Andrea Costantini, Luca Butini, Armando Gabrielli
Dipartimento di Scienze Cliniche e Molecolari, Sezione Clinica medica, Immunologia Clinica Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Politecnica delle Marche
Le malattie autoimmuni sistemiche costituiscono un gruppo di patologie caratterizzate da difetti nella regolazione del sistema immunitario e produzione di autoanticorpi; questi ultimi ne rappresentano l’alterazione immunologica più peculiare ed in generale più utile dal punto di vista clinico-diagnostico.
1. Sierologia immunologica
Introduzione
Gli autoanticorpi rappresentano importanti marcatori per la diagnosi delle malattie autoimmuni sistemiche, tanto da entrare a far parte dei criteri classificativi della maggior parte di esse; la loro comparsa precede in genere lo sviluppo delle manifestazioni cliniche. I progressi scientifici e tecnologici compiuti nel corso degli ultimi anni hanno consentito di espandere notevolmente il pannello di autoanticorpi che possono essere ricercati in routine, alcuni dei quali di rilevante utilità anche per predire il rischio di coinvolgimento di particolari organi/apparati, intercettare precocemente le riacutizzazioni di malattia e definire la prognosi.
Nel formulare la richiesta di indagini volte alla ricerca di autoanticorpi è importante tenere presente alcuni concetti generali:
– Nessuno possiede una sensibilità assoluta: può pertanto esservi malattia anche in assenza dell’autoanticorpo/i corrispondente/i.
– Nessuno possiede una specificità assoluta: la diagnosi di malattia autoimmune sistemica si basa sul soddisfacimento di una serie di criteri classificativi propri di ciascuna malattia e non può mai essere effettuata in presenza dei soli autoanticorpi.
– Il potere predittivo di un eventuale riscontro “occasionale” di uno o più autoanticorpi dipende dal tipo di autoanticorpo/i presenti.
– Vi può essere presenza di autoanticorpi in numerose condizioni morbose non prettamente autoimmuni, soprattutto quelle a carattere infettivo, infiammatorio, oncologico.
– La prevalenza della maggior parte degli autoanticorpi tende ad aumentare con l’età.
Da quanto sopra si può concludere che, allo stato attuale, la ricerca degli autoanticorpi risulta più efficace in presenza di elementi clinici che inducano al sospetto di una determinata malattia; il loro utilizzo a scopo di “screening” su una popolazione generale non è al momento indicato.
I ferri del mestiere
I principali autoanticorpi da ricercarsi nel sospetto di Artrite reumatoide (AR, tabella 1) sono rappresentati da fattore reumatoide ed anticorpi anti-peptide citrullinato (anti-citrullina, CCP).
Il fattore reumatoide (FR) è un anticorpo diretto contro la porzione Fc delle IgG. La sensibilità media di tale indagine per la diagnosi di AR è di circa il 70%, mentre la specificità si attesta attorno all’85%. Pur non essendoci evidenze certe di un suo ruolo patogenetico, i livelli di FR tendono a correlare in modo diretto con la severità della malattia, sia in termini di rischio di progressione che di presenza di manifestazioni extra-articolari.
Gli anticorpi anti-citrullina (anti-CCP) hanno come bersaglio proteine o peptidi che si accumulano nella sinovia articolare in seguito ad una eccesiva conversione di residui di arginina in citrullina. La loro sensibilità media nel sospetto di AR è sovrapponibile a quella del FR (67%), mentre la specificità è notevolmente superiore (95%). Gli anticorpi anti-CCP appaiono in circolazione prima dell’esordio clinico della AR e sono dunque marcatori utili non solo per una diagnosi precoce, ma anche per predire il rischio di sviluppo della malattia e di evoluzione in AR in pazienti con artrite indifferenziata; i livelli degli anticorpi anti-CCP correlano infine in modo diretto con la severità della malattia e con la risposta alla terapia.
Esame |
Sensibilità % |
Specificità % |
Ruolo |
Fattore reumatoide |
70 |
85 |
Diagnosi |
Anti-CCP |
67 |
95 |
Diagnosi/monitoraggio |
Tabella 1 – Principali autoanticorpi nella diagnosi di Artrite reumatoide
La determinazione degli anticorpi anti-nucleo (ANA) rappresenta uno dei punti cardine nella diagnostica di laboratorio della maggior parte delle Malattie autoimmuni sistemiche a carico del tessuto connettivo (connettiviti), principalmente rappresentate da Lupus eritematoso sistemico, Sclerosi sistemica, Sindrome di Sjӧgren, Miopatie infiammatorie idiopatiche, Connettiviti indifferenziate e Malattia mista del tessuto connettivo. La ricerca degli ANA si basa in prima battuta sull’impiego di test cosiddetti di “screening”, che hanno essenzialmente lo scopo di stabilirne la presenza o assenza. Tali test vanno ad indagare una batteria più o meno ampia di autoanticorpi, a seconda delle metodiche utilizzate, ma in genere non definiscono la presenza di singole specificità. L’American College of Rheumatology indica nell’immunofluorescenza indiretta (IFI) su cellule Hep-2 (o Hep-2000) la metodica di elezione per lo screening degli ANA.
