In fondo il vero mistero è la vita stessa. Una normatività che si staglia nettamente, autopoietica e ricorsiva, rispetto alla materia inorganica. Distinzione sostanziale.
Vita come l’acqua, come una corrente, a volte senza argini nè freni, inaspettata. Libera come un volo, un salto, una corsa. Sempre in viaggio. Eppure costretta entro i vincoli delle condizioni ambientali, nei deserti senz’acqua, come rami fra gli interstizi di un muro, al limite della sopravvivenza biologica e psichica. O nei ghetti, costituiti dalla stupidità umana.
Comunque una sfida, attimo per attimo, un’emergenza innumerabile di forme che si stagliano in continuazione, nettamente, rispetto alla non-vita, per poi affondare nella polvere, mentre nel frattempo ne spuntano di nuove, e si sviluppano, descrivendo a loro volta la propria parabola, e così via. Il tutto simultaneamente. Come quegli sciami di storni, nei cieli d’autunno, che cambiano forma, si ristrutturano in rapidissime sequenze, apparentemente per caso.
Il caso non esiste. Le nostre rappresentazioni del mondo sono così piccole, come le formule linguistiche per esprimerle, fragili ed equivoche, passeggere costruzioni sociali, insufficienti rispetto alla enormità degli universi possibili e impensabili. Il caso, equivalente funzionale di Dio, in chiave laica, per nominare qualcosa che ci sfugge.
Casomai sussistono rapporti di causalità, oppure convergenze, “sincronicità”, in un ordine, o disordine, universale, dove interagiscono formazioni di energie e di materia, si scambiano segnali, si trasformano. Magari producendo effetti secondari, imprevisti da un punto di vista umano, quasi una “eterogenesi dei fini”, variazioni rispetto a presunte regolarità, o teleologie originarie.
Qualcosa di simile allo sviluppo ontogenetico cognitivo, secondo Piaget, una “necessità priva di innatezza” (Cambi, p.74). Alla base, alcune direttrici predeterminate (gli schemi neonatali e certe condizioni biologiche iniziali), ma poi tutto si svolge secondo l’interazione di una mente attiva con gli accidenti dettati dall’ambiente, da cui la costruzione storica di ciascuna biografia.
Che cos’è il tempo, e la storia? Le culture tradizionali si aggrappano ad una visione ciclica, proprio per esorcizzare la paura della storia. I rituali celebrano e attualizzano periodicamente i miti posti a fondamento della vita comunitaria, in un microcosmo chiuso che riproduce la logica e la struttura dell’universo, ispirandosi, per analogia, al susseguirsi ripetitivo delle fenomenologie naturali.
Diversa è la linearità della storia, che trova espressione nella Weltanschauung della modernità, la storia siamo noi, gettati senza alcuna opportunità di scelta, senza libertà o via di fuga, in un flusso che procede verso esiti imprevisti, fino alla attuale condizione “liquida”, dove tutto questo sembra arrestarsi, quasi in preda ad un processo finale di disgregazione, in un tempo che “non è né ciclico né lineare, come normalmente era nelle altre società della storia moderna o premoderna”, ma “invece puntilistico, ossia frammentato in una moltitudine di particelle separate, ciascuna ridotta a un punto che sempre più si avvicina all’idealizzazione geometrica dell’assenza di dimensione” (Bauman, p.56).
Eppure le fenomenologie della vita continuano a riproporre la stessa traiettoria ciclica presente nella natura, attraverso le linee di una ontogenesi che sembra riassumere ogni volta un percorso filogenetico più ampio. Gli individui, come tanti passeggeri su una ruota panoramica, chiamati a percorrere, ciascuno con specifiche modalità ed esperienze, il medesimo giro, senza poter immaginare chissà quale circuito, o traiettoria lineare (o di quale altra dimensione) sia indirizzato a compiere, in ultima istanza, il flusso della vita stessa.
L’ottava fase, nella ricostruzione del ciclo delineata da Eric H. Erikson rappresenta la tappa finale, come una sera che si distende sull’ultima spiaggia, a conclusione di un percorso. E il circolo si chiude, proprio in un collegamento ideale con la prima, la “fase orale”, incentrata sul conseguimento della “fiducia di base”, fiducia negli altri, e in definitiva nella vita. In mezzo, un tracciato costituito da conflitti, attraverso i vari stadi, ciascuno dei quali caratterizzato da due polarità, l’una positiva, che implica il successo nel conseguire l’obiettivo specifico e l’altra indicativa del suo mancato raggiungimento. Erikson ci accompagna ben oltre le cinque note fasi freudiane dello sviluppo psicosessuale, fino alla costruzione di un’identità personale nell’adolescenza, e poi attraverso la capacità di costituire rapporti significativi (di amore, di amicizia) con un senso di intimità, e successivamente di proiettarsi verso la cura delle nuove generazioni. Compiti altamente rischiosi, che richiedono l’investimento di enormi energie psichiche, nella follia dei rapporti di coppia e delle relazioni genitoriali, e che comportano fatica e limitazioni. L’alternativa è la solitudine, la stagnazione della vita, e in definitiva la disperazione, la stessa che troviamo espressa in maniera esemplare nei versi finali de Il passero solitario di Leopardi.
La fiducia di base al principio e l’integrità dell’Io come categoria di sintesi finale, senza il rimpianto di compiti interrotti o di obiettivi mancati durante il percorso di crescita. Ma anche una testimonianza, in una prospettiva di generatività, un modo per comunicare quello stesso senso di compiutezza. Così “i bambini sani non hanno paura della vita se i loro genitori hanno abbastanza integrità da non temere la morte” (Erikson, p.252).
A Carlo, mio padre, recentemente scomparso
Appunti bibliografici
- Piazzi, La ragazza e il Direttore, Angeli, Milano 1997
- Stauder, La memoria e l’attesa, Quattroventi, Urbino 1999
- R.Maturana, F.J.Varela, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente, Marsilio, Venezia 1985
- Monod, Il caso e la necessità, Mondadori, Milano 1983
- G.Jung, La sincronicità, Bollati Boringhieri, Torino 1980
- Eliade, Il mito dell’eterno ritorno. Archetipi e ripetizione, Borla, Roma 1968
- Boncinelli, Tempo delle cose, tempo della vita, tempo dell’anima, Laterza, Roma-Bari 2003
- Bauman, Vite di corsa. Come salvarsi dalla tirannia dell’effimero, il Mulino, Bologna 2009
- Cambi, Mente e affetti nell’educazione contemporanea, Armando, Roma 1996
- Piaget, Biologia e conoscenza, Einaudi, Torino 1983
- Bonica, M.Cardano (a cura di), Punti di svolta. Analisi del mutamento biografico, il Mulino, Bologna 2008
- H.Erikson, Infanzia e società, Armando, Roma 1966
Riferimenti poetici
- Neruda, Lentamente muore
- L.Borges, Istanti
- Leopardi, Il passero solitario