L’azione per sconfiggere Daesh, il cosiddetto Isis, va condotta su più piani. E’
importante quello culturale. Non dimentichiamo che il reclutamento, nelle città
d’Europa, avviene mediante la predicazione, diretta e soprattutto via web: dobbiamo contrapporre a questa predicazione argomenti e indicazioni che facciano
comprendere a giovani che ne sono destinatari quanto sia preferibile vivere nella
tolleranza, nel rispetto degli altri, nella convivenza in pace.
(Sergio Mattarella, da intervista a Il Messaggero del 10/12/2015)
– Santità, lei ha detto che il nemico è sconfitto quando diventa nostro amico.
«Vero! Verissimo!».
– Vuole Sua Santità spiegare come si fa a diventare amici dell’Isis?
«Con il dialogo. Bisogna ascoltare, capire, avere comunque rispetto dell’altro. Non c’è altra strada».
– L’Isis taglia le teste. Senza la testa, non ci sono più le orecchie per ascoltare.
«Bisogna farlo con il cuore. Essere compassionevoli. Educare. La Germania è stata molto generosa ad accogliere i rifugiati, li sfama e li veste: ma adesso dovrà educarli».
– Perché possano essere assimilati dall’Europa?
«Perché possano tornare indietro! Se non loro, i loro figli. Devono tornare con le conoscenze e le abilità per cambiare il Paese d’origine, perché non ci siano altri fuggiaschi e altri rifugiati. Questa è l’unica soluzione»
(Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama del Tibet, da intervista a LA STAMPA del 7/12/2015)
Queste riflessioni si soffermano su un tema poco diffuso a livello di comunicazione mediatica, e tuttavia di rilievo centrale nel particolare frangente storico che stiamo criticamente attraversando.
Oggi i discorsi pubblici appaiono affollati di terminologie specialistiche, entrate nei linguaggi del senso comune, espressioni mutuate dal lessico della scienza economica (e da quello tautologico della politica), utilizzate a volte sommariamente nell’ottica miope di una teleologia dell’immediatezza. Si afferma spesso, infatti, l’esigenza prioritaria di rilanciare lo sviluppo, magari utilizzando tecnologie produttive non necessariamente compatibili con la salute delle popolazioni o con la sostenibilità ambientale, incrementando qualsiasi tipologia di consumi, talora inutili o addirittura deleteri, relegando così in una zona d’ ombra la primazia della dimensione umana.
Questo contributo si aggancia a tale premessa muovendo dall’esperienza maturata presso i corsi serali di un Istituto di Istruzione secondaria statale di Ancona negli ultimi 20 anni, durante i quali abbiamo incrociato centinaia di visi, ascoltato e raccontato storie, mediato culture eterogenee e vissuti irripetibili. Alcune di queste narrazioni esprimevano disagi familiari e personali, esperienze “prossimali” o venute da lontano, sofferenze e sogni invisibili. E a volte invisibili erano gli stessi studenti, alle prese con problemi di permesso di soggiorno, o di sopravvivenza fisica, e con difficoltà, tecniche e culturali, di comprensione e di espressione linguistica, ma anche desiderosi di poter fare emergere, nonostante gli ostacoli della diffidenza (e la banalità degli stereotipi), la propria comune ricchezza umana.
A scuola di sera, oltre ad essere la denominazione di una pagina Facebook ispirata a questa esperienza, si propone anche come formula per una proposta di rilancio dell’educazione permanente, oggi fortemente a rischio per le note ristrettezze finanziarie , e soprattutto per il diffuso disinteresse nei riguardi di quanto non sia immediatamente implicato nei processi di produzione e di mercato.
Tutto questo nella consapevolezza e nella convinzione profonda che “il vero spread è quello della conoscenza” (Marc Augé, da La Repubblica 27/8/2012) e che la promozione sociale e una maggiore levatura umana passino innanzitutto, ancor prima che per una emancipazione economica (o almeno parallelamente ad essa), attraverso l’intelligenza pedagogica di una cultura effettivamente aperta a tutti.
Sulle stesse premesse sembra delinearsi la recente denuncia del Governatore della Banca d’Italia, secondo cui “l’alfabetizzazione degli adulti italiani è molto bassa: il 70% degli italiani non comprende ciò che legge o non sa come usare le informazioni scientifiche e tecnologiche che possiede. Siamo molto indietro” (intervento alla LUISS, 4 maggio 2015). Si evidenzia inoltre la dimensione non strettamente economicistica di un maggiore livello di istruzione e di consapevolezza. E’ infatti “riduttivo pensare che l’investimento in conoscenza sia importante solo per l’impatto positivo sulla crescita. Esso può contribuire in modo profondo all’innalzamento del senso civico e del capitale sociale, valori in sé, indipendentemente dai loro effetti sul sistema economico, fattori importanti di coesione sociale e di benessere dei cittadini” (Visco, in bibliografia).
Nel caso degli studenti stranieri poi il tema si estende ad un ordine di riflessione di levatura ulteriore, con la definizione del lifelong learning quale fattore di crescita nella conoscenza reciproca, raccogliendo la sfida antropologica del riconoscimento di una comune appartenenza umana attraverso un percorso di superamento delle barriere identitarie. Qualcosa di simile a una stanza degli specchi, “ in un groviglio di sguardi incrociantesi, attraverso i quali gli uomini dicono il loro bisogno di non essere soli, la loro esigenza di un senso, purchessia, del loro esistere” (Lombardi Satriani, in bibliogr., p. 32)
Riferimenti
- Visco, Investire in conoscenza, il Mulino, Bologna 2014
- Battaglia D., Il sogno pedagogico, in Lettere dalla Facoltà, Bollettino della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Politecnica delle Marche n. 12, 2009
- Grilli M., La sfida antropologica. Oltre la tolleranza, in C.Clemente e P.P.Guzzo (a cura di) Sistemi sociosanitari regionali tra innovazioni e spendibilità. Esperienze e ricerche, (Quaderni Cirpas, Vol. n.24, Università di Bari) , Cacucci, Bari 2013
- M.Lombardi Satriani, La stanza degli specchi, Meltemi, Roma 1994
Marco Grilli, docente e referente per l’Educazione degli adulti presso il corso serale dell’Istituto di Istruzione Superiore “Podesti-C.Onesti” di Ancona, indirizzo socio-sanitario;