Perché così tanti morti nel nord Italia?

L’ottimismo che viene dalla conoscenza
Guido Silvestri

Guido Silvestri si è laureato presso la Facoltà di medicina di Ancona ed ha iniziato il suo percorso di  medico e ricercatore prima in Clinica medica poi in Immunologia Clinica. Trasferitosi negli Stati Uniti si è affermato ben presto come Immunologo e Virologo di Rappresentazione COVID-19livello internazionale. Dirige ora un importante Dipartimento universitario di Patologia e Medicina di laboratorio presso la Emory University di Atlanta, e la Divisione di Microbiologia ed Immunologia del Yerkes National Primate Research Center. In questo suo scritto fornisce più risposte al quesito espresso nel titolo.

E’ una domanda che ci poniamo in tantissimi, in Italia, negli USA e penso in tutto il mondo. Siccome è una domanda importante, cercherò di inquadrarla in modo articolato in un post un po’ lungo — ma direi che di tempo per leggere, di questi tempi, ce n’è fin troppo…

PREMESSA: da diversi giorni la mortalità per COVID-19 è altissima in Italia, ed è quasi completamente concentrata nel Nord e Centro-Nord. Infatti al 21 marzo ci sono “solo” 145 decessi, pari al 3.0% del totale, nelle regioni dal Lazio (compreso) in giù, nonostante queste comprendano il ~45% della popolazione italiana.

Ma la mortalità nel Nord Italia è alta non solo in termini assoluti ma anche come indice crudo di letalita’, calcolato come rapporto tra decessi e numero totale dei casi confermati. Questo indice è del 9.0% in Italia ma in Lombardia è addirittura del 12.3%. Da notare anche che da Roma in giù la letalità è “solo” del 3.2%. La Lombardia raccoglie oltre il 64% dei decessi italiani per COVID-19 nonostante rappresenti solo il 16.7% della popolazione italiana.

Per mettere questi numeri in prospettiva vediamo come questo indice di letalità si comporta in altri paesi colpiti da COVID-19 (calcolato su dati dal CSSE della Johns Hopkins University, in ordine decrescente):

Iran 7.5% Spagna 5.4% UK 4.4% Cina 3.7% Francia 3.6% Olanda 3.5% Giappone 3.4% Belgio 2.4% Grecia 2.0% USA 1.32% South Korea 1.16% Canada 1.1% Svizzera 0.95% Brazil/Chile/Argentina 0.89% Australia 0.65% Paesi scandinavi 0.63% Singapore 0.46% Germania 0.35% Malaysia 0.34% Austria 0.26% Gulf countries (SA-Kuw-Qat-Bah-UAE) 0.21%

Per quanto questi dati siano in certi casi da prendere con le molle (Cina, Iran, etc), il trend sembra molto chiaro. Nei prossimi punti proverò ad analizzare alcune possibili ragioni per spiegare il grande numero di morti nel Nord Italia. Avverto subito che questo post contiene più domande che risposte, cercando di ragionare insieme su un dato che è al contempo importante, sorprendente ed allarmante.