In caso di positività andrebbero eseguite indagini di approfondimento volte alla definizione della/e specificità responsabili, possibilmente selezionate in base ad un preciso sospetto clinico, per massimizzarne la resa diagnostica. Quelle più note e maggiormente utilizzate nella pratica clinica sono le seguenti:
– Anticorpi anti-DNA nativo (anti-dsDNA)
– Anticorpi anti-antigeni nucleari estraibili (anti-ENA)
Gli anticorpi anti-dsDNA fanno parte di un gruppo eterogeneo di immunoglobuline rivolte verso le strutture cromatiniche; assieme agli anticorpi anti-nucleosomi ed anti-istoni si ritiene svolgano un ruolo importante nella patogenesi del Lupus eritematoso sistemico, in particolare della nefrite lupica, che rappresenta una delle maggiori complicanze della malattia.
Quando si parla di anti-ENA si fa comunemente riferimento ad autoanticorpi rivolti verso le seguenti specificità: Topoisomerasi 1 (Scl-70), SSA/Ro, SSB/La, Sm, U1 RNP, Jo-1, CENP-B (antigene centromerico). La loro presenza può essere indagata attraverso test di “1° livello” (ENA-screening) che contengono tutti questi antigeni (il CENP-B è incluso solo in alcuni dei kit diagnostici disponibili in commercio) e che forniscono un risultato quantitativo di tipo “complessivo”. E’ altresì possibile ricercare la presenza dei singoli autoanticorpi, consigliabile in caso di positività del test di screening, specialmente qualora si tratti di un primo riscontro.
Nel corso degli ultimi anni sono stati messi a punto una serie di test rivolti alla ricerca di numerose altre specificità anti-nucleo. Tali test vengono generalmente raggruppati a costituire batterie o “profili diagnostici” (a puro titolo di esempio citiamo il profilo connettiviti, scleroderma, miositi). Anche per i costi piuttosto elevati, queste indagini andrebbero richieste come approfondimento solo dopo avere definito in modo accurato il sospetto diagnostico.
E’ importante infine ricordare che la ripetizione periodica dei test di screening per ANA non è di alcuna utilità nel monitoraggio dei pazienti affetti da malattie autoimmuni sistemiche, con l’eccezione della artrite cronica giovanile.
Il Lupus eritematoso sistemico (LES) è una malattia autoimmune tipicamente caratterizzata dalla produzione di ANA, che si ritrovano nella quasi totalità dei pazienti al momento della diagnosi (tabella 2). Fra i criteri classificativi del LES rientra infatti anche la “semplice” positività del test di screening, che mostra una sensibilità pari al 98% se effettuato con metodica IFI. A causa della sua limitata specificità (75%), questo test non è tuttavia elemento sufficiente per la diagnosi.
Gli anticorpi anti-DNA nativo (anti-dsDNA) formano immunocomplessi che si depositano negli organi e nei tessuti (specialmente il rene) ed attivano il complemento. La sensibilità complessiva nella diagnosi di LES è del 57-67%, la specificità del 92-96%. In pazienti sottoposti a terapia e clinicamente stabili, un rialzo degli anticorpi anti-dsDNA (≥25%) ed un incremento dei livelli del prodotto di attivazione del complemento C3a (≥50%) sono considerati indicativi di riacutizzazione di malattia.
Gli anticorpi anti-antigene di Smith (anti-Sm) posseggono una sensibilità complessiva del 26-31% ed una specificità del 95-99%; la loro presenza è particolarmente importante nei pazienti con LES che non hanno anticorpi anti-dsDNA.
Altri autoanticorpi potenzialmente utili nella diagnosi di LES sono: anti-nucleosomi, dotati di buona sensibilità e specificità; anti-proteina P ribosomiale (anti-rP), altamente specifici pur se presenti in non più del 10-40% dei pazienti.
Esame |
Sensibilità % |
Specificità % |
Ruolo |
ANA |
↑↑ |
↓ |
Diagnosi |
Anti-dsDNA |
57-67 |
92-96 |
Diagnosi/monitoraggio |
Anti-Sm |
26-31 |
95-99 |
Diagnosi/prognosi |
Anti-nucleosomi |
31-100 |
45-98 |
Diagnosi |
Anti-rP |
10-40 |
↑↑ |
Diagnosi |
Tabella 2 – Principali autoanticorpi nella diagnosi di Lupus eritematoso sistemico
Nella Sclerosi sistemica (SSc) la prevalenza si ANA si attesta complessivamente attorno al 95% e la loro negatività rende di fatto poco probabile la diagnosi di malattia (tabella 3).
