Fattori prognostici, clinici e radiologici del recupero funzionale dopo deep brain stimulation del subtalamo nella malattia di Parkinson: studio prospettico con follow-up a 10 anni

Enrico Maria Luparello
Relatore Prof. Marianna Capecci, Primo Correlatore Prof. Gabriele Polonara
Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Sezione Clinica di Neuroriabilitazione Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Politecnica delle Marche

Lo scopo del presente studio è la valutazione dei fattori di rischio dell’outcome funzionale a 2 anni dopo DBS-STN nella Malattia di Parkinson. In particolare valutare l’impatto della vasculopatia e dell’atrofia sul recupero funzionale dei sintomi assiali.

La stimolazione cerebrale profonda del nucleo subtalamico (DBS-STN) è una valida opzione terapeutica per la fase avanzata della Malattia di Parkinson (MP) complicata da fluttuazioni motorie e/o tremore scarsamente contenibili dalla migliore terapia farmacologica disponibile.  La DBS-STN ha dimostrato di essere in grado di migliorare di circa il 60% i sintomi motori di soggetti affetti da MP valutati in assenza di terapia farmacologica, il tremore fino al 90%. I criteri più diffusi di eleggibilità alla DBS prevedono che il paziente abbia un’ottima, benché transitoria, risposta alla levodopa valutata come miglioramento di almeno il 33% del punteggio della UPDRS parte motoria al test acuto di stimolazione dopaminergica. I clinici hanno già segnalato il freezing della marcia quale fattore di rischio di peggiore outcome clinico della DBS, ma solo se tale sintomo si presenta come drug-resistant. Il deterioramento cognitivo già manifesto è sempre stato un criterio d’esclusione.

Raramente tra i fattori predittivi d’outcome della DBS sono stati considerati primariamente fattori neuroradiologici, in particolare relativamente alla vasculopatia cerebrale capace, di sovvertire le reti alla base del controllo dell’equilibrio e del cammino. La vasculopatia cerebrale è stata considerata criterio relativo d’esclusione perché aumenta il rischio emorragico intraoperatorio ma il ruolo che essa può giocare nella risposta alla terapia non è stato indagato.

La vasculopatia e l’atrofia cerebrale sono stati quantificati con apposite scala di valutazione neuroradiologica.

La Fazekas scale è utilizzata per quantificare in maniera semplice l’ammontare di lesioni iperintense in T2 della sostanza bianca, generalmente attribuite all’ischemia cronica dei piccoli vasi. Sono state valutate le sostanza bianca profonda (DWM) e la sostanza bianca periventricolare (PVWM).

La global cortical atrophy (GCA) scale, valuta l’atrofia in 13 regioni cerebrali valutate separatamente in ciascun emisfero e risulta in uno score che è la somma di tutte le regioni.

 

L’impatto eventuale della presenza di lesioni della sostanza bianca è stato valutato stratificando i soggetti in coloro che presentavano un punteggio > 0 alla scala DWM FS e PVWM FS rispetto a coloro che non presentavano segni di compromissione della sostanza bianca e quindi effettuando l’analisi della Varianza per misure ripetute.

L’impatto eventuale della presenza di atrofia è stato valutato stratificando i soggetti in tre gruppi secondo i punteggi della scala GCA PS.

Effettuando un’analisi della varianza rispetto alla presenza di leucoencefalopatia valutata radiologicamente applicando la scala di Fazekas, ovvero rispetto all’atrofia cerebrale, valutata mediante la GCA Scale, si evidenziava che la presenza di alterazioni della sostanza bianca così come la presenza di severa atrofia, comprometteva il miglioramento DBS correlato ed atteso a 2 anni alla scala UPDRS parte II (outcome primario dello studio).

È stata, inoltre, effettuata una analisi di regressione multipla al fine di trovare predittori indipendenti della variazione del punteggio UPDRS II dal basale a 2 anni rispetto alla suddette variabili indipendenti : età al momento dell’intervento, durata di malattia, levodopa-challenge, valore basale (pre-intervento) della scala Hoehn & Yahr valutata in OFF med e della scala FAB, score DWM-FS e Cortical Atrophy.

  • l’equazione globale era significativa (F=9.2; p=.002; AdjR2=23%), con fattori predittori indipendenti: il valore basale della Hoehn & Yahr valutata in OFF med (t=4.5; p<.0001), della FAB (t=-2.4; p=.02), la DWM FS>0 (t=2.1; p=.04) ed il levodopa challenge (t=-2.8; p=.006)

 

Il presente studio ha dimostrato che se i pazienti affetti da Malattia di Parkinson sottoposti a STN-DBS presentano leucoencefalopatia e atrofia cerebrale, hanno un outcome funzionale significativamente peggiore già a 2 anni dall’impianto e probabilmente anche a lungo termine, e non solo una maggior frequenza di complicanze durante l’intervento. Questo fatto può essere un motivo per considerare l’introduzione all’eleggibilità di una valutazione neuroradiologica di atrofia e vasculopatia cerebrale più precisa di quella attuale, che esclude dall’intervento solo i casi francamente gravi, e per definire con ulteriori studi le scale di valutazione radiologica e i cut-off che meglio distinguono tra i pazienti che possono avere maggiore e minor beneficio dall’intervento. La valutazione neuroradiologica sarebbe estremamente importante soprattutto nei pazienti più anziani, dal momento che l’età è il fattore predittivo indipendente più importante dell’outcome motorio a lungo termine, e il beneficio ottenibile dall’intervento è maggiormente limitato all’aspetto funzionale.

 

 

 

 

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