Sociologia e postpandemia (2) PROPOSTE PER UNA RIFORMA DELLA SOCIETA’

di Alberto Pellegrino

Alberto Pellegrino

Nel precedente articolo abbiamo fatto riferimento alle 15 Lezioni del Coronavirus del sociologo Edgar Morin, per analizzare la situazione determinata da alcuni sconvolgimenti sociali nel corso della lunga e drammatica pandemia che provocato una grave situazione sanitaria e socio-economica con un aumento delle disuguaglianze, un preoccupante innalzamento della soglia di povertà, una crescita della disoccupazione (in particolare femminile), un aumento di quei lavoratori “poveri” destinati a svolgere un lavoro precario, malpagato e privo di diritti. Si deve inoltre registrare un allentamento dei legami sociali ed esiste il rischio reale, con la crisi della democrazia e dei partiti tradizionali, che la scena politica finisca per essere dominata da sovranismi e populismi di vario genere.

Sono in molti a sostenere che da questa pandemia uscirà un nuova società, ma sorge il dubbio che questa continua esibizione di rinnovamento sia soltanto la copertura per un ritorno a un passato nascosto dietro un riformismo tecnologico ed economicistico di tipo neoliberista basato sulla competizione sfrenata, sullo sfruttamento irrazionale delle risorse naturali e umane, su una “meritocrazia” che cristallizza le disuguaglianze a danno della mobilità sociale e degli strati più poveri della società.

Ripartiamo allora dai progetti e dalle riforme che Edgar Morin propone di “cambiare strada”, partendo dalla cura della natura e dell’ambiente, la difesa dei diritti sociali e civili, l’introduzione di una democrazia più partecipata, una più equa distribuzione della ricchezza e un più facile accesso ai beni comuni, un’economia socialmente orientata dove il mercato sia controllato da regole comuni e non sia il gestore del potere.

Al pensiero del grande sociologo francese suggeriamo di affiancare, come ulteriore approfondimento, la lettura dell’ultima enciclica sociale di papa Francesco Fratelli tutti, la quale propone un rinnovamento totale della nostra società nel segno di una universale fraternità: “”Nessuno può affrontare la vita in modo isolato […] C’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti[…] Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è, i sogni si costruiscono insieme. Sogniamo come un’unica umanità, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni”.

Il pensiero profetico di Dahrendorf e Bauman

Alla fine degli Novanta il sociologo liberale Ralf Dahrendorf denunciava già i pericoli che si stavano addensando sul mondo occidentale, che aveva a fino goduto fino a quel moimento di un periodo di prosperità, affermando che i paesi più ricchi “in un’economia mondiale in crescita dovranno prendere misure destinate a danneggiare irreparabilmente la coesione delle rispettive società civili” (Quadrare il cerchio, 1995). Per questo invitava a progettare nuove forme di comunità, a ricostruire i legami sociali per impedire alla società di disgregarsi sotto la minaccia di fenomeni di cui nessuno avrebbe avuto il controllo.
Alle soglie del Duemila il grande sociologo Zygmunt Bauman da un lato prendeva atto del crescente desiderio di comunità presente nella società post-moderna, dall’altro metteva in guardia di fronte alle false sicurezze e ai processi di disgregazione individualistica messi in atto dai meccanismi della globalizzazione (Voglia di comunità, 2001). Si stavano allora aprendo nuovi orizzonti di comunicazione, di conoscenza, di partecipazione attraverso la Rete, ma aumentava l’allentamento di quelle relazioni sociali necessarie in un mondo globalizzato, dove si ampliando le possibilità del sapere ma diminuivano quelle tangibili certezze che rendono più stabile una società, dove si stava allargando il divario tra le nuove e le vecchie generazioni meno assuefatte alla rapidità dei cambiamenti in atto. Ancora Bauman metteva in guardia sulla crisi della vita comunitaria, sulla fluidità del senso di appartenenza con il conseguente “raffreddamento” della capacità d’individuare nuovi obiettivi e ideali, mentre si cominciava ad avvertire la tendenza a disgregarsi e a riaggregarsi, di confluire e di defluire, per cui le cui le forme di aggregazione più diffuse cominciavano a essere indirizzate a fare squadra per progetti a termine alternativi al nostro personale impianto di valori e desiderio di libertà. Si assisteva pertanto alla conseguenza negativa di una continua mobilità che rendeva sempre più difficile la possibilità di produrre in profondità conoscenza e riflessione, la capacità di trovare le modalità per una trasformazione della realtà sociale capace di stabilire il collegamento con un contesto relazionale più ampio e più stabile (La modernità liquida, 2002).
Una riflessione su queste considerazioni fatte in un recente passato, impone oggi un ripensamento sul modo di ricostruire le comunità e le reti d’interazione sociale, sulle possibilità di ripensare nuove forme di governo e di gestione del potere, sul radicale rinnovamento di corpi sociali intermedi come le organizzazioni internazionali, i partiti, i sindacati, le associazioni sociali e culturali, tutti segnati da una crisi provocata dall’allentamento dei principali legami sociali.