Gli anticorpi anti-centromero (ACA) hanno una sensibilità complessiva del 20-42% ed una specificità del 97%; si associano in genere alle forme cutanee limitate (lcSSc), clinicamente meno aggressive.
Gli anticorpi anti-topoisomerasi I (anti-Scl-70) hanno una sensibilità complessiva del 14-42% ed una specificità del 99%. Si associano in genere alle forme cutanee diffuse (dcSSc), caratterizzate da maggiore coinvolgimento degli organi interni e clinicamente più aggressive.
Gli anticorpi anti-RNA polimerasi III sono recentemente entrati a fare parte dei criteri classificativi della SSc; posseggono una sensibilità complessiva del 16-20% ed una specificità del 98-100%. Sono in genere associati a forme diffuse di malattia e la loro presenza si associa ad un rischio aumentato di sviluppo di neoplasia.
Esame |
Sensibilità % |
Specificità % |
Ruolo |
ANA |
↑↑ |
↓ |
Diagnosi (screening) |
Anti-centromero |
20-42 |
97 |
Diagnosi (lcSSc) |
Anti-Scl70 |
14-42 |
99 |
Diagnosi (dcSSc) |
Anti-RNA polimerasi III |
16-20 |
98-100 |
Diagnosi (dcSSc)/prognosi |
Tabella 3 – Principali autoanticorpi nella diagnosi di Sclerosi sistemica
La prevalenza complessiva di ANA nella Sindrome di Sjӧgren (SjS) è nettamente inferiore rispetto a quanto si osserva nei pazienti affetti da LES o SSc (42-64%) e la loro presenza non è di fatto considerata indispensabile ai fini diagnostici (tabella 4).
Gli anticorpi anti-SSA/Ro (di cui esistono due sub-unità, denominate Ro52 e Ro60) hanno una sensibilità complessiva del 40-50% ed una specificità del 98-100%.
Gli anticorpi anti-SSB/La hanno una sensibilità complessiva del 29% ed una specificità del 99%.
Nelle donne in gravidanza, la presenza di anticorpi anti-SSA/Ro può indurre lo sviluppo di blocco atri-ventricolare fetale di alto grado.
Esame |
Sensibilità % |
Specificità % |
Ruolo |
ANA |
↑↑ |
↓ |
Diagnosi (screening) |
Anti-SSA/Ro |
40-50 |
98-100 |
Diagnosi |
Anti-SSB/La |
29 |
99 |
Diagnosi |
Tabella 4 – Principali autoanticorpi nella diagnosi di Sindrome di Sjögren
Nel corso degli ultimi anni sono stati identificati numerosi autoanticorpi (tabella 5) nei pazienti affetti da Miopatie infiammatorie idiopatiche (MII). Poiché ciascun paziente tende ad esprimere un singolo anticorpo, per indagare efficacemente su un sospetto di MII è in genere necessario richiedere batterie di autoanticorpi piuttosto che un singolo autoanticorpo.
Nella sindrome da anticorpi anti-sintetasi, che comprende la maggior parte dei casi con caratteristiche cliniche di polimiosite, sono otto gli anticorpi specifici finora identificati (anticorpi anti-sintetasi, ARS): accanto all’anti-Jo1, presente nel 70% di questi pazienti, è oggi possibile identificare la presenza di anti-PL-7 (10%), anti-PL-12 (15%), anti-EJ, anti-OJ, anti-KS, anti-ZO, anti-HA (questi ultimi complessivamente presenti in meno del 2% dei pazienti).
Nell’ambito della dermatomiosite, gli anticorpi di più frequente riscontro comprendono: anti-TIF1-g (13-38% dei pazienti, fortemente associato a rischio di sviluppo di tumore), anti-NXP2 (17% dei pazienti, associato a rischio di sviluppo di tumore), anti-MDA5 (10% dei pazienti, associato con coinvolgimento polmonare e prognosi complessivamente sfavorevole), anti-SAE (7-8% dei pazienti), anti-Mi2 (18-35% dei pazienti, associati con buona risposta alla terapia immunosoppressiva).
Nelle miositi necrotizzanti idiopatiche gli anticorpi che si ritrovano più tipicamente sono: anti-HMGCR (12-34% dei pazienti, 60% se vi è precedente esposizione a statine, associati a rischio di sviluppo di tumore), anti-SRP (18-24% dei pazienti).
