Giordano Cotichelli
Corso di Laurea in Infermieristica
Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Politecnica delle Marche
Negli anni di prigionia in Germania, durante la Seconda Guerra Mondiale, lo storico ed accademico di Francia, Fernand Braudel tiene una serie di conferenze ai suoi compagni di sventura le quali, in seguito, verranno raccolte parzialmente in un piccolo volume dal titolo: “Storia, misura del mondo” [1]. Il senso delle conferenze è sintetizzato dall’elaborazione teorica di Braudel che, rifacendosi agli studi di Levebre e di Bloch e della rivista de Les Annales, introduce una visione articolata della storia che supera la ristretta dimensione evenemenziale, quella propria della quotidianità, legata a personaggi ed avvenimenti, e la rimanda ad una proiezione temporale ampia. E’ l’Histoire de longue durèe caratterizzata da un metodo e da una struttura che scompongono i fatti umani ora in avvenimenti continui, rapidi, in successione i quali si comportano come la forza delle acque che increspano la superficie di un fiume, ora in momenti più lenti, ponderati, di cambiamento progressivo con un livello più profondo dove lo studioso riesce a cogliere il senso generale delle cose; in una lettura policentrica che si fa forza degli apporti di altre discipline: dalla sociologia alla statistica, dall’economia alla geografia ed altre ancora. L’insegnamento di Braudel rivoluziona la concezione della storia condizionando in un quadro di più ampio respiro i successivi studi e ricerche. Lungo questa prospettiva articolata si può dispiegare una valutazione inedita in relazione alla storia della professione infermieristica che, in questi ultimi anni, ha sviluppato una serie di studi a livello nazionale, ponendosi di fatto su un piano di ragguardevole peso rispetto alla scuola anglosassone, ormai in attività da molti decenni.
Seguendo la chiave interpretativa di Braudel la stessa Florence Nightingale, fondatrice della moderna professione assistenziale, assurge a espressione di un portato contestuale più ampio ed articolato, strettamente legato ai primi decenni dell’epoca contemporanea in cui molte figure di medici, infermieri, educatori e riformatori in generale risaltano nella storia del progresso scientifico, del cambiamento, della ricerca e dell’innovazione.
Peculiare in tutto ciò non è solo la caratteristica del singolo personaggio che di volta in volta risalta rispetto al suo contesto storico, ma la metodicità scientifica che caratterizza le sue azioni. Come nel caso dell’infermiera anglo-giamaicana Mary Seacole che divulga e mette in opera le innovative teorie epidemiologiche del medico inglese John Snow; oppure della “direttore sanitario” Cristina Trivulzio di Belgioioso che riuscirà, assieme ad altre otto donne, ad organizzare nove ospedali, nella Roma repubblicana del 1849. Per un brevissimo tempo verrà anche aperta una scuola per infermieri che purtroppo chiuderà con la fine della repubblica. Tutta una serie di figure e personaggi – Elisabeth Fry e John Howard sul campo dell’assistenza sociale tanto per fare un’ulteriore citazione – risaltano nell’impegno riformatore delle strutture assistenziali del loro tempo. In questo quadro generale si pone in rilievo un antesignano della ricerca infermieristica, più di mezzo secolo prima della Nightingale. Il nome è quello di Jean Baptiste Pussin (Fig.1) che sviluppa, su basi empiriche, i suoi studi legati all’osservazione e all’esperienza nella cura e nell’assistenza dei malati di mente nella Francia della fine del XVIII secolo, pioniere di quel Trattamento morale che in seguito verrà ulteriormente sviluppato dal medico francese Philippe Pinel.
