Si nasce. Senza che sia una scelta, senza un nome. Così come si muore. Da esprimere a volte in forma del tutto impersonale, per sopportarne la meraviglia, o il dolore. A volte senza che altri lo abbiano deciso, come un fatto.
Un processo che prende forma, cresce fino a giungere a maturazione, per poi esplodere, necessario e violento. “Un momento ineffabile, impalpabile… fragile, impercettibile…” (Leboyer).
Eppure nascere è anche il “trauma” di un salto nel vuoto, è come imparare a volare, l’istante preciso in cui manca la terra sotto i piedi, o ad andare in bicicletta la prima volta, c’è sempre uno stacco, la mano che ti lascia : ecco che sei da solo.
La vita è un gioco sottile, legato a un filo, che si spezza, al principio e alla fine, in mezzo c’è la nostra paura di attimi sospesi nel vuoto, anestetizzati nelle fenomenologie sociali di ogni giorno, eppure consapevoli. Chiamati a camminare su un ponte di vetro sottile, lentamente o correndo, con una danza, come equilibristi, senza via di uscita. Tutto questo è meraviglioso.
La vita è una gara ad ostacoli, basata sulla violenza e su un principio crudele di efficientismo, e insieme di ridondanza. Miliardi di miliardi di semi, spore, ovuli, spermatozoi, secrezioni ghiandolari che aspettano, schizzano, volano, nuotano, alla ricerca di un approdo, ogni specie ha elaborato strategie riproduttive proprie, le più diverse, le più adatte per sopravvivere, ogni individuo che si forma è testimone per un attimo di questo transito, ciascuno figlio di un incontro del tutto improbabile, uno tra infiniti possibili.
Eppure si nasce. Se niente o nessuno lo vieta, paure, debolezze o imperativi sociali, patologie o incidenti, se qualcuno viene in aiuto, o se non interviene alcunché di impeditivo, la vita continua, secondo natura e necessità.
Si nasce, senza che sia una scelta, senza un nome nè vestiti addosso, senza un ruolo. Ma umanamente tutto si definisce attraverso la mediazione di universi simbolici, anche le invarianti più strettamente naturali e biologiche, le fasi del ciclo della vita, la riproduzione, gli stati affettivi, la salute e la malattia, il nascere e il morire……
Cosicché ci sono figli impossibili, abortiti a volte ancora prima di poter essere concepiti, definizioni linguistiche e sociali di una vita, come se la vita avesse bisogno di mediazioni simboliche e di costruzioni sociali.
Non ci sono mai figli impossibili, la vita si spiega da sè, in una modalità autopoietica, ancor prima che possa essere detta. I bambini, i fiori nel deserto, nascono da soli, così come i funghi, senza averlo chiesto, senza i nostri linguaggi, semplicemente seguendo la logica della vita che è intrinseca a ogni sua forma, e sussiste propriamente in ogni forma che assume..
Non si nasce una sola volta . C’è una nascita biologica, il “trauma” primario, e poi c’è una nascita psicologica, che significa uscire da uno stato di indifferenziazione simbiotica, di “autoerotismo” o “narcisismo” (Freud), per attuare il processo di separazione dalla figura materna, seppure tra ambivalenze e incertezze reciproche (Mahler).
Ci sono figli che hanno paura di volare, o madri che li tengono per le ali, per paura che possano cadere, oppure per un semplice desiderio sessuale di fagocitare il proprio frutto.
“Devo spiegarti perché odio, perché detesto, perché aborro il tuo libro Lettera a un bambino mai nato. E perché mi nausea ascoltare ciò che stai sostenendo. Io non voglio sapere che cosa c’è dentro un ventre di donna. Io inorridisco a sapere che cosa c’è dentro un ventre di donna. Una volta anche mia madre tentò di spiegarmi che cosa c’è dentro un ventre di donna. E ci litigai. Io che amo tanto mia madre” (Pasolini, riportato in O.Fallaci, 2005).
Non si nasce una volta sola, una volta per tutte. Nei processi di identificazione adolescenziale (Erikson) si ripropone una nuova nascita psicologica, un tempo sancita socialmente da rituali prescrittivi di iniziazione, oggi invece diluita in un’ “età incerta” che si prolunga oltre i propri confini fisiologici, perfettamente in linea con il clima aleatorio ed evanescente di questa “modernità liquida”.