Esame |
Prevalenza %* |
Subset |
Associazioni |
ANA |
↑↑ |
Tutti |
— |
Anti-Jo-1 |
70 |
ARS |
ILD |
Anti-PL-7 |
10 |
ARS |
ILD |
Anti-PL-12 |
15 |
ARS |
ILD |
Anti-EJ |
↓↓ |
ARS |
— |
Anti-OJ |
↓↓ |
ARS |
ILD |
Anti-KS |
↓↓ |
ARS |
ILD |
Anti-ZO |
↓↓ |
ARS |
miosite |
Anti-HA |
↓↓ |
ARS |
miosite |
Anti-TIF1-g |
13-38 |
DM |
neoplasie |
Anti-NXP2 |
17 |
DM |
neoplasie |
Anti-MDA5 |
10 |
DM |
DM amiopatica, ILD |
Anti-SAE |
7-8 |
DM |
cute, DM severa |
Anti-Mi2 |
18-35 |
DM |
— |
Amti-HMGCR |
12-60 |
MNI |
esposizione a statine |
Anti-SRP |
18-24 |
MNI |
esofago, ILD |
Tabella 5 – Principali autoanticorpi nella diagnosi delle Miopatie infiammatorie idiopatiche
* Prevalenze dei diversi autoanticorpi all’interno del subset cui appartengono
ARS, sindrome da anticorpi anti-sintetasi; DM, dermatomiosite, MNI, miosite necrotizzante idiopatica.
Nelle Connettiviti indifferenziate (UCTD, tabella 6), gli anticorpi di più frequente riscontro sono gli anti-SSA/Ro (8-30%) e gli anti-U1 RNP (10-30%). Diversi gli autoanticorpi che possono essere prodotti dai pazienti affetti dalle varie Sindromi da overlap (tabella 6).
Esame |
Prevalenza % |
Associazioni |
ANA |
↑↑ |
Tutte |
Anti-Jo-1 |
8-30 |
UCTD |
Anti-U1 RNP |
10-30 |
UCTD, MCTD |
Anti-Ku |
30 |
SSc/PM |
Anti-Pm-Scl |
10 |
SSc/PM |
Anti-SSA/Ro |
90 |
LES/SjS, SSc/SjS (39%) |
Anti-SSB/La |
90 |
LES/SjS, SSc/SjS (22%) |
Anti-dsDNA |
57-100 |
AR/LES, SSc/LES |
Anti-Sm |
57-100 |
AR/LES |
Anti-CCP |
57-100 |
AR/LES, AR/SSc (15%) |
Fattore reumatoide |
70 |
AR/SSc |
Anti-centromero |
29 |
AR/SSc, SSc/SjS (rara) |
Anti-Scl70 |
18 |
AR/SSc, SSc/LES, SSc/SjS (rara) |
Tabella 6 – Profili autoanticorpali nelle connettiviti indifferenziate e nelle sindromi da overlap
UCTD, Connettivite indifefrenziata; MCTD, Malattia mista del tessuto connettivo, SSc, Sclerosi sistemica; PM, Polimiosite; LES, Lupus eritematoso sistemico; SjS, Sindrome di Sjögren; AR, artrite reumatoide.
La presenza di autoanticorpi costituisce un criterio fondamentale per la diagnosi di Sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi (APS). Gli anticorpi anti-fosfolipidi principali sono rappresentati da anti-cardiolipina (aCL) ed anti- anti-b2 glicoproteina I (b2GPI); fra i criteri diagnostici figura anche la positività del test denominato “lupus anticoagulant” (LAC).
Sebbene le vascoliti costituiscano un folto gruppo di malattie reumatiche autoimmuni, la presenza di autoanticorpi ne caratterizza solo una minor parte (tabella 7).
Le vascoliti ANCA-associate colpiscono prevalentemente i vasi di piccolo calibro e si distinguono dal punto di vista sierologico per la presenza di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA). Tre le forme principali, di seguito elencate.
– Granulomatosi con poliangite (GPA, anche nota come malattia di Wegener). Gli ANCA sono presenti nell’85-90% dei casi, nella maggior parte dei casi anti-proteinasi 3 (anti-PR3, c-ANCA), raramente anti-mieloperossidasi (anti-MPO, p-ANCA). Sensibilità e la specificità dei c-ANCA per la diagnosi di GPA superano entrambe il 90%, i livelli tendono a correlare con l’attività di malattia e posseggono quindi un potenziale ruolo prognostico.
– Granulomatosi eosinofila con poliangioite (EGPA, anche nota come malattia di Churg-Strauss). Gli ANCA sono presenti in circa il 50% dei casi, con prevalenza dei p-ANCA (65%).
– Poliangioite microscopica (MPA). Gli ANCA sono frequentemente presenti (fino al 75% dei pazienti).
La Sindrome di Goodpasture è dal punto di vista sierologico caratterizzata dalla presenza di anticorpi anti-membrana basale glomerulare (anti-GBM), il cui antigene bersaglio si trova a livello delle membrane basali glomerulari e alveolari. Sensibilità e specificità di tale indagini sono entrambe elevate, rispettivamente 95-100% e 91-100%.
La vascolite crioglobulinemica è causata dalla deposizione di anticorpi che formano immunocomplessi che precipitano a livello dei piccoli vasi. Le crioglobuline sono composte da complessi IgG policlonali/IgM mono- o policlonali; devono il loro nome alla capacità di precipitare reversibilmente quando la temperatura scende al di sotto dei 37 °C. La positività dell’esame è indicata dalla comparsa di un precipitato biancastro (criocrito) che si misura in genere in percentuale.
