La cura

Che cos’è questo viaggio?  Questo  ritmo regolare, come una risacca, qualcosa che scivola, e consuma, mentre la vita scorre da dietro i finestrini. Un treno che attraversa la notte.

Questo viaggio, e questo scherzo di luce, che c’era e non c’era, qualcosa di sottile.

Dormire, sognare, svegliarsi forse, tornare a sognare.  Soprattutto amare, correre, continuare a correre…

E ancora questa luce, e insieme, un senso di vertigine.

Siamo qui, dentro un sistema ipercomplesso di circuiti e processi biochimici, necessariamente legati ad ogni singola pulsazione, a ogni respiro, e a tutti gli accidenti di questa materia fragile, esposta ai rischi e alle determinazioni di processi degenerativi.

Un mistero che oscilla tra l’anima e la macchina.

E intanto il treno prosegue il suo viaggio, un lampo nella notte. C’è bisogno di cura, una cura continua, per la vita e per le cose.

Innanzitutto la vita.

Marta, Marta, tu t’inquieti e ti affanni per molte cose, ma una sola è necessaria: Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta” (Lc. 10, 42-43).

La cura è come sospendere il tempo, pausa di silenzio in mezzo alla risacca, in questo ritmo regolare che oscilla fra l’eros e la morte.

Fermarsi a contemplare il fascino decadente della senilità, quando non c’è più spazio per grandi progetti, o per nuovi amori, qualcosa di leggero, una spiaggia in autunno.

O sfiorare, anche solo con lo sguardo, una vita che si affaccia alla vita, con lo stupore e la maxima reverenzia che si riservano alle cose più grandi.

La cura è pesante, difficile quasi come volare (Mogol-Battisti).

Il lavoro di cura in una famiglia è pensare tutti i giorni per tutti coloro che ne fanno parte. La preparazione di un pasto non è un marito che cucina di tanto in tanto, ma è uscire per la spesa (un lusso riservato all’opulenza occidentale), cercando di accordare budget e qualità, tornare a casa con le buste pesanti (magari anche salendo varie rampe di scale, magari ogni tanto se ne rompe una), con le lancette degli orologi che girano a ritmi vertiginosi, sistemare quello che si è comperato, programmare il pranzo e la cena  (e magari anche per il giorno dopo), cucinare cose diverse, quattro fornelli accesi, apparecchiare, radunare tutti e conciliare esigenze diversissime di tempi e di gusti, poi sparecchiare, spazzare, sistemare gli avanzi perchè vada sprecato il meno possibile, lavare piatti, pentole e posate, riporre “ogni cosa al suo posto” (Aristotele). Tutto questo applicato anche ai vestiti e alla biancheria di tutta la famiglia, ai letti e agli armadi, alle pulizie delle stanze e del bagno, alla cura delle persone, bambini, anziani e inabili (fisicamente o per condizionamento culturale).  Tutto questo tutti i giorni, ventiquattro ore su ventiquattro, soprattutto nelle festività.

Per non dire delle incombenze burocratiche, vaccinazioni e iscrizioni dei figli, tasse e imposte, bollette varie, assicurazioni e rate del mutuo, file interminabili agli uffici postali o nelle anticamere degli ambulatori.

Questo è il lavoro di cura in una famiglia, qualcosa di pesante, che assorbe totalmente, e alla fine spegne e svuota di energie. Un tempo assegnato ad una figura precisa che attendeva a tutto questo, chiusa nel burka delle pareti domestiche ed elevata al ruolo di angelo. C’era una volta la famiglia,  oggi rimane un’istituzione zombie (Bauman, 2002, p.XI), assolutamente incapace di assumersi il carico, il peso della cura.

C’è la cura per l’altro, reciproca, come un dono.

“Se dunque vi ho lavato i piedi io, Signore e Maestro, dovete anche voi lavarvi i piedi l’un l’altro” (Gv. 13,14).

E la cura di sé. Che è presupposto per riconoscere il senso della dignità umana. Nei ghetti, antichi e odierni, nei campi di sterminio e ovunque siano radunati i devianti e gli esclusi di ogni genere, non c’è comunità, né onore, proprio perché ciascuno rimanda un’immagine degradata, spregevole agli occhi dell’altro (Bauman, 2003, pp.118-119).

È proprio vero che lentamente muore chi non trova grazia in se stesso (Martha Medeiros), a poco a poco, goccia dopo goccia, quasi senza accorgersene.

