prodotto Interno Lordo più alto (o altri indicatori di benessere più complessi con indici più elevati) abbiano a cuore la formazione delle giovani generazioni. Nel futuro “a fare la differenza ci sarà la diversa qualità delle persone, dei luoghi e delle istituzioni”. La stessa produzione e “accumulazione di ricchezza dipenderà sempre più dalla capacità di produrre valore sociale e di darci nuovi strumenti di partecipazione democratica”. Ecco le vostre conoscenze, che hanno avuto un costo, anche collettivo, sono risorse e creano salute e ricchezza. Vi auguro di non perdere mordente e di continuare a studiare, di esercitarvi nella ricerca, di aggiornarvi, di appassionarvi al lavoro e chissà, magari di insegnare.

Padre Enzo Bianchi, fondatore e priore della comunità monastica di Bose, guardando da distante il nostro tempo, riscontra in questo nuovo millennio tre dominanti:[13]

Prima: la presenza di un io narcisistico diffuso, fragile detentore di desideri che aspirano a diventare diritti. Forme di desiderio tra le più varie, che chiedono di iscriversi all’interno dei diritti di una comunità. Un io a volte astenico, privo di carattere, di volontà, di forza. Diventano improponibili parole come lotta, esercizio, disciplina dei desideri, delle azioni e delle parole possibili.

Seconda: una società senza orizzonte di convergenza. Una società individualistica che nega solidarietà e condivisione. Si pensa a progetti individuali. L’individuo deve sì rispettare le regole del gioco, ma per il suo proprio bene e tornaconto. E’ tollerato il danno inflitto alla collettività, in nome di una progettualità individualistica. Ci si dimentica del bene comune, purché porti beneficio o vantaggio al singolo. Prima delle crollo delle grandi ideologie, esisteva l’orientamento al sacrificarsi per il bene comune. La società non è più un orizzonte di convergenza, responsabilità, solidarietà.

Terza: la mancanza di un ethos, di una morale. La morale è costruita dal singolo, è prodotta dall’uomo e può essere dallo stesso contraddetta, al variare delle condizioni e degli interessi. L’esito di questo costruttivismo etico è una diffusa posizione nichilista, mortale per la conduzione della vita e per i valori dell’esistenza. Le conseguenze di questo relativismo etico sono la subordinazione della ragione alle altre pulsioni, l’incapacità di affrontare le aporie dottrinali e la mancanza di esercizio del pensiero, il senso diffuso di incertezza e di vuoto. Si fatica a pensare e discernere se qualche cosa è buono in sé ed anche per gli altri. Si fatica ad operare scelte nello spazio della giustizia. Perché porsi limiti e divieti, quando tutte le azioni sono possibili?

In un certo modo, chi sceglie di diventare infermiere e si è formato in una università pubblica, frequentando tirocini in dipartimenti del Servizio Sanitario Nazionale, è meno esposto a queste tre dominanti. Pur vivendo le fragilità del nostro tempo, proprio per i richiami stessi dell’essere infermiere, del duro esercizio professionale che costantemente ci mette a confronto con le scelte e col patire, colla dimensione multiprofessionale e collegiale, con la tutela delle risorse collettive per il mantenimento o il ripristino di un bene comune, la salute, siamo meno esposti ai pericoli della fragilità o astenia di carattere, del narcisismo, dell’individualismo e del relativismo etico. Sono convinto che non ci sia tra voi chi non desideri ardentemente, dopo questi anni, essere un Infermiere secondo un chiaro ideale di vita. Vorrei che continuiate a riflettere su questo, ad arrovellarvi su questioni di giustizia, a dare sempre il meglio con passione, nei settori della ricerca e scienza disciplinare, della conoscenza professionale, dell’erogazione dell’assistenza, nella trasmissione dei saperi e dei valori, nel miglioramento degli ambiti organizzativi e gestionali. Mai rinunciando all’onestà, in qualsiasi forma, che vi rende liberi, inattaccabili e mai mediocri

Finirei questo intervento con l’invito ai professionisti a non essere impazienti: forse, ha scritto Kafka nella Lettera al padre, c’è solo un peccato capitale: l’impazienza.

“E’ impaziente chi non aspetta che il ragionamento che l’altro sta provando ad articolare si chiude e frettolosamente completa per lui il pensiero che forse stava esprimendo. E’ impaziente chi di fronte ad un’immagine ricca di dettagli e colori si limita a un’impressione veloce, per passare ad un’immagine successiva. E’ impaziente colui che non si ferma ad aspettare chi ha un passo più lento del suo. E’ impaziente chi non ha il tempo per osservare il gesto sfrontato o umile del mendicante che intralcia il suo cammino protendendo una mano verso di lui. E’ impaziente chi corre a leggere la fine di un articolo, perché intanto ha già compreso dove vuole arrivare. E’ impaziente chi è semplicemente disattento”.[14]

 

 

Bibliografia

  1. Wiedenbach E, Family-Centered Maternity Nursing, J. P. Putnam’s Son, New York,1958; ID, Clinical Nursing – A Helping Art, Springer New York,1964.
  2. Levine M. E, Introduction to Clinical Nursing, 1969; ID, Renewal for Nursing, 1971, in J. B. George (Ed.), Nursing theories: The base for professional nursing practice, Englewood Cliffs NJ: Prentice Hall: 181-192.
  3. Rogers M. E, An Introduction to the Theoretical Basis of Nursing, F.A. Davis, Philadelphia 1970; ID, The Science of Unitary, Human Beings: A Paradigm for Nursing, In I. W. Clements & F. B. Roberts (Eds.), Family health: A theoretical approach to nursing care, Wiley, Toronto 1983: 219-228.
  4. Roy C. et Roberts S. L, Theory of Construction in Nursing: An Adaptation Model, Englewood Cliffs, NJ: Prentice Hall 1981.
  5. Neuman B, The Betty Neuman healthcare systems model: A total person approach to patient problems (1974), in Riehl J.P. et Roy C, Conceptual models for nursing. The Newnan systems model: Application to nursing education and practice. Appleton-Century-Crofts, Norwalk, CT 1989.
  6. Watson J, Nursing: The Philosophy and Science of Caring, University Press of Colorado, Denver 20082
  7. Rizzo Parse Rosemarie, Illuminations: The Human Becoming Theory in Practice and Research National League for Nursing Press , New York 1995.
  8. Leininger M, Transcultural Nursing: Concepts, Theories and Practices, John Wiley & Sons, New York 1978.
  9. Cantarelli M, Il modello delle prestazioni infermieristiche, Elsevier, Milano 20032.
  10. NANDA International, Diagnosi infermieristiche. Definizioni e classificazione 2018-2020, Casa Editrice Ambrosiana, Milano 20183.
  11. Mantovani A, Non avere paura di sognare. Decalogo per aspiranti scienziati, La nave di Teseo, Milano 2016.
  12. Reichlin A, Riprendiamoci la vita. Lettera ai nipoti, Editori Riuniti, Roma 2014.
  13. Bianchi E, Una lotta per la vita. Conoscere e combattere i peccati capitali, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo (Mi) 2011.
  14. Cimatti F, Il possibile e il reale. Il sacro dopo la morte di Dio, Codice, Torino 2009, p. VII.
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