E si nasce, ancora, c’è sempre la meraviglia della prima volta, il primo bacio, la nascita di un figlio, il distacco e la perdita, i processi degenerativi fisiologici e psichici, ciascun evento configura un passaggio, di gioia o di dolore (o di entrambi), un “lutto” da elaborare per qualcosa che si è comunque lasciato indietro. La morte infine è un’ ultima nascita, qualcosa di simile a un ritorno.
… “Dimmi ora tu a questo proposito della vita e della morte. Non ti sembra che la morte è il contrario della vita?” – “Si” – “E che si generano l’una dall’altra?” – “Si” – “Che cosa nasce dalla vita?” – “La morte” … – “E dalla morte?” incalzò Socrate – “E’ necessario convenire che nasca la vita” (Platone, Fedone).
Così le Weltanschauungen (concezioni del mondo) arcaiche, ispirate all’evidenza di una continua rinascita ciclica della natura, e i loro rituali che esprimono il “mito dell’eterno ritorno”, tali da esorcizzare la storia, neutralizzarne il corso imprevedibile (Eliade).
Ma la storia continua, al di là delle mitologie e dei rituali umani.
Miliardi di miliardi di semi, spore, ovuli, spermatozoi, secrezioni ghiandolari che aspettano, schizzano, volano, nuotano, alla ricerca di un approdo, ogni individuo che si forma è testimone, per un istante, di questo passaggio.
BIBLIOGRAFIA
- Forsyth, Storia naturale del sesso. Riproduzione , sessualità, amore nel mondo delle piante, nelle società degli animali, nelle culture dell’uomo, Lyra, Como 1991
- Valdrè, Il linguaggio dell’eros. La parola come segnale erotico, Rusconi, Milano 1991
- Piazzi, La ragazza e il Direttore, Angeli, Milano 1997
- Stauder, La memoria e l’attesa, Quattroventi, Urbino 1999
- Stauder, La società devota, Quattroventi, Urbino 1996
- Marconi, Un altro uomo. Riflessioni e speranze intorno alla nascita di un bambino, in F.Manattini, P.Stauder (a cura di), Il silenzio per dirlo. Crisi della comunicazione sociale e ambiente umano, Quattroventi, Urbino 2000
- Fallaci, Lettera a un bambino mai nato, Rizzoli, Milano 1975
- Fallaci, Oriana Fallaci intervista se stessa. L’Apocalisse, Rizzoli, Milano 2005
- Balint, L’amore per la madre e l’amore della madre, in M.Balint, L’amore primario, Cortina, Milano 1992
- Lagorio, L.Ravasi, S.Vegetti Finzi, Se noi siamo la terra. Identità femminile e negazione della maternità, il Saggiatore, Milano 1996
- Rank, Il trauma della nascita e il suo significato psicoanalitico, Guaraldi, Rimini 1972
- Leboyer, Per una nascita senza violenza, Bompiani, Milano 1998
- R.Greenberg, S.A.Mitchell, Le relazioni oggettuali nella teoria psicoanalitica, il Mulino, Bologna 1995
- Freud, Introduzione al narcisismo, in Opere 1905/1921, Newton Compton, Roma 1995
- Mahler, F.Pine, A.Bergman, La nascita psicologica del bambino, Boringhieri, Torino 1978
- Erikson, Infanzia e società, Armando, Roma 1966
- Sgreccia, Manuale di bioetica. Fondamenti ed etica biomedica, Vita e pensiero, Milano 1994
- Flores D’Arcais, C.A.Viano, S.Rodotà, E.Lecaldano, M.Moro, C.Flamini, contributi su temi di bioetica, in MicroMega n.2, 1997
- Sepulveda, Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, Salani, Roma 1996
- Platone, Teeteto, Fedone, in Tutte le opere (vol .1), Newton Compton, Roma 1997
- Eliade, Il mito dell’eterno ritorno. Archetipi e ripetizioni, Borla, Roma 1968
- Alberoni, Statu nascenti. Studi sui processi collettivi, il Mulino, Bologna 1968