Patologia |
Esame |
Prevalenza % |
Note |
GPA (Wegener) |
ANCA |
85-90 |
Netta prevalenza c-ANCA (PR3); specificità 90%; ruolo prognostico. |
EGPA (Churg-Strauss) |
ANCA |
50 |
Prevalenza p-ANCA (MPO) |
MPA |
ANCA |
75 |
— |
Sindrome di Goodpasture |
Anti-GBM |
95-100 |
Specificità 91-100% |
Vascolite crioglobulinemica |
Crioglobuline |
100% |
— |
Tabella 7 – Autoanticorpi nelle vascoliti
GPA, Granulomatosi con poliangite; EGPA, Granulomatosi eosinofila con poliangite; MPA, Poliangite microscopica.
Conclusioni
Le malattie autoimmuni sistemiche sono patologie complesse al cui sviluppo contribuiscono meccanismi genetici, ambientali ed immunologici. La ricerca degli autoanticorpi riveste spesso un ruolo di grande rilievo nella diagnosi delle malattie autoimmuni sistemiche, tanto da entrare a far parte dei criteri classificativi della maggior parte di esse.
I progressi scientifici e tecnologici delle ultime decadi hanno fatto crescere in modo sostanziale il numero e la tipologia di test per la determinazione di autoanticorpi disponibili in routine.
Per la possibile correlazione di alcuni di questi autoanticorpi con l’attività di malattia o con il coinvolgimento di specifici organi ed apparati, la loro ricerca può costituire uno strumento utile anche per la determinazione della prognosi e la gestione a lungo termine del paziente affetto da malattia autoimmune sistemica.
D’altro canto, il livello di complessità e di ricchezza di indagini raggiunto nell’ambito del laboratorio di autoimmunità rende forse più complesso per il Medico non specialista l’orientarsi all’interno di tale settore diagnostico, aspetto che tuttavia appare di fondamentale importanza sia per garantire l’appropriatezza delle richieste che per ottimizzare la gestione delle risorse umane ed economiche disponibili. Sebbene la maggior parte degli autoanticorpi appaia in circolo prima dell’insorgenza dei sintomi e dei segni clinici propri della corrispondente patologia, ad oggi non è raccomandato l’utilizzo di questi esami a scopo di screening su una popolazione clinicamente sana; in generale, nessun test per la ricerca di autoanticorpi possiede una sensibilità ed una specificità assolute, pertanto la positività isolata di un autoanticorpo non costituisce mai un criterio di per sé sufficiente per una diagnosi di malattia autoimmune sistemica.
La scelta dei test da effettuare deve dunque essere calata all’interno di un contesto clinico il più possibile circostanziato e perseguire un obiettivo diagnostico chiaro ed adeguato al tipo di indagini che si richiedono. Per poter sfruttare in modo ottimale le informazioni fornite dalla ricerca degli autoanticorpi, i clinici dovrebbero conoscere il meglio possibile potenzialità e limiti di ciascuno di essi; dovrebbero inoltre essere informati sulle caratteristiche delle principali metodologie per la loro determinazione. L’Immunologo clinico va comunque considerato un possibile punto di riferimento sia per ottenere chiarimenti o informazioni sugli esami disponibili, sia per un eventuale confronto atto ad agevolare la pianificazione delle indagini diagnostiche più opportune ed adeguate ad un determinato contesto clinico.
R, Artrite reumatoide; LES, Lupus eritematoso sistemico; SSc, Sclerosi sistemica; SjS, Sindrome di Sjӧgren; MII, Miopatie infiammatorie idiopatiche; UCTD, Connettiviti indifferenziate; APS, Sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi; FR, fattore reumatoide; CCP, peptide citrullinato; ANA, anticorpi anti-nucleo; LAC, lupus anticoagulant; CL, cardiolipina; 2GPI, beta2-glicoproteina I; ANCA, anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili; MGB, membrana basale glomerulare; ENA, antigeni nucleari estraibili; dsDNA, DNA nativo.
* La sensibilità del test ANA in immunofluorescenza indiretta può essere limitata nei confronti di alcuni anticorpi specifici come anti-SSA/Ro ed anti Jo1; pertanto, in caso di consistente sospetto clinico (e/o in seguito a consulenza specialistica), può essere indicato procedere alla ricerca di tali specificità anche in pazienti in cui lo screening ANA sia risultato negativo.
- Da ricercarsi preferibilmente su indicazione specialistica.
Figura 1 – Algoritmo per la ricerca degli autoanticorpi nelle principali malattie autoimmuni sistemiche
A conclusione del capitolo, pur con la consapevolezza dei limiti insiti nel cercare di schematizzare un ambito diagnostico così complesso, viene presentata nella figura 1 una proposta di algoritmo per la richiesta dei principali autoanticorpi utili alla diagnosi delle malattie autoimmuni sistemiche prese in esame; si allegano inoltre una serie di tabelle che riassumono ruolo e performance diagnostica dei diversi autoanticorpi in relazione alle patologie ad essi correlate.
