Passaggio a settembre

Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti…                                                                                            
(G.D’Annunzioda I pastori)   

E siamo qui spogli in questa stagione che unisce
tutto ciò che sta fermo, tutto ciò che si muove,
non so dire se nasce un periodo o finisce,
se dal cielo ora piove o non piove…                                                                                                                               
(F.Guccini, da Canzone delle domande consuete)

Certamente non è tempo di fuochi. Questa leggerezza.                                                          Sospesa nel mezzo di geografie immaginarie, spazio di sottili architetture interiori.

Alcune  tracce restano, fissate con segni indelebili,  nelle stanze blindate dell’inconscio, e non si trovano più. Affiorano a tratti, come in una visione onirica, o un filmato d’epoca, echi lontani dai cortili d’infanzia.  Frammenti di memoria  giocano a rincorrersi,  scherzano e nascondono le mani dietro la schiena. C’è sempre qualcosa che si è perso, un’esperienza capitale, o il quaderno degli appunti di viaggio. Un treno ad alta velocità che ha attraversato la stazione nella notte, senza fermarsi .

La giostra continua a girare, come al Luna Park,  cambiano gli occhi, e i visi degli  attori, con un ritmo assordante di luci  e di forme in movimento.                                                            E non c’è  nemmeno spazio per la tenerezza, o per la vita stessa.   Quasi come se questa frenesia immobile  fosse incapace di sostenere  il peso di una carezza,  il sapore di un bacio. Nuove connessioni sinaptiche  si succedono,  e schemi cognitivi continuamente mutanti. Come gli oggetti, e le loro diverse rappresentazioni , dei nostri investimenti affettivi.  A sottolineare il senso di un divenire che  spaventa e affascina allo stesso tempo.

Bacio di Klimt

Figura 71 – Bacio di Klimt

Ora invece la ruota sembra fermarsi ad aspettare. Ed è come un momento di festa, sospensione del  tempo ordinario, opportunità di riflessione  intorno a tutti gli atti mancati, e a quanto invece sia  già  stato compiuto.

Si dirà poi, nell’ora della sera, quando tutto questo sarà finito, nell’eco delle città rese spoglie, come scenari vuoti , si dirà  che c’erano ancora spazi, e istanti da giocare. In questo tempo così breve, e intenso, lontano ancora dai rigori del gelo e dalle nebbie padane,  questo tempo che in effetti  è ancora quasi estate.

Tornasse settembre, sarei  a respirare fino in fondo ogni respiro nella stagione di mezzo, i profumi della menta e della lavanda,  gli odori, di muschi e di resine, e sovrapporre  colori, suoni, in delicate sinestesie di pioggia e di musica.  Essere terra nella terra, e vita, e morte e ancora vita che rinasce nella  terra.  Restare cosi, imperturbabile  sotto le prime piogge,  sotto le foglie, come la terra. Sentire , immobile, tutto questo in una percezione  simultanea e olistica.  Ma anche vivere  ogni istante, uno accanto  all’altro, ciascuno come qualcosa di unico, e di ultimo. Nuvole di storni in rapide successioni gestaltiche, un abbraccio immateriale, quasi  struggente.  L’ultimo bacio, una  sintesi perfetta di amore e di morte. Il bacio di Klimt.

Settembre, con un senso leggero di apertura,  con il suo bastimento carico di memorie  e di proiezioni future. Così simile all’ultimo giorno dell’anno, quando se ne affaccia sempre uno nuovo,  e sempre  migliore di tutti gli anni passati.  Il prossimo, assolutamente imprevedibile , ma anche il più amato, perchè stracolmo di aspettative. Un sogno che esprime la nostra passione di prefigurare scenari nuovi,  spezzare dinamiche consuete, fatte di rituali prescrittivi, schematismi malati di una ossessiva, inconsapevole, coazione a ripetere.

Settembre è questa leggerezza, carica di opportunità.  Terra di mezzo, come in un’attesa.  E’ il ritmo binario di un pendolo,  che invita  ora alla consistenza rassicurante della terra, ora, con un’attrazione irresistibile, verso quanto ci assomiglia  in senso più profondo, così simile al mare,  fluido, aperto, possibile, mai definitivo.  Esemplifica perfettamente l’oscillazione continua, fra le tassonomie di status e ruoli assunti come dati e una dimensione pre-sociale, originaria e creativa. Fra le determinazioni rigide delle oggettivazioni sociali,  con i loro linguaggi recitati quotidianamente in una modalità aproblematica, non riflessiva, e il soffio inespresso di quanto sfugge, per propria natura, a qualsiasi denominazione.  E proprio in questa sospensione  continua, fra identità e non identità,  si compie il  gioco delle esistenze, che non ha soluzione mai,  due movimenti di uno stesso volo.  Le radici e le ali.

Scultura volo frenato

Figura 69 – Volo frenato

Riferimenti letterari

G.Leopardi,
Dialogo di un venditore di almanacchi e di un  passeggere                                                                                    

G.D’annunzio,
I pastori
G.D’annunzio,
La pioggia nel pineto
C.Boudelaire,
Correspondences

Le canzoni
F.Guccini,
Canzone delle domande consuete
F.Guccini,
Canzone dei dodici mesi                                                                                                                      A.Salerno, D.Dattoli,
Io vagabondo (Nomadi)
De Andrè, Canzone per l’estate
F.De Gregori,
L’inifinito

La scultura di U.Trubbiani,Volo frenato (collocata presso l’ingresso del Castello di Falconara Alta)

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