Jean Baptiste Pussin nasce a Lons-le-Saunier, nel Giura francese, il 29 settembre 1745. Figlio di una famiglia di conciatori si avvia anche lui alla stessa attività. All’età di 25 anni si ammala di scrofola, una forma di adenite tubercolare molto grave al tempo e di difficile cura. Ricoverato all’ospedale parigino de l’Hôtel de Dieu (Fig.2), dopo poco tempo, considerato come incurabile, viene trasferito all’ospedale di Bicêtre (Fig.3), dove rimane per molti anni fino a quando, nel 1780 viene considerato completamente guarito ed assunto come lavorante. Dopo cinque anni viene nominato sorvegliante del reparto dei pazienti psichiatrici incurabili presso l’ala Saint Prix. Il reparto si trova nel Padiglione Nove, considerato un luogo inavvicinabile per l’aria mefitica che vi si respira, come descrivono le cronache dell’epoca [3]; al primo piano ci sono i bambini infermi, poi gli anziani, gli idioti e gli imbecilli (secondo le categorie dell’epoca), gli epilettici ed infine i folli. Si registrano 249 stanze di degenza (poco più di una cella nelle dimensioni), con una capienza di 2 persone. I furiosi sono contenuti da una catena, mentre i meno agitati dormono in enormi stanzoni di 60 letti. Le stanze sono fredde, sporche, i letti in genere costituiti da pagliericci immondi brulicanti di insetti e parassiti, in mezzo ad ogni sorta di immondizie ed avanzi di cibo. In questo ambiente malsano una umanità dimenticata passa la sua esistenza vedendo raramente la luce del sole anche quando la buona stagione lo permetterebbe.
Pussin affronta da subito le molte problematiche presenti, prima in qualità di sorvegliante poi come governeur, sorta di figura apicale per l’organizzazione dei servizi e dei costi di gestione; quasi un moderno infermiere psichiatrico con un incarico di dirigente dipartimentale. In questo clima Pussin porta avanti il suo lavoro: assistenziale, organizzativo e di ricerca. Su apposite schede, da lui preparate, annota ogni osservazione pertinente il servizio e i dati generali dei pazienti [4]: età, sesso, anno di entrata, dimissioni, durata della degenza, tipo di disturbi e effetto delle cure. Un lavoro che porta avanti per un arco di tempo di 13 anni: dal 1784 al 1797, e che metterà in evidenza importanti elementi per migliorare la qualità della vita dei pazienti: dalla condizione di vita e degenza, dall’alimentazione, all’efficacia delle terapie, molto spesso meri strumenti di tortura e di umiliazione.
In base ai rilievi fatti Pussin migliora l’alimentazione, carente sul piano quantitativo e qualitativo, notandone le ricadute sia sulla salute in generale sia sullo stesso umore del paziente. Migliorano anche le condizioni igieniche degli internati e dei luoghi di degenza, e vengono incentivate le visite dei familiari e il loro stesso coinvolgimento nelle prestazioni terapeutiche, notandone il beneficio rispetto al totale isolamento ed abbandono. Sul piano terapeutico degli accessi di follia, elimina l’uso del salasso, delle percosse e dei maltrattamenti in generale e in particolar modo toglie l’uso delle catene di contenzione, ricorrendo solo occasionalmente, nei casi più refrattari, all’uso della camicia di forza. In tutto ciò inoltre Jean Baptiste sottolinea continuamente la necessità di ricostruire le condizioni funzionali ad una vita dignitosa da parte dell’internato, l’importanza della relazione terapeutica, lo sviluppo della fiducia, il trattamento con dolcezza degli ammalati, l’obiettivo di diminuire l’infelicità [5]. Scopre l’importanza del lavoro e di come questo possa rendere meno vuote le giornate degli internati; dare un senso ed una dignità alla loro persona. Apre insomma allo sviluppo di quella che in seguito verrà definita come ergo-terapia.
Pussin lavora, vive, osserva e scrive, annota, verifica. Stila tabelle del movimento dei pazienti, elabora statistiche, e verifica in continuazione l’esito degli interventi, dei cambiamenti, degli obiettivi mancati o raggiunti. In questo quadro di intensa attività il rapporto di Pussin con le autorità politiche e sanitarie del tempo è abbastanza altalenante, in alcuni momenti gli è riconosciuto il merito delle innovazioni che sta apportando alla vita degli internati, in altri, specie in coincidenza con le fasi più difficili del contesto politico (si è in pieno terrore rivoluzionario), rischia addirittura l’accusa di tradimento. Ed è in questo clima abbastanza convulso che l’11 settembre del 1793 arriva a Bicêtre un medico proveniente dall’Ospedale di Salpêtrière: Philippe Pinel. Il suo è un incarico generico, inviato presso l’Ospedale in qualità di medico delle infermerie. Da subito rivolge la sua attenzione al padiglione di Saint Prix e si trova di fronte ai cambiamenti alle ricadute positive apportate dall’infermiere di Lons-le-Saunier. Nota in particolare l’abolizione dell’uso delle catene di contenzione ed in questo chiede lumi all’infermiere: “Cosa accade quando un folle in piena crisi viene liberato dalle catene?”, domanda il medico. “Si calma”, è la risposta laconica ma illuminante di Pussin [6]. Il sodalizio fra i due è quasi immediato e proseguirà con ricadute positive nello sviluppo di una concezione moderna della psichiatria che farà da battistrada per gli studi successivi. Nel 1802, quando Pinel diventerà direttore sanitario presso l’Ospedale di Salpêtrière, chiamerà Pussin a continuare anche in quel nosocomio l’opera portata avanti a Bicêtre. Pussin vi resterà fino agli ultimi giorni della sua vita, assieme ad una sua collega infermiera che negli anni lo aveva aiutato e che nel frattempo è diventata sua moglie: Margherite Jubline (1754 – ?). L’ex-conciatore se ne andrà per sempre il 7 aprile del 1811. Al suo posto Pinel chiamerà un medico: Jean-Étienne Dominique Esquirol, colui che, confrontandosi con le moderne teorie del metodo non costrittivo espresse dal medico inglese John Conolly, e facendo tesoro del Trattamento morale sviluppato da Pussin e Pinel, sarà uno dei padri fondatori della moderna psichiatria [7].