Letture consigliate
- Tozzoli R, Bizzaro N, Villalta D, Tonutti E. Il laboratorio nelle malattie reumatiche autoimmuni. Società Editrice Esculapio, Seconda Edizione Dicembre 2016.
- Jog NR, James JA. Biomarkers in connective tissue diseases. Journal of Allergy and Clinical Immunology 2017, 140:1473-1483.
- Meroni PL, Schur PH. ANA screening: an old test with new recommendations. Annals of the Rheumatic Diseases 2010, 69:1420-1422.
- Mahler M, Meroni PL, Bossuyt X, Fritzler MJ. Current concepts and future directions for the assessment of autoantibodies to cellular antigens referred to as anti-nuclear antibodies. Journal of Immunology Research 2014, 315179.
- Swaak Aj, Groenwold J, Bronsweld W. predictive value of complement profiles and anti-dsDNA in systemic lupus erythematosus. Annals of Rheumatic Diseases 1986, 45:359-366.
- Floris A, Piga M, Cauli A, Mathieu A. Predictors of flares in Systemic Lupus Erythematosus: preventive therapeutic intervention based on serial anti-dsDNA antibodies assessment. Analysis of a monocentric cohort and literature review. Autoimmunity Revews 2016, 15:656-663.
- Flechsig A, Rose T, Barkhudarova E, et al. What is the clinical significante of anti-Sm antibodies in systemic lupus erythematosus? A comparison with anti-dsDNA antibodies and C3. Clinical and Experimental rheumathology 2017, 35:598-606.
- Liaskos C, marou E, Simopoulou T, et al. Disease-related autoantibody profile in patients with systemic sclerosis. Autoimmunity 2017, 50:414-421.
- Murakami K, Mimori T. Recent advances in research regarding autoantibodies in connective tissue diseases and related disorders. Internal Medicine 2019, 58:5-14.
- Mahler M, Radice A, Sinico RA, et al. Performance evaluation of a novel chemiluminescence assay for detection of anti-GMB antibodies: an international multicenter study. Nephrology Dialysis Transplantation 2012, 27:243-252.
2. Diagnostica citofluorimetrica
Introduzione
Lo studio delle malattie oncoematologiche acute e croniche, dalla diagnosi alla stadiazione al follow-up, l’analisi delle cellule staminali nelle fasi di preparazione, esecuzione e monitoraggio dell’immunoricostituzione in caso di trapianto di cellule staminali emopoietiche, la valutazione quantitativa e funzionale delle diverse popolazioni leucocitarie nella diagnosi e nel follow-up delle immunodeficienze primitive e secondarie costituiscono i principali ambiti di applicazione della citofluorimetria nella diagnostica di laboratorio. Meno frequenti, ma altrettanto rilevanti e destinati ad incrementare, il monitoraggio dell’impatto delle terapie immunosoppressive dopo trapianto d’organo solido, delle terapie immunomodulanti nella gestione di malattie autoimmuni, delle immunoterapie antitumorali, e ancora lo studio dell’apoptosi, la misurazione di citochine intracellulari, lo studio di marcatori eritrocitari in alcune anemie emolitiche.
Ferri del mestiere
Il citofluorimetro è uno strumento sofisticato, capace di misurare simultaneamente molteplici caratteristiche di una singola cellula, quali dimensioni, complessità, espressione di molecole in superficie e presenza di molecole intracellulari, nell’istante in cui la cellula in sospensione fluisce attraverso il dispositivo di misurazione. La capacità di rilevare l’impatto che la cellula in esame ha sulla diffusione e sulla diffrazione della luce a lunghezze d’onda diverse permette un’analisi dettagliata di popolazioni complesse in tempo reale.
Tutto semplice, il trionfo dell’automatismo? Non proprio. Affinché le potenzialità di questo strumento diagnostico si traducano in informazioni utili al clinico per la corretta gestione del caso che si trova ad affrontare, affinché gli consentano di dare il meglio di sé nell’assistere la persona che a lui, o lei, si è affidata, affinché il ricorso ad indagini diagnostiche complesse, e dunque onerose in termini di risorse umane ed economiche, rispetti il necessario equilibrio fra benefici e costi, sono fondamentali per il clinico competenza e capacità di interazione virtuosa e costruttiva con il laboratorista.
L’evoluzione tecnologica mette a nostra disposizione analizzatori sempre più performanti, reagenti sempre più sofisticati, software sempre più evoluti. Paradossalmente, ma non troppo, è necessario che dialogo e capacità critica fra clinico e laboratorista, bidirezionali, evolvano di pari passo.
Compito del laboratorista, oltre a quello di affinare le proprie capacità di intercettare le esigenze della rete di clinici, e quindi di pazienti, che si trova a servire, è offrire al clinico le migliori modalità di interazione.