La cura è incontro e narrazione e, con essi, nascita e rinascita di immaginari che si definiscono di volta in volta.  E’ un raccontarsi reciproco di storie, che a volte sembrano attraversare specchi trasparenti, in realtà è impossibile non restarne contaminati. Ciascuno racconta la propria storia, nessuno può dirsi estraneo rispetto alla fragilità, al rischio di  processi patologici e degenerativi, alla paura. Siamo tutti nella stessa stanza degli specchi (Lombardi Satriani, pp.32-33).

La cura  è “terapia” nella sua accezione più strettamente etimologica di “porsi al servizio di”, “porgere la mano”, e anche “prendere per mano”, diversamente da un approccio basato unicamente sull’informazione, che “rinuncia alla mano”, alla curiosità empatica di chi si porta all’orecchio una conchiglia (Donini, 2002, p.178 e ss. e II di copertina).  “Oggi la relazione del produrre con il corpo umano è largamente superata. La mano ha perso il suo ruolo dominante” (Popitz, p.57).

Cosa si intende per salute? La salute è insieme uno stato e un processo costruttivo, una condizione intima di benessere che risponde ad una normatività forte, le cui radici risiedono nella vita stessa.

La  quale trova in ogni individuo che “incontra” la propria forma, ogni volta diversa, specifica, ogni volta adatta. Salute vuol dire essere fedele, da parte di ogni forma di vita, alla propria Gestalt più profonda e alla propria storia.

Che cos’è la medicina? La medicina scientifica occidentale è un paradigma, fedele a quella che Freud (attribuendola alla sua psicoanalisi) chiamava Weltanschauung della scienza, cui oggi le epistemologie del Novecento associano dubbi e riconoscono limiti umani.

Visita a una mano

Figura 31 – La cura

Ma la medicina è anche parte di un sistema sociale, asettico e impersonale, ma non per questo immune da ideologia, che tende sempre più a colonizzare il mondo vitale, imponendo attraverso i suoi media (denaro, potere) la propria logica estranea all’umano, assolutamente vuota di valori (Habermas, pp.972 e ss.).

La medicina dunque come scienza e come epressione di dominio, anche se la domanda di salute è a lei che si rivolge, dai casi più futili, spesso socialmente indotti, a quelli che hanno a che fare con le Grenzsituationen (situazioni limite) della vita. È lei che, in ottemperanza ai canoni culturali vigenti, scandisce definizioni linguistiche, tempi e luoghi, protocolli, diete e percorsi burocratici; a lei si rivolge la vita e tuttavia la medicina dialoga coerentemente con il lessico dell’economia e del diritto, dell’organizzazione aziendale, della tecnica e della chimica. Per questo ci appare “muta” (Valdrè), quasi autoreferenziale, cosicchè il processo di cura e di eventuale guarigione risulta un percorso standardizzato, diretto dall’esterno, a cui il destinatario non è chiamato a partecipare, se non come semplice oggetto.

La clinica segna il passaggio dal Leib, corpo vivente, sede di una storia personale e depositario di un senso umano, al Korper, organismo, privato di significanza sociale, dunque escluso dallo scambio simbolico. “Paradossalmente, il paziente non è, rispetto a ciò di cui soffre, che un fatto esteriore: la lettura medica non deve prenderlo in considerazione che per metterlo tra parentesi” (Foucault, p.21).

A volte la cura è solo un mantello leggero, laddove la medicina scientifica ancora non arriva. Quando la vita finisce, allora più che mai c’è spazio per la cura, e di una terapia nel senso più propriamente etimologico di “accompagnare”.

Nell’aria dolce è volata un’ape. La formica in agonia avverte l’immensa sera e dice: “Ecco chi viene a portarmi su una stella”(F.Garcia Lorca).

La cura è proteggere qualcosa di prezioso, restare a guardare un figlio mentre dorme, e avere la certezza che non sia possibile invecchiare. E che non possano esistere armamenti atomici,  o campi di sterminio.  Che sempre e comunque “la vita è bella” (R.Benigni).

“Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via. Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai. Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore, dalle ossessioni delle tue manie. Supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare. E guarirai da tutte le malattie, perché sei un essere speciale, ed io avrò cura di te”.

La cura è come sospendere il tempo, pausa di silenzio in mezzo alla risacca, in questo ritmo regolare che oscilla fra l’eros e la morte.

Controllo medico della mano

Figura 33 – La cura
Figura 34

Ed è capacità di mettersi in ascolto e di sapere aspettare, è percorso lungo e personalizzato, come un iter educativo, secondo la migliore tradizione socratica.

La cura è innanzitutto nascita, esperienza di “venire alla luce”, “trarre fuori” orizzonti di senso dimenticati. Questo processo non può darsi attraverso tecniche standardizzate, ma solo individuando volta per volta “la natura dell’anima che si ha di fronte”, scoprendo “per ciascun aspetto di questa natura il tipo di discorso che gli è adatto” (Platone, Fedro 277 B).