Nel 1876 il pittore Robert Fleury rende omaggio ai due personaggi con un quadro dal titolo: Pinel délivrant les aliénés à la Salpêtrière en 1795 [8]. Il medico è raffigurato quasi al centro della composizione e dietro di lui si staglia una figura quasi anonima, in posizione defilata ma in posa dignitosa. E’ Jean Baptiste in quella che forse è l’unica immagine giunta ai posteri. Il pittore non rende in questo omaggio all’infermiere, ponendolo quasi in una posizione ancillare. In seguito però storici, psichiatri e infermieri riscopriranno la figura di Jean Baptiste al punto tale che alcune scuole francesi di infermieristica sono dedicate a lui e ancora oggi è visibile, all’entrata dell’Ospedale di Bicêtre, a Parigi, dove Pussin lavorò per 22 anni, una lapide nera che ricorda l’opera dell’ex-conciatore. La ricostruzione della storia di Pussin si ferma qui e rimanda alle tesi iniziali di una metodologia storiografica dove il singolo avvenimento, la storia evenemenziale, trascende le umane vicende e supera, nonostante il singolo personaggio e accadimento, e riconsegna uno scenario ampio, in cui il passaggio di un epoca vede tensioni e saperi proiettati verso un cambiamento che si carica di conoscenze scientifiche, di metodologia della ricerca, di innovazioni cliniche ed assistenziali. Una storia profonda che riconsegna due figure umane, quella di Pussin e di Pinel, che diventano emblematiche di una dimensione di multi – professionalità che molto spesso ancora oggi stenta a realizzarsi ma che, in epoca remota, già aveva dimostrato la sua validità lungo la strada del progresso scientifico ed umano.
Riferimenti bibliografici
- Braudel F. Storia, misura del mondo. Il mulino, Bologna 1998, p. 113;
- Cotichelli G. Prima di Florence Nightingale: personalità e contesti della nascita della professione infermieristica contemporanea. Giornale di storia contemporanea. 2015; vol. 1, Fascicolo XVIII, pag. 133 – 150;
- Anonyme, Mémoire sur Bicêtre, 1760-1761; A.N., F15 1861
- Pinel P. “Traité medico-philosophique sur l’alienation mentale ou la manie”, Parigi, 1801, trad. it. “La mania. Trattato medico-filosofico sull’alienazione mentale”, Marsilio, Venezia, 1987;
- Malvarez S, e Ferro O.R. “Infermiere Pussin: riflessioni su un silenzio della storia delle idee psichiatriche”, in A. De Bernardi-R. Mezana-B. Norcio, a cura di, “Salute Mentale. Pragmatica e complessità”, Centro studi e ricerche regionale per la salute mentale Regione Autonoma Friuli-Venezia -Giulia, Trieste, 1992, vol.1, pp.175-199.
- Caire M, Pussin, avant Pinel, L’Information psychiatrique, 1993,69, 6: 529-538
- Dora BW. Philippe Pinel et l’abolition des chaînes: un document retrouvé, L’Information psychiatrique, 1980, 56, 2.
- Jean-Pierre Schuster, Nicolas Hoertel, and Frédéric Limosin, The man behind Philippe Pinel: Jean-Baptiste Pussin (1746–1811)– psychiatry in pictures, The British Journal of Psychiatry 198.3 (2011): 241-241.