Un semplice algoritmo per la terapia domiciliare dei pazienti covid-19

INRCA Ancona - Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico SIIA - Società Italiana dell'Ipertensione Arteriosa Università Politecnica delle Marche

Riccardo Sarzani1, Andrea Giacometti2Prof. Giacometti

1 – Dipartimento di Scienze Cliniche e Molecolari,
Sezione Medicina interna e Geriatria
2 – Dipartimento di Scienze biomediche e Sanità Pubblica, Sezione Malattie infettive

Dilaga l’uso di cortisonici nei pazienti con malattie virali incluso il Covid-19 da SARS-CoV-2 mentre va dato solo il desametasone nei pazienti gravi ospedalizzati in ossigenoterapia. Dando cortisonici precocemente si facilita il coinvolgimento polmonare contrastando la risposta immune innata (soprattutto interferonica). Nei pazienti Covid-19 a domicilio, tachipirina e FANS con monitoraggio della saturazione ed eventuale eparina profilattica.

Questa sintesi schematica nasce a seguito della nostra esperienza clinica come Direttori della Clinica di Malattie Infettive (Ospedali Riuniti, Ancona) e della Clinica di Medicina Interna e Geriatria (IRCCS INRCA, Ancona), entrambi reparti coinvolti nell’assistenza e gestione clinica di pazienti Covid-19 provenienti soprattutto dal territorio della Provincia. Dopo un confronto interno e sentito il parere di altri Colleghi del territorio sia ospedalieri che delle USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale), abbiamo riscontrato un uso improprio (e purtroppo anche nocivo) di terapia cortisoniche empiriche date precocemente anche nei primi 7-10 giorni di sintomi da Covid-19 confermato eziologicamente da test positivo. Infatti vediamo rispetto alle altre “ondate” un numero eccessivo di pazienti molto più giovani (erano in media sugli 80 anni i pazienti della prima e anche della seconda ondata) e anche casi più gravi che richiedono NIV/CPAP. Questo non può essere imputato alle tanto citate “varianti” in quanto non esistono dati a supporto mentre esistono molti dati pubblicati anche da studi randomizzati e controllati che sconsigliano fortemente l’uso di cortisonici (eccetto il desametasone nei pazienti gravi ospedalizzati in ossigenoterapia). Dando cortisonici precocemente non solo non si arresta la eventuale progressione e peggioramento del Covid-19, ma anzi le evidenze pubblicate evidenziano un chiaro rischio di facilitare l’estensione delle problematiche polmonari sia da parte del SARS-CoV-2 anche a causa di altri agenti patogeni inclusi miceti. Un precoce uso del cortisone non solo contrasta la risposta immune innata (soprattutto interferonica) ma anche, scompensando prediabetici o diabetici noti ed esercitando effetti negativi sulla muscolatura respiratoria, contribuisce in vario modo al peggioramento della gravità clinica dell’infezione.

Pensiamo sia inoltre ben nota a tutti, per il clamore sollevato, la lettera dei Colleghi del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, che hanno fortemente chiesto ai Medici di Medicina Generale di non prescrivere più cortisonici precocemente ai pazienti Covid-19 tenuti a domicilio. A domicilio si deve continuare con paracetamolo anche a dosaggi pieni (1 grammo per 3-4 volte al giorno) se febbre eventualmente associando ibuprofene fino a 600 mg due volte al giorno (o altro FANS) e profilassi antitrombotica con enoxaparina 4000 specie negli allettati e nei pazienti a rischio (vedi algoritmo in Figura 1)

È importante evitare anche altre terapie empiriche spesso basate su un passa parola, inclusi gli antibiotici e integratori vari, o altre dimostratesi inutili se non dannose (idrossiclorochina) e invece continuando o impostando terapie con ACE inibitori (o sartani), statine e acido acetilsalicilico secondo le attuali indicazioni cliniche in quanto dimostrati essere sicuramente efficaci nel ridurre la severità e la mortalità da Covid-19.

Ci appelliamo quindi alla sensibilità di tutti i Colleghi nei riguardi dell’Evidence Based Medicine, l’unica che oggi dovrebbe guidarci nelle scelte, completate poi dalla valutazione professionale di ogni singolo paziente.

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