Ecco allora che il quesito clinico diventa protagonista di questo dialogo tanto quanto il referto dell’esame diagnostico. Affinché il secondo sia utile è necessario che il primo sia il più possibile adeguato, solo così sarà rispettata l’appropriatezza dell’indagine diagnostica, giustamente centrale in un’ottica di attenzione alla corretta gestione delle risorse.
Nello spirito di questo manuale siamo allora a proporre all’attenzione del clinico i principali ambiti, necessariamente non tutti, in cui il ricorso ad indagini di diagnostica citofluorimetrica sia giustificato ed efficace.
La Tabella 1 propone, nella prima colonna, i quesiti clinici per i quali sia possibile proporre un profilo condiviso di indagine citofluorimetrica. Le colonne a destra della prima, sebbene in qualche modo criptiche per il clinico, sono in realtà utili in relazione alle attuali modalità di prescrizione e di richiesta di prestazioni. Una indagine citofluorimetrica sulle cellule del sangue, del midollo osseo e di altri fluidi biologici (liquor, liquido ascitico e pleurico, lavaggio bronco-alveolare, urine…) si compone infatti, sulla base del Nomenclatore o Catalogo delle prestazioni attualmente in uso, di una serie di voci che, se pur affini sul piano pratico, sul piano amministrativo sono diverse e come tali vanno gestite.
Concentrando la propria attenzione sulla prima colonna, all’interno della quale troverà possibilmente la cornice entro cui richiedere l’indagine diagnostica che ritiene utile alle proprie esigenze, il clinico può avere contezza di come la sua richiesta si traduca in termini di numero di prestazioni, informazione utile nel caso di prescrizione dematerializzata.
MOTIVO DELLA RICHIESTA/QUESITO CLINICO |
CODICE DM 90.81.5 (TIPIZZAZIONE SOTTOPOPOLAZIONI DI CELLULE DEL SANGUE (PER CIASCUN ANTICORPO) |
CODICE DM 90.69.3 (IMMUNOGLOBULINE DI SUPERFICIE LINFOCITARIE)
|
CODICE DM 9047320 |
CODICE DM 9047321 (STUDIO DELLE CELLULE CON IMMUNOGLOBULINE INTRACITOPLASMATICHE) |
CODICE DM 9081502 |
|
ISES: 502580 |
ISES: 502280 |
ISES: 24260 |
ISES: 24270 |
ISES: 507245 |
Leucemia Acuta (sospetta/esordio) |
41 |
|
|
6 |
|
Leucemia Acuta (Malattia Misurabile Residua) |
18 |
|
|
|
|
Mielodisplasia |
20 |
2 |
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Disordine linfoproliferativo cronico (sospetto/esordio) |
22 |
2 |
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Disordine linfoproliferativo cronico (follow-up) |
4 |
2 |
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Micosi Fungoide/S. Sézary (esordio) |
21 |
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24 |
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Micosi Fungoide/S. Sézary (monitoraggio) |
5 |
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1 |
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Studio fenotipico T Cell Receptor |
14 |
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24 |
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Profilo fenotipico linfocitario standard (T, B, NK) (Immunodeficienza da HIV) |
8 |
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Immunoricostituzione linfociti T CD4 (CD3/CD4/CD25) |
4 |
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Maturazione linfociti B (CD19/CD27/sIgD/CD38) |
5 |
1 |
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Monitoraggio linfociti B (terapia con anti-CD20) |
4 |
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ALPS (diagnosi/monitoraggio) |
5 |
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Studio sottopopolazioni T Naive e Memory |
6 |
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Conta assoluta cellule CD34 |
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1 |
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Studio della vitalità (p.e. dopo scongelamento) |
2 |
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Studio fenotipico BAL |
4 |
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Studio fenotipico urine (dopo trapianto renale) |
1 |
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Tabella 1 – Diagnostica Citofluorimetrica: combinazione di tipologia e numero di prestazioni da richiedere per le diverse problematiche cliniche
Abbiamo fatto un riferimento al substrato, al fluido biologico che è possibile sottoporre ad indagine citofluorimetrica. Il sangue periferico è naturalmente il principale per quanto riguarda problematiche cliniche che possano rientrare fra quelle gestite anche o soprattutto dal Medico di Medicina Generale, laddove invece indagini su altri fluidi – aspirato midollare, preparati da aferesi (leucoaferesi), liquor, liquido ascitico, pleurico o pericardico, lavaggio bronco-alveolare, urine – siano più comunemente di competenza di specialisti quali ematologi, immunologi clinici, infettivologi, internisti, pediatri, oncologi, pneumologi, nefrologi.
Tutte le popolazioni cellulari del sangue periferico sono analizzabili attraverso la citofluorimetria, principalmente linfociti, granulociti neutrofili, monociti; meno applicabile la citofluorimetria allo studio dei granulociti eosinofili, efficace invece sugli eritrociti per la valutazione di difetti totali o parziali delle proteine proteine GPI-linked nel sospetto di Emoglobinuria Parossistica Notturna.