  1. PRESENZA DI MOLTE INFEZIONI NON DIAGNOSTICATE. In altre parole, è possibile che il vero “denominatore” nel calcolo della letalità sia molto più grande. Per esempio, i casi di infezione da SARS-CoV-2 in Lombardia potrebbero essere dieci volte di più di quelli confermati, cioè 255.000 anziché 25.500 casi. In questo caso, ovviamente, la letalità “reale” sarebbe del 1.23% anziché del 12.3%, quindi nella media degli altri paesi. Anche se la possibilità è reale, appare difficile fare paragoni. Per esempio, anche qui negli USA stimiamo che gli infettati siano molti più di quelli confermati, considerando che stiamo facendo ancora pochi tamponi. Temo che su questo punto si potrà fare chiarezza solo con indagini virologiche e/o sierologiche a tappeto. CONCLUSIONE: motivo plausibile, ma che al momento non si può confermare.
  1. ERRONEA ATTRIBUZIONE DI DECESSI A COVID-19. E’ il ragionamento secondo cui ci sarebbero molte morti “con” SARS-CoV-2 e non “per” SARS-CoV-2. Al di là della sottigliezza grammaticale e del fatto che le cause di morte non sono sempre in bianco e nero (come sa bene chi fa il nostro mestiere), non sono a conoscenza di dati che possano indicare che le morti da COVID-19 siano contate diversamente in Italia da altri paesi. CONCLUSIONE: motivo poco plausibile.
  1. STATO PIU’ AVANZATO DELLA PANDEMIA. Secondo questo ragionamento in Italia ci sarebbero più casi gravi perché la pandemia ha avuto una durata più lunga (in altre parole: è partita prima). L’argomento, avanzato da Yashka Mounk della JHU in realtà è debole perché altre pandemie (Cina, Korea, Giappone, etc) sono iniziate prima dell’Italia e non c’è al momento ragione di pensare che con il passare del tempo il numero di casi gravi aumenti in modo notevole. Semmai, i dati cinesi suggeriscono che la mortalità tende a scendere col progredire della pandemia, probabilmente perché i medici “imparano” a gestire meglio i casi più gravi. CONCLUSIONE: motivo poco plausibile.
  1. FATTORI AMBIENTALI: TEMPERATURA & UMIDITA’. Questo potrebbe spiegare in parte le differenze tra Nord e Sud Italia, come le differenze con altre regioni “calde” del globo (America Latina, Golfo, Sud-Est Asiatico, Australia). Non si spiegano però le differenze con paesi “freddi” come Canada e Scandinavia. CONCLUSIONE: motivo poco plausibile come causa “unica”, ma plausibile come co-fattore.
  1. FATTORI AMBIENTALI: INQUINAMENTO AMBIENTALE. L’ipotesi appare in uno studio della Società italiana di Medicina Ambientale (SIMA) a firma di L. Setti dell’Università di Bologna e G. de Gennaro dell’Università di Bari. L’ipotesi può essere interessante in teoria, ma i dati sono correlativi e non è chiaro se ci sia un nesso di causa-effetto. CONCLUSIONE: motivo al momento poco plausibile, meriterebbe più studi.
  1. ETA’ AVANZATA DELLA POPOLAZIONE. E’ noto come l’Italia sia un paese con molti anziani ed è altrettanto noto che gli anziani sono ad alto rischio di mortalità da COVID-19. L’ipotesi potrebbe spiegare differenze di mortalità con paesi “giovani” ma, ovviamente, non con paesi di simile composizione anagrafica (i.e., Giappone o Francia). CONCLUSIONE: motivo poco plausibile come causa “unica”, ma plausibile come co-fattore.
  1. ASPETTI SOCIALI. Si parla molto del fatto che i “nonni” italiani siano più a contatto dei giovani che in altri paesi, e per questo sarebbero più a rischio di infezione (e quindi di mortalità che, come noto, è alta negli anziani). L’ipotesi è interessante, ma dovrà essere confermata con studi virologici e/o sierologici che dimostrino come in Italia la percentuale di anziani infettati sia più alta che in altri paesi. CONCLUSIONE: motivo non implausibile che meriterebbe più studi.
  1. SOVRACCARICO DELLE STRUTTURE SANITARIE. Qui si ritorna al famoso grafico dello “tsunami” vs. “mareggiata” popolarizzato da Pier Luigi Lopalco. Secondo questo modello la presenza di un numero molto alto di casi concentrato in un breve lasso di tempo porta ad un sovraccarico del Servizio Sanitario che risulta in una impossibilità a curare i pazienti nel modo piu’ appropriato per carenza di personale, letti, apparecchiature, etc, causando così una più alta mortalità. CONCLUSIONE: motivo plausibile che merita studi epidemiologici approfonditi.
  1. MUTAZIONI GENETICHE DEL VIRUS. E’ una ipotesi, o meglio, una speculazione, avanzata senza alcun dato virologico di supporto. CONCLUSIONE: motivo implausibile sulla base dei dati attualmente disponibili.

MORALE DELLA FAVOLA: Al momento NON sappiamo perché la letalità “cruda” da COVID-19 sia così alta nel Nord Italia.

Questo NON deve scoraggiarci perché la scienza parte sempre dall’ignoranza – cioè dal riconoscere le cose che non si sanno, per poi avanzare delle ipotesi che possano spiegare il fenomeno e quindi programmare esperimenti o studi che possano testare queste ipotesi.

Dal PUNTO DI VISTA PRATICO, cosa si può fare oggi per ridurre sia la mortalità che la letalità da COVID-19 in Italia?

Partirei da due cose semplici: ridurre il numero dei nuovi contagi, in modo sia generale (isolamento) che mirato (contact tracking), e gestire in modo ottimale le persone che si presentano con malattia respiratoria grave da COVID-19. Quest’ultimo aspetto passa, necessariamente, per il potenziamento e la “preparazione” delle strutture sanitarie – due punti la cui importanza non mi stancherò mai di sottolineare.

INSIEME CE LA FAREMO!

Guido Silvestri, M.D.
Professor & Chair
Department of Pathology and Laboratory Medicine
Emory University School of Medicine
Atlanta, GA 30329
gsilves@emory.edu

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