Andrea Giacometti
Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica, Sezione A – Malattie Infettive Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Politecnica delle Marche
a.giacometti@staff.univpm.it
La febbre è forse il più comune dei segni clinici di malattia. Il medico consultato per la presenza di febbre deve avere in mente un percorso chiaro e strutturato, affinché possa eseguire prontamente, anche al letto del paziente o in ambulatorio almeno le prime fasi di questo percorso diagnostico.
La febbre costituisce uno dei più frequenti, ma anche il più aspecifico, dei segni clinici di malattia.
È causata dalla attivazione dei centri ipotalamici termoregolatori in seguito alla liberazione di pirogeni endogeni da parte di varie linee cellulari del paziente. Induttori di pirogeni endogeni, cioè sostanze in grado di stimolare la produzione di tali pirogeni, possono essere: a) molecole di derivazione microbica, quali il lipopolisaccaride prodotto dai bacilli gram-negativi, il peptidoglicano, proteine capsulari, varie endo- ed esotossine; b) Emolinfopatie a carico sia della linea linfocitica, sia di quella mieloide; c) Tumori solidi; d) Malattie autoimmunitarie come connettiviti, malattia reumatica, riacutizzazione di malattie infiammatorie croniche intestinali, ecc.; e) Necrosi tessutali estese causate da infarti, emorragie, emolisi, ecc.; f) Alcune malattie del ricambio, come l’attacco acuto di gotta; g) Alcune endocrinopatie, come l’ipertiroidismo; h) Fenomeni di ipersensibilità a farmaci; i) Stimolazione meccanica dei centri termoregolatori.
In ogni caso, prima di procedere avviando le varie fasi dell’iter diagnostico in un paziente febbrile, è opportuno verificare che la riferita febbre sia reale.
Ad esempio, è risaputo che esistono situazioni conosciute come non febbri. In questi casi la temperatura non supera abitualmente i 37.2-37,5°C (misurazione ascellare). In questi individui tale condizione è priva di significato patologico, essendo riferibile ad una semplice accentuazione del fisiologico ciclo circadiano. È ovvio, comunque, che qualora l’ipotesi diagnostica non sia avvalorata da una anamnesi adeguata, a tale conclusione è possibile giungere praticamente solo per esclusione di reali patologie.
Esiste, poi, la febbre provocata, di non rara osservazione nei bambini o adolescenti di entrambi i sessi. Questa tipologia di febbre abitualmente si riscontra in individui che presentano particolari stigmate caratteriali quali ipersensibilità e fragilità, non raramente in associazione ad estrema sicurezza, scaltrezza e temerarietà. Il momento scatenante può essere rappresentato da un periodo di difficoltà scolastica o familiare come, ad esempio, la nascita di un fratello. Di solito il tutto esordisce con un autentico episodio febbrile, quasi sempre di natura infettiva, durante il quale il bambino riceve cure e attenzioni. Con l’esaurirsi dell’episodio febbrile, il bambino vede riemergere tutti i problemi temporaneamente accantonati e ciò lo può indurre a guadagnare ancora qualche giorno falsificando le misurazioni della temperatura.
In seguito, notando che l’espediente funziona e che, anzi, il perdurare della “febbre” accentua il clima di attenzione attorno a lui, finisce con l’affezionarsi alla condizione di malato, sottoponendosi anche volentieri alle visite mediche, alle cure ed agli esami prescritti. Nel dubbio di questa febbre provocata sarebbe opportuno misurare la temperatura almeno due volte al giorno (al risveglio al mattino e nel pomeriggio), misurare contemporaneamente la frequenza cardiaca (in genere aumenta di 10 battiti/min per ogni grado centigrado) ed assistere personalmente ad alcune misurazioni. Elementi che devono indurre il medico a sospettare una febbre provocata sono: a) Insorgenza nel corso dell’anno scolastico con spontanea risoluzione in estate e talora la ricomparsa nell’autunno-inverno successivo; b) Assenza dei segni fisici obiettivi che abitualmente accompagnano la febbre, come arrossamento del volto, iperemia congiuntivale, tachicardia, brivido all’insorgenza, sudorazione nella defervescenza; c) Andamento irregolare della curva termica con puntate troppo elevate e improvvise e cadute repentine, il tutto senza brivido o sudorazione; d) Buone condizioni generali, anche dopo mesi di febbre, con appetito e peso perfettamente conservati; e) Normalità degli indici di infiammazione; f) Insensibilità o risposta capricciosa ad antipiretici ed antibiotici.