Neutropenia, linfopenia, pancitopenia, linfocitosi assoluta, leucocitosi neutrofila sono pertanto condizioni che possono meritare un approfondimento mediante indagini citofluorimetriche. Quadri clinici che giustifichino un contatto con il laboratorista per definire quali indagini richiedere sono il sospetto di immunodeficienze – primitive o secondarie – di disordini linfoproliferativi cronici, di patologie oncoematologiche acute, di mielodisplasia, di disordini mieloproliferatvi cronici.
Infezioni ricorrenti causate da virus o da miceti possono lasciar supporre un difetto quantitativo o funzionale a carico dei linfociti T, infezioni batteriche sono più comunemente conseguenti ad un difetto quantitativo o funzionale dei granuliti neutrofili, laddove associate ad ipogammaglobulinemia lasciano presupporre invece un difetto quantitativo o funzionale di linfociti B/plasmacellule o inefficacia della cooperazione T/B. Nel caso invece di infezione da HIV/AIDS la definizione dell’entità dell’immunodeficienza T CD4 ed il monitoraggio dell’immunoricostituzione in seguito a terapia antiretrovirale attraverso indagine citofluorimetrica rappresentano un caposaldo imprescindibile della gestione clinica.
Il pannello condiviso per un approccio nel sospetto di immunodeficienza T o B linfocitaria prevede la valutazione quantitativa delle sottopopolazioni T CD4+ e CD8+, delle cellule NK e dei linfociti B (c.d. “T-B-NK”, Tabella 2).
Sottopopolazione linfocitaria |
Antigene studiato |
T totali |
CD3 |
T CD4+/helper |
CD4 |
T CD8+/suppressor |
CD8 |
B |
CD19 |
NK |
CD56 |
Tabella 2 – Diagnostica Citofluorimetrica: profilo T-B-NK
Questa indagine è sufficiente per la valutazione routinaria in caso di Infezione da HIV, è adeguata ad escludere alterazioni grossolane nel caso di infezioni recidivanti da virus o miceti e necessaria per giustificare e definire eventuali approfondimenti, va integrata con lo studio di ulteriori marcatori per lo studio della maturazione dei linfociti B nel caso di ipogammaglobulinemia.
Conclusioni
L’affinamento della medicina di precisione ed il ricorso a sofisticati farmaci biologici richiederanno la crescita delle capacità di diagnosi e di monitoraggio di diverse patologie, specie in discipline quali l’oncologia e l’ematologia.
La citofluorimetria, vale a dire la citometria a flusso, ha margini di miglioramento che risiedono nello sviluppo di nuovi fluorocromi, con lo scopo di aumentare il numero di parametri esaminabili contemporaneamente in ogni singola cellula.
Ancora di più ci si attende dalla citometria di massa “Time-of-flight”. Il ricorso ad isotopi metallici quali marcatori, accoppiati ad anticorpi o ad altre sonde, consentirà di evitare la sovrapposizione di lunghezze d’onda, l’autofluorescenza e la necessità di compensazione tipiche della citometria a flusso, consentendo un’analisi multiparametrica più spinta, teoricamente fino a 100 target contemporanei o oltre.
L’evoluzione tecnologica non sarà tuttavia sufficiente al miglioramento della gestione clinica dei nostri pazienti laddove non si abbinerà al contatto virtuoso fra clinico e laboratorista.
Letture consigliate
- Swerdlow SH, Campo E, Harris NL, Jaffe ES, Pileri SA, Stein H, Thiele J. WHO Classification of Tumours of Haematopoietic and Lymphoid Tissues. Revised Fourth Edition. 2016.
- Huan-You Wang, Youli Zu. Diagnostic Algorithm of Common Mature B-Cell Lymphomas by Immunohistochemistry. Arch Pathol Lab Med. 2017 Sep;141(9):1236-1246.
- Montante S, Brinkman RR. Flow cytometry data analysis: Recent tools and algorithms. Int J Lab Hematol. 2019; 41(Suppl. 1):56–62.
- Knight V. The utility of flow cytometry for the diagnosis of primary immunodeficiencies. Int J Lab Hematol. 2019;41(Suppl. 1):63–7.
- Nagafuchi Y, Shoda H, Fujio K. Immune Profiling and Precision Medicine in Systemic Lupus Erythematosus. Cells. 2019 Feb 10;8(2).
- Galli E, Friebel E, Ingelfinger F, Unger S, Núñez NG, Becher B. The end of omics? High dimensional single cell analysis in precision medicine. Eur J Immunol. 2019 Feb;49(2):212-220.
- Dey S, Kamil Reza K, Wuethrich A, Korbie D, Ibn Sina AA, Trau M. Tracking antigen specific T-cells: Technological advancement and limitations. Biotechnol Adv. 2019 Jan – Feb;37(1):145-153.