E soprattutto in una prospettiva di lungo respiro, lontano dalla frenesia delle scadenze e del just in time, dettata dagli imperativi sociali di efficientismo a tutti i costi. E’ importante invece recuperare modalità e tempi a dimensione umana, il valore della lentezza.

“Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza. Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza. I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi, la bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi. Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto. Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono… …” 

La cura di Battiato, come un mantra, nelle mattine affaccendate per le cure domestiche, o sui tornanti che accarezzavano le colline verdi dell’Umbria.

In queste notti d’inverno, il ritmo leggero di Auld Lang Syne (Valzer delle candele). O i toni apocalittici del Lacrimosa dies illa, capolavoro assoluto di Wolfgang Amadeus Mozart.

C’è bisogno di cura, una cura continua, per la vita e per le cose. Innanzitutto la vita.

intreccio di dita

Figura 34 – La cura

 

BIBLIOGRAFIA (secondo un possibile ordine logico)

  • Mancini, Il silenzio, via verso la vita, Comunità di Bose, Magnano 2002
  • Habermas, Teoria dell’agire comunicativo (2 voll.), il Mulino, Bologna 1997
  • Popitz, Verso una società artificiale, Editori Riuniti, Roma 1996
  • Bauman, Modernità liquida, Laterza, Roma-Bari 2002
  • Bauman, Voglia di comunità, Laterza, Roma-Bari 2003
  • Bauman, Vite di scarto, Laterza, Roma-Bari 2007
  • M.Lombardi Satriani, La stanza degli specchi, Meltemi, Roma 1994
  • R.Rogers, La terapia incentrata sul cliente, Giunti Barbera, Firenze 1970
  • Platone, TeetetoFedro, in Opere (2 voll.), Laterza, Bari 1967
  • Piazzi, La ragazza e il Direttore, Angeli, Milano 1997
  • Stauder, La società devota, Quattroventi, Urbino 1996
  • Stauder, La memoria e l’attesa, Quattroventi, Urbino 1999
  • Manattini, P.Stauder (a cura di), Il silenzio per dirlo. Crisi della comunicazione sociale e ambiente umano, Quattroventi, Urbino 2000
  • Loiacono, Verso una nuova specie. Disagio diffuso, salute e comunità globale, Edistampa Nuova Specie, Foggia 2000
  • Donini, Come si ascolta una conchiglia. Il senso capovolto nella medicina moderna, Quattroventi, Urbino 2002
  • Donini, Complessità sociale, memoria e cellule. Nuove forme di creatività umana, Quattroventi, Urbino 2004
  • Freidson, La dominanza medica. Le basi sociali della malattia e delle istituzioni sanitarie, Angeli, Milano 2002
  • Swertz, Elementi di sociologia ospedaliera, Armando, Roma 1977
  • Foucault, Nascita della clinica. Il ruolo della medicina nella costituzione delle scienze umane, Einaludi, Torino 1969
  • Galimberti, Il corpo, Feltrinelli, Milano 2006
  • Valdrè, Medicina muta. La malattia tra oggettività e sentimento, Rusconi, Milano 1995
  • Colombo, P.Rebughini, La medicina contesa. Cure non convenzionali e pluralismo medico, Carocci, Roma 2006
  • Erba, La malattia e i suoi nomi, Meltemi, Roma 2007
  • Freud, Introduzione alla psicoanalisi. Prima e seconda serie di lezioni, Bollati Boringhieri, Torino 1995
  • Bonino, Il malato tra logica statistica e logica clinica, in Psicologia contemporanea n.147, Giunti, Firenze 1998
  • Pricoco, La salute dell’esserci come mistero dell’incontro con l’altro. La prassi clinica in pedagogia, in Giornale di Pedagogia n.3, 2006

 

Articoli da Lettere dalla Facoltà

  • Principato, M.Marinelli, I paradigmi della Medicina. Problematiche etiche di due modelli a confronto, n.3, 2007
  • Danieli, Ritorno al metodo clinico, n.7-8, 2005
  • Nardi, I.Capecci, Dai sintomi ai segni al significato nella scienza e nella pratica medica: Prima parte: Segni e Sintomi, n.3, 2006 – Sconda parte: Fare diagnosi, n.4, 2006
  • Borsetti, Il possibile contributo della psicoanalisi alla pratica medica. Parte prima, n.6-7, 2006

 

Si suggerisce, tra i tanti, il sito web http://www.camiciepigiami.org/

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