Detto questo, veniamo ora alla individuazione di un iter diagnostico di base, quanto più possibile semplice e razionale, valido per ogni paziente febbrile, attuabile in una sequenza ordinata di fasi che, ovviamente possono essere interrotte durante il percorso una volta che sia stata posta una diagnosi.
Uno schema semplice, utile a rappresentare tale percorso diagnostico accompagnando il medico in una successione di fasi che tengano conto della compliance e del benessere del paziente, della facilità di accesso alle indagini e della necessità di razionalizzare costi e utilizzo delle risorse può essere il seguente: a) Anamnesi; b) Esame obiettivo; c) Indagini di I livello; d) Indagini di II livello; e) Indagini di III livello.
Anamnesi
Una corretta anamnesi è una fase fondamentale della visita medica, che tuttavia oggi viene purtroppo spesso trascurata a causa della scarsità di tempo a disposizione, della eccessiva fiducia nelle indagini strumentali e di laboratorio e della sempre più ingombrante ruolo che i mezzi informatici e le impellenze burocratiche hanno assunto nella quotidianità del lavoro del medico.
Primo passo nella raccolta dell’anamnesi sarà lo stabilire se e quali sintomi accompagnano la febbre, quali la perdita di appetito, la perdita di peso, l’anemizzazione, l’astenia, il prurito, le sudorazioni notturne, ecc..
Sarà necessario, successivamente, ricostruire la tipologia della febbre, il suo andamento circadiano e, se perdurante, il suo comportamento nelle settimane precedenti.
Sarà poi fondamentale conoscere abitudini ed occupazioni del paziente, interrogarlo sull’uso di farmaci, prodotti venduti come integratori o stimolanti in ambito sportivo, se ricorda le vaccinazioni a cui si è sottoposto, raccogliere una anamnesi epidemiologica accurata, chiedendogli se nel passato più o meno recente ha viaggiato in Paesi tropicali, se ha consumato frutti di mare crudi o latte e latticini sospetti, se ha subito punture di insetti, se ha usato droghe ed in che modo, se ha avuto attività sessuale promiscua.
Infine, dovranno essere poste domande che indaghino su sintomi espressione di patologia d’organo, problematica questa che potrà essere indagata più a fondo con indagini di laboratorio e strumentali, come indicato in seguito.
Esame fisico
Ovviamente, prima di passare agli esami di laboratorio ed alle indagini strumentali, la visita medica non può considerarsi conclusa se non è stato attuato a fondo un completo esame obiettivo, esplorando con sistematicità: il distretto ORL ed odontoiatrico, il collo, l’apparato respiratorio, l’apparato cardiovascolare, l’apparato digerente, l’apparato urogenitale, l’apparato muscolare e scheletrico, il sistema linfatico.
Una volta completato l’esame fisico, qualora non sia stata formulata ancora una ipotesi diagnostica o non si sia addirittura pervenuti ad una diagnosi esaustiva, è opportuno passare alle indagini di I livello. La corretta prosecuzione dell’iter diagnostico impone che qualsiasi esame sia prescritto secondo un criterio di priorità, che preveda di attuare inizialmente quelli più semplici, meno costosi e meno invasivi, per arrivare poi, se necessario, a quelli più complessi e, solitamente, meno tollerati dal paziente.
Indagini di I livello
Sono intese a verificare l’esistenza di uno stato infiammatorio, di elementari segni di danno a carico dei maggiori parenchimi e di anomalie suggestive di patologie autoimmuni.
Un buon numero degli esami di I livello può essere prescritto contestualmente alla prima visita. In effetti, anche nel caso in cui il medico già in questa fase sia in grado di formulare una diagnosi, i più semplici di tali esami potranno servire per avvalorare tale conclusione, sia nell’interesse precipuo del paziente sia, secondariamente, nell’interesse del sanitario.
In ogni caso, qualora la febbre tendesse a protrarsi nel tempo, è opportuno che questi esami siano ripetuti periodicamente sino a scomparsa della febbre o sino a diagnosi raggiunta.
L’esperienza clinica ha comunque dimostrato che, soprattutto nel caso di febbre protratta, la costante negatività degli esami di I livello è raramente associata a patologie di rilevanza clinica quando l’elevazione termica è di lieve entità e ben tollerata.