La nuova via proposta da Edgar Morin
Secondo il sociologo francese, di fronte a un mondo in rapida trasformazione, occorre individuare una “Via politica-ecologica-economica-sociale” capace di dare nuova linfa vitale alla politica, di umanizzare la società e di far nascere un umanesimo rigenerato. Nel quadro di una globalizzazione non più limitata al solo progresso tecnico-economico, ma più umanizzata e solidale, sarebbe allora possibile provvedere a una nuova politica alimentare e sanitaria che elimini sprechi e disuguaglianze, alla tutela ambientale dei territori, a una rinascita dell’agricoltura alimentare a chilometro zero, al rilancio del piccolo commercio e dell’artigianato. Si tratta di arrivare a una “economia di vita” di tipo solidale, capace di soddisfare i bisogni essenziali (educazione, salute, fornitura di prodotti di prima necessità, organizzazione urbana in funzione dell’uomo, ecc.) in comunità interdipendenti all’interno  di una globalizzazione umanizzata e caratterizzata da uno sviluppo che presupponga convivialità e comprensione degli altri, una decrescita controllata basata sulla limitazione dei prodotti superflui e degli oggetti “usa e getta”, sulla restrizione del traporto su gomma e di quello areo, su una solidarietà concreta e vissuta da persona a persona, da gruppo a gruppo e capace di ridurre le disuguaglianze.

La riforma della politica
Un rinnovamento dell’azione politica dello Stato dovrebbe passare attraverso una democrazia partecipativa da affiancare alla democrazia parlamentare, per essere in grado di produrre “un risveglio dei cittadini attraverso la presa di coscienza dei problemi vitali in gioco”, per coniugare globalizzazione e de-globalizzazione, crescita e decrescita controllata. Il rinnovamento dello Stato si dovrebbe basare per prima cosa sulla riforma della pubblica amministrazione, riducendo la burocrazia e la centralizzazione, affidandosi a pluricompetenze assicurate da adeguati processi formativi. Ogni progetto riformista dovrebbe prevedere una rifondazione del pensiero riformatore fondato sui tre principi di libertà, uguaglianza e fraternità, che sono alla base di ogni politica repubblicana e democratica capace di coniugare la tradizione socialista (basata sullo sviluppo della solidarietà e il rifiuto del dominio del profitto), la tradizione libertaria (basata sull’autonomia e la piena realizzazione dell’individuo), la tradizione comunista (basata sulla costruzione dell’uguaglianza nelle relazioni umane), la tradizione ecologista che deve dare nutrimento a ogni azione politica. E’ indispensabile la riscoperta di un’etica personale collegata a un’etica sociale per rigenerare il senso civico e quindi la democrazia, per combattere la deresponsabilizzazione e l’individualismo esasperato che sfociano nell’atomizzazione della società e nell’egocentrismo. Da questo discende una “politica dell’umanità” che sia in grado di promuovere la consapevolezza di appartenere alla comunità umana secondo un umanesimo “rigenerato” che rifiuti la “divinizzazione” dell’uomo per riconoscere sia la nostra animalità e il nostro legame con la natura, sia la nostra specificità spirituale e culturale. Secondo l’insegnamento di Pascal, Morin dice che “l’uomo è al tempo stesso sapiens e demens, faber e mythologicus, oeconomicus e ludens, in altri termini Homo complexus”. Per questo è necessario fondare un umanesimo planetario basato sulla conoscenza e sulla ragione in una permanente dialettica tra razionalità e passione, tra unità e diversità, tra realismo e utopia.