Nella “real life”, ossia nella pratica clinica quotidiana, possiamo ulteriormente suddividere gli esami di I livello in due sottogruppi: quelli che vengono praticamente eseguiti sempre, anche al primo accesso al Pronto Soccorso o all’iniziale avviamento delle indagini diagnostiche da parte del Medico di Medicina Generale o della Guardia Medica, e quelli di approfondimento, più “specialistici” e moderatamente più costosi.
Nel primo gruppo vengono compresi: a) Esame emocromocitometrico con formula; b) Esame delle urine standard (compreso l’esame del sedimento); c) Indici infiammatori (VES, PCR); d) Funzionalità dei maggiori apparati (azotemia, creatininemia, AST, ALT, bilirubina totale e diretta, fosfatasi alcalina e gamma-glutamiltranspeptidasi, uricemia, amilasemia, lipasemia, LDH); e) Proteine totali, albuminemia, sodiemia, kaliemia, calcemia; f) Esami colturali (emocoltura, coltura di altri campioni biologici: questi sempre prima di iniziare qualsiasi trattamento antibiotico).
Come approfondimento di queste indagini di I livello possiamo, nel giro di 1-3 giorni qualora la febbre non si sia risolta, richiedere: a) Elettroforesi delle sieroproteine e dosaggio delle IgG-IgM-IgA, fibrinogenemia); b) Procalcitonina. È opportuno, inoltre, ripetere l’esame emocromocitometrico con formula (anche se nella norma al primo controllo) e ogni altro esame che abbia evidenziato in precedenza valori alterati.
Indagini di II livello
Hanno lo scopo di individuare patologie d’organo quali possibili causa di febbre. Ovviamente non devono in ogni caso essere eseguite dalla prima all’ultima, anzi l’aspettativa del medico è di poter formulare una diagnosi affidabile e definitiva senza doversi avvalere di tutte quelle di seguito elencate. Bisogna, peraltro, tenere conto dei tempi di attesa che l’esecuzione di tali esami potrebbe richiedere. Questo aspetto varia da realtà a realtà, in base al luogo di ricovero o alla accessibilità alle cure in caso di paziente ambulatoriale, alla adeguata copertura in organico di personale medico, tecnico ed infermieristico, alla disponibilità delle apparecchiature richieste, alla eventualità di dover inserire il paziente nelle famigerate liste di attesa.
Per tale motivo è opportuno che tali esami siano programmati non in modo indiscriminato, ma il più possibile mirato secondo criteri dettati dalla clinica (anamnesi, esame fisico) e dai risultati degli esami di I livello. Talora, però, non essendo dirimenti gli esami precedenti e di poco aiuto la clinica e l’anamnesi, si è costretti ad eseguire una indagine sistematica.
Infine, è doveroso ricordare che solitamente si giunge a questa tipologia di esami solo qualora la febbre non si sia risolta, spontaneamente o dopo appropriata terapia.
Per fini pratici raggruppiamo le indagini di II livello in due categorie: esami di laboratorio ed esami strumentali (radiologici ed endoscopici).
A) Esami di Laboratorio
- Sierologia per: brucellosi, malattia di Lyme, epatiti virali (HBsAg, HBsAb, HBcAb; anti-HCV, anti-HAV, anti-HEV), toxoplasmosi, EBV, CMV, HIV, febbre tifoide e paratifi.
- Valutazione degli indici di malattie immunologiche (RA test, ANA, ANCA, C3-C4, autoanticorpi organospecifici).
- ACE (angiotensin converting enzyme)-test.
- Allergometria tubercolinica: test di Mantoux, test IGRA. È opportuno ricordare che il test di Mantoux può risultare positivo nei soggetti vaccinati con BCG (quindi anche in assenza di reale esposizione al Mycobacterium T/B complex). Inoltre la reazione può risultare positiva per fenomeni di sensibilizzazione crociata dopo esposizione agli antigeni di micobatteri atipici, invalidandone la specificità. Peraltro, anche in caso di vera malattia tubercolare, uno stato di immunodepressione può determinare negatività del test. Per tale motivo è oggi ritenuto opportuno approfondire tramite i test IGRA (interferon-gamma release assay). I test IGRA sono un gruppo pressoché equivalente di test in-vitro su sangue venoso del paziente, prelevato al fine di rilevare la risposta immune cellulo-mediata specifica per micobatteri tubercolari. In pratica misurano la quantità di interferon-gamma rilasciato dai linfociti T specificamente sensibilizzati, dopo incubazione con antigeni tubercolari specifici e con antigeni di controllo. Quindi, seppur più complessi del test di Mantoux, i test IGRA sono caratterizzati dalla assenza di false positività da vaccinazione con BCG o infezione da micobatteri atipici.
- Tipizzazione linfocitaria (eseguibile presso un buon centro di immunologia), funzionalità granulocitaria (esame più indaginoso, raramente richiesto).
- Cupremia, beta-2-microglobulina, alfa-fetoproteina, CEA ed altri markers tumorali. Questi esami possono essere di ausilio nell’iter diagnostico, possono indirizzare verso un particolare quadro clinici, ma è opportuno ricordare che la loro negatività o normalità non implica necessariamente assenza di patologia onco-ematologica.
- Dosaggio ormoni tiroidei (una condizione di ipertiroidismo può determinare innalzamento della temperatura corporea).
B) Indagini strumentali
- RX torace, pressoché sempre eseguito in caso di febbre se il paziente viene accompagnato presso un Pronto Soccorso. Spesso utile anche per il MMG, considerando che non sempre un coinvolgimento del parenchima polmonare (infettivo o di altra natura) può essere svelato con l’esame fisico del paziente.
- Ecocardiogramma ed ecografia addome completo: eventualmente eseguiti a discrezione del medico in base alle informazioni acquisite in precedenza ed al quadro clinico del paziente. L’ecografia addome, peraltro, può evidenziare calcoli all’interno della colecisti o delle vie biliari anche nei casi in cui questi risultino radio-trasparenti all’esame RX addome in bianco. Infine, l’ecografia può dimostrare un ispessimento della parete della colecisti, fenomeno spesso presente in occasione di colecistiti le quali, al loro volta, possono determinare iperpiressia.
- Esame RX cranio (con particolare attenzione ai seni paranasali) ed ortopantomografia: possono fornire utili informazioni su processi flogistici acuti o cronici a carico dei seni paranasali, delle mastoidi, delle radici dentarie).
- TC torace: esame di II livello eseguito al fine di studiare più dettagliatamente il parenchima polmonare o il mediastino, soprattutto quando la normale radiografia del torace non è stata sufficiente a dirimere i dubbi o addirittura evidenzia immagini di difficile interpretazione. Va precisato che per lo studio del parenchima polmonare (non del mediastino) la TC è più appropriata rispetto alla RMN, in quanto quest’ultima metodica risente degli artefatti causati dalla presenza di aria nei polmoni.
- RX addome in bianco: utile qualora si sospetti una ostruzione o sub-ostruzione del tubo digerente o la presenza di calcoli radio-opachi. L’esame può evidenziare distensione delle anse intestinali e livelli idro-aerei. In alcuni casi, dietro suggerimento del radiologo o del gastroenterologo, può essere approfondito con pasto opaco o clisma opaco.
- TC addome o RMN addome: possono essere eseguite come approfondimento di un RX addome in bianco, ma frequentemente si procede direttamente con queste metodiche qualora le precedenti indagini indirizzino ad esempio verso un problema onco-ematologico. In tale situazione, TC o RMN addome possono evidenziare le lesioni primitive ed il coinvolgimeto di stazioni linfonodali o di altri organi. Data la non indifferente dose di radiazioni ionizzanti fornite dalla TC, nelle donne in età fertile e nei giovani si preferisce procedere con la RMN.
- Ecografia delle logge renali e della pelvi: una febbre può trovare origine in un processo infettivo delle vie urinarie, frequentemente favorito dalla presenza di formazioni calcolotiche o di anomalie anatomo-funzionali. Alcune tipologie di calcoli, come ad esempio quelli a stampo, possono dare una sintomatologia piuttosto scarsa e ciò nonostante predisporre a processi infettivi.
- Lo studio delle vie genito-urinarie può, inoltre, essere approfondito con esami di II livello quali l’urografia, la TC o la RMN (questa preferibile nelle giovani donne). Infine, nei soggetti di sesso maschile non deve essere dimenticata l’ecografia prostatica, soprattutto qualora il soggetto riferisca sintomi suggestivi di ipertrofia della ghiandola. In ogni caso, è opportuno tenere a mente che processi infettivo-infiammatori prostatici non sono limitati ai pazienti in età avanzata, in quanto anche nei giovani può aversi prostatite, soprattutto in forma acuta, come conseguenza dell’acquisizione di una malattia a trasmissione sessuale.