La riforma dell’economia
Bisogna ripartire da una limitazione del potere delle oligarchie economiche che, guidate dal credo neoliberista, sono in grado di orientare le decisioni degli Stati, di favorire la crescita della “società dei consumi”, condizionando le scelte dei cittadini. A questo è collegata una nuova dell’organizzazione aziendale che prevede al passaggio dall’impresa “caserma” a un’impresa umanizzata capace di migliorare le condizioni di vita dei lavoratori e di conseguenza permettere un migliore livello di produttività.
La globalizzazione ha comportato uno sviluppo delle produzioni, degli scambi, delle comunicazioni, privilegia il calcolo d’interesse a danno della solidarietà, comportando sprechi e forme di degrado ambientale, una crescita ininterrotta dei bisogni, uno sviluppo tecnologico che dovrebbe tradursi in un benessere esistenziale e non solo materiale, mentre spesso applica agli uomini la logica delle macchine con un deterioramento della qualità della vita. Bisogna uscire da un sistema capitalistico neoliberista che ha come unico motore il mercato e che pretende una totale autoregolamentazione con il conseguente esautoramento dell’etica e della politica, l’incremento delle disuguaglianze sociali, la crisi del welfare, l’impoverimento delle classi medie, l’uso incontrollato delle risorse ambientali, l’inquinamento di beni fondamentali per la vita come l’aria e l’acqua.
“La politica – dice papa Francesco – non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia […] non si può giustificare un’economia senza politica, che sarebbe incapace di propiziare un’altra logica in grado di governare i vari aspetti della crisi attuale”.