- Sempre fra gli esami radiologici di II livello troviamo quelli che vanno ad indagare la presenza di un processo patologico a carico di segmenti dello scheletro, di fissatori meccanici (tipici quelli vertebrali o femorali) o di presidi protesici inseriti a livello delle principali articolazioni (solitamente anca, ginocchio o spalla). L’esame RX di regola è limitato al segmento sospetto, a volte l’indagine viene approfondita tramite TC o RMN (attenzione ad eventuali elementi metallici inseriti in occasione di precedenti interventi chirurgici o ortopedici).
- Esami ancora più approfonditi, quali la scintigrafia, la TC Total Body o la PET, di regola vengono prescritti dal consulente specialista, ortopedico, neurochirurgo o infettivologo, nei casi strettamente necessari
C) Indagini endoscopiche
- Ricordiamo la broncoscopia, la quale permette non solo la visione dell’albero respiratorio, ma anche l’aspirazione di secrezioni e, se indicato, anche del liquido di lavaggio bronco-alveolare. Questi campioni, inviati al laboratorio di microbiologia e di citologia, permettono spesso l’individuazione di microrganismi patogeni che difficilmente sono evidenziabili nei comuni campioni di espettorato, o di cellule suggestive di processi neoplastici.
- Allo stesso modo le metodiche di endoscopia digestiva (EGDS, colonscopia, rettoscopia) o delle vie urinarie (cistoscopia) consentono la visione diretta del processo patologico o il prelievo di campioni da inviare nei vari laboratori.
Indagini di III livello
Arriviamo, infine, agli esami di III livello. Questi sono caratterizzati da una certa “invasività” e, pertanto, sono giustificati solo se le precedenti indagini non hanno permesso di raggiungere la definizione diagnostica.
In pratica si tratta dei prelievi bioptici e delle laparoscopie.
- Le biopsie, effettuate di solito in anestesia locale, possono essere superficiali (cute, mucosa labiale), osteomidollari (BOM, certamente utile quando sorge il sospetto che la febbre sia conseguente ad una problematica ematologica con invasione midollare o ad alcune patologie infettive, quali la leishmaniosi), dell’arteria temporale, muscolari, parenchimali (epatica, splenica, renale, polmonare, linfoghiandolare). In alcuni casi è necessario che siano eco-guidate o TC-guidate, per facilitare l’accesso alla sede del processo patologico rispettando le strutture viciniori.
- Infine, la laparoscopia esplorativa, tecnica mini-invasiva eseguita da chirurghi specializzati nella procedura, per ottenere una migliore visione dello stato degli organi interni dell’addome e possibilmente un accesso diretto alle strutture sede del processo patologico. Tramite una piccola incisione vengono inseriti strumenti chirurgici miniaturizzati. Questa tecnica permette di confermare o escludere la presenza di una patologia tumorale, infettiva o di altra natura nei casi in cui le precedenti metodiche di imaging non siano state in grado di permettere una diagnosi conclusiva. Inoltre, durante la laparoscopia è possibile effettuare biopsie o prelevare campioni biologici quali pus o essudati da sottoporre ad analisi.
Per concludere
A fini pratici, uno schema riassuntivo di tutto il percorso diagnostico nel paziente febbrile viene presentato in Tabella 1.
Il medico deve comunque ricordare che i progressi nella diagnostica sono costanti e, di riflesso, mutevoli le nostre conoscenze. Il suddetto percorso diagnostico è destinato a subire periodici aggiornamenti. Unici capisaldi resteranno, con tutta probabilità, i fondamentali momenti dell’anamnesi e dell’esame obiettivo.
Per approfondimenti
Armstrong D, Cohen J. Infectious Diseases. Harcourt Publishers Ltd 2000. London, UK.
Moroni M, Esposito R, De Lalla F. Malattie Infettive. Masson Editore SpA 2003. Milano.
Tabella 1: schema riassuntivo del percorso diagnostico nel paziente febbrile
Febbre di NDD – Iter diagnostico
———————————————————————————————————————- Indagini di I livello – 1° step
Indagini di I livello – 2° step
Indagini di II livello Laboratorio
Capo
Torace
Apparato digerente
Apparato urinario
Scheletro
“Total body”
Esami endoscopici
Indagini di III livello
|