La qualità della vita e il diritto alla salute

Morin sostiene la necessità di innalzare la qualità della vita attraverso sostanziali riforme riguardanti non solo l’economia ma anche i diritti civili e la sanità pubblica per “sostituire all’egemonia della quantità l’egemonia della qualità, all’ossessione del più l’ossessione del meglio”. Papa Francesco nella sua enciclica auspica che la pandemia non sia stata “l’ennesimo grave evento storico di cui non siamo stati capaci di imparare. Che non ci dimentichiamo degli anziani morti per mancanza di respiratori, in parte come effetto di sistemi sanitari smantellati anno dopo anno”. La pandemia ha messo in evidenza i limiti e i punti critici del servizio sanitario nazionale causati dal taglio indiscriminato dei finanziamenti e dalle privatizzazioni degli ultimi trent’anni, dalla riduzione del numero dei medici e degli infermieri, dal ridimensionamento dei numero di posti letto negli ospedali (soprattutto quelli di terapia intensiva), dalla chiusura di molti ospedali che costituivano un presidio sanitario sul territorio con il conseguente sovraffollamento delle restanti strutture ospedaliere e un  deterioramento della qualità dei servizi erogati. Nonostante nessuno voglia ora assumersi la responsabilità di quanto accaduto, risulta chiara la miopia della classe politica che ha scelto di applicare criteri di gestione privatistica alla sanità pubblica, considerando gli ospedali e le altre strutture sanitarie alla pari di aziende private legate alla produttività e la profitto, senza tenere conto che il Sistema Sanitario Nazionale continua a rappresentare il migliore modello di sanità universalista capace di tutelate la salute di tutti indipendentemente dal ceto sociale di appartenenza e dal reddito. Negli ultimi decenni, man mano che la sanità non è più stata al centro dell’agenda politica dei governi, si è dato un spazio sempre più ampio al settore privato che, di fronte alla crescente domanda di assistenza da parte della popolazione, ha capito che il “mercato della salute” avrebbe garantito sicuri profitti anche perché sostento da sostanziosi finanziamenti pubblici. E’ nata così una nuova industria sanitaria che deve però rispondere alle aspettative degli investitori azionisti, ma salute e mercato non sempre vanno d’accordo per la semplice ragione che un’azienda privata tende per sua natura ad aumentare il profitto, a selezionare la clientela pagante sulla base del reddito. Al contrario il servizio pubblico non può permettersi di scegliere chi e che cosa curare; deve occuparsi di tutto e di tutti senza preoccuparsi del pareggio di bilancio, evitando naturalmente perdite causate da incompetenze gestionali, sprechi, clientelismo e corruzione. Solo una sanità nazionale pubblica ha la capacità di soddisfare le istanze della società, di rendere più equo e bilanciato il servizio sanitario nell’attuazione del principio enunciato nell’articolo 32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Per fare questo è indispensabile e urgente destinare maggiori risorse finanziari e umane al servizio nazionale; riordinare l’intero sistema per migliorare la qualità e l’efficienza dei servizi con una riduzione degli eccessivi compiti affidati alle Regioni; potenziare il ruolo delle università e della ricerca. Allora che cosa fare del settore privato cresciuto di dimensioni e d’importanza tanto da essere di fatto irreversibile? Non si può certamente sopprimerlo anche perché l’articolo 41 della Costituzione dice che “l’iniziativa privata è libera”, ma bisogna anche ricordare che il testo aggiunge che “Non si può svolgere in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. La sanità privata non va pertanto né combattuta né ostacolata, purché rimanga effettivamente privata, cioè finanziata da chi ha la possibilità di pagare di tasca propria le prestazioni e ha quindi la possibilità di scegliere il servizio privato, purché esso sia in grado di autofinanziarsi come qualsiasi altra azienda senza gravare sulla fiscalità collettiva, ottenendo di essere accreditato e sovvenzionato solo nei casi in cui il servizio pubblico sia palesemente carente in determinati settori e territori.

Una politica della Terra
E’ ormai appurato che la scienza da sola non è sufficiente a cambiare il nostro atteggiamento verso il pianeta, ma appare necessario stabilire un nuovo rapporto etico con la natura. Nel monumentale studio Economia della biodiversità, redatto da vari specialisti coordinati dal prof. Partha Dasgupta della Cambridge University, sono stati messi a fuoco alcuni punti fondamentali sullo stato del pianeta:

  1. Le nostre economie dipendono dal prezioso patrimonio della natura, che assicura acqua, ossigeno, cibo, smaltimento dei rifiuti, assorbimento di anidrite carbonica, per cui essa rappresenta un valore pari al capitale economico e la capitale umano.
  2. L’umanità ha sbagliato nel valutare la sostenibilità delle ricchezze che offre la natura, per cui le attuali richieste di risorse e di beni superano di molto le capacità di fornitura del pianeta.
  3. Si compromettono in questo modo le nostre attuali prospettive e quelle delle generazioni future: molti ecosistemi sono ormai perduti; altri sono sul punto di scomparire, per cui bisogna intervenire subito per evitare danni irreversibili all’intero patrimonio naturale.
  4. In economia è’ necessario assumere diversi sistemi di valutazione, che tengano conto dei benefici ricavabili dagli investimenti sulle risorse naturali, dalla gestione delle aree protette, dall’attuazione di strategie che scoraggino la produzione e il consumo dannosi per l’ambiente.

L’adozione di una green economy richiede la consapevolezza che le economie sono integrate alla natura non sono esterne ad essa, per cui si rendono necessarie l’eliminazione delle fonti di energia inquinanti, l’introduzione di nuove tecniche per il disinquinamento e il riassetto delle città, la  depurazione e la rivitalizzazione dei suoli agricoli; la sostituzione di materiali inquinanti con altri biodegradabili; la distruzione dei rifiuti tossici industriali e il riciclaggio dei rifiuti utilizzabili per un’economia circolare; la formazione di una cultura per una sana alimentazione e igiene personale. E’ altrettanto importante la formazione di una coscienza planetaria che renda chiaro il concetto di Terra-patria insieme alla consapevolezza che su questa “patria” vivono i minuscoli abitanti di un minuscolo pianeta sperduto nell’universo, ma che esso è l’unico mondo in nostro possesso, la sola casa comune a cui è legata l’esistenza dell’intera umanità.   Una rinascita della natura parte dalla consapevolezza di alcune fondamentali idee:

  1. Lo sviluppo tecnico-economico non può determinare il progressivo degrado della biosfera.
  2. Per arrivare a questo traguardo, è necessario procedere a una progressiva riduzione delle energie inquinanti che vanno sostituite da fonti energetiche naturali e rinnovabili.
  3. Bisogna ricostruire una biodiversità planetaria, sia essa animale, vegetale e agricola.
  4. E’ indispensabile acquisire la consapevolezza che l’acqua è un bene vitale che viene messo continuamente in pericolo da siccità endemiche e dal riscaldamento climatico. Si deve inoltre considerare che l’acqua è un bene geopolitico la cui scarsità può scatenare tensioni e conflitti. E’ urgente pertanto adottare una politica mondiale delle acque che limiti i consumi superflui, l’inquinamento delle falde, che proceda alla bonifica dei mari, dei laghi e dei fiumi inquinati dai liquami tossici e dalle materie plastiche non-biodegradabili.

Scrive Pascal: “Noi corriamo senza preoccuparci verso il precipizio, dopo esserci messi qualcosa davanti agli occhi per evitare di vederlo”. Per questo è necessaria una presa di coscienza circa la gravità della situazione, ma nello stesso tempo è opportuno lasciare ampi spazi alla speranza sulla base di quattro fondamentali principi:

  1. Il sorgere dell’imponderabile è stato un principio costantemente presente nella storia dell’umanità.
  2. L’umanità racchiude in sé una forte capacità di rigenerazione, perché possiede delle qualità generatrici/rigeneratrici che possono influire positivamente sulla crisi planetaria, favorendo il confronto/scontro tra forze generatrici e creatrici contro forze regressive e distruttive.
  3. Nel corso della sua storia l’umanità, quando avverte la presenza di un crescente pericolo, riesce a trovare quelle soluzioni che possono salvarla.
  4. L’umanità ha mostrato una millenaria aspirazione un’altra vita e a un mondo migliore, la quale è stata alimentata dalle religioni e dall’ideologia libertaria/socialista/comunista; queste aspirazioni oggi si manifestano in modo molteplice e dispersivo, ma esse potrebbero convergere per alimentare quella Via politica, ecologica, economica e sociale di cui si è parlato all’inizio.

“La speranza – dice Edgar Morin – non è una certezza, comporta la coscienza dei pericoli e delle minacce, ma ci fa prendere posizione e lanciare la scommessa […] La storia con le sue grandezze, i suoi crimini, le sue schiavitù, i suoi imperi che regnano e decadono, è essa stessa un’avventura formidabile fatta di creazioni e distruzioni, di miserie e di fortune […] Viviamo questa avventura incredibile, con le sue possibilità scientifiche al tempo stesso meravigliose e terrificanti. Penso che l’umanesimo, quindi, non sia soltanto il sentimento di una comunione umana, di una solidarietà umana; è anche il sentimento di essere all’interno di questa avventura sconosciuta e incredibile, e di sperare che continui verso una metamorfosi, da cui nascerà un nuovo avvenire”.

 

 

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