Food Addiction. Studio epidemiologico sulla dipendenza da cibo

Jacopo Cermaria
Relatore Prof. Bernardo Nardi, primo Correlatore Prof. Massimiliano Petrelli
Dipartimento di Medicina sperimentale e clinica, Sezione Clinica psichiatrica
Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Politecnica delle Marche

La dipendenza da cibo (food addiction, FA) è una entità psicopatologica introdotta per la prima volta da Ashley Gearhardt della Yale University nel 2009. Essa viene definita come un desiderio disadattivo di appagamento con perdita del controllo del comportamento alimentare, esitante sovente anche in un incremento ponderale. Sebbene il cibo sia in grado di determinare -al pari delle comuni sostanze d’abuso- vere e proprie modificazioni biochimiche cerebrali, l’assunzione degli alimenti si configura come necessaria alla sopravvivenza e pertanto non esclusivamente edonistica, permettendo di classificare la dipendenza da cibo come vera e propria dipendenza comportamentale al pari di gambling, sesso-dipendenza e shopping compulsivo.

Obiettivo del presente studio è stato valutare la diffusione di tale costrutto in un campione di 206 individui variamente reclutati tra popolazione generale e pazienti afferenti agli ambulatori Obesità/Diabete e della Chirurgia Bariatrica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona, raccogliendo per ciascuno di essi dati relativi a genere, età, peso e altezza (queste ultime poi combinate nel BMI), nonché la concomitante presenza di diabete mellito di tipo 2 e la candidabilità all’intervento chirurgico di Sleeve Gastrectomy. Ciascuna delle variabili indicate è stata inoltre valutata in relazione alla presenza e al grado di FA, così da identificarne presunti fattori di rischio e potenziali predittori di outcome diagnostico.

Il questionario adottato per la valutazione della dipendenza da cibo è stato l’YFAS 2.0 nella versione italiana validata da Matteo Aloi et al. nel gennaio 2017; al pari dell’omologo in lingua inglese il template consta di 35 domande afferenti a 12 criteri complessivi (amount, attempt, activities, time, withdrawal, impairment/distress, craving, tolerance, situations, obligations, consequences, problems); ogni domanda presenta una soglia di punteggio, oltrepassato il quale essa viene ritenuta assolta e il criterio corrispettivo ottemperato. Sulla base della positività criteriale si può quindi porre o meno diagnosi di food addiction e definirne una gradazione in termini di gravità (mild, moderate, severe FA).

Il campione è risultato composto per il 56,8% da individui di sesso femminile e per il rimanente 43,2% da soggetti di sesso maschile; il punteggio medio di BMI è stato calcolato in 26,86 kg/m2 a fronte di un valore minimo di 17,83 e massimo di 70,77. Dei 206 partecipanti 26 avevano una diagnosi di diabete mellito di tipo 2, 11 ottemperavano i criteri di candidabilità alla Sleeve. L’80% circa del campione ha restituito un esito negativo del questionario, mentre il restante 20% ha mostrato esito positivo, per un 4% complessivo di individui con diagnosi di mild FA, un’analoga percentuale di soggetti moderate FA e infine un 12% di partecipanti risultati severe FA.

Le correlazioni tra le variabili sono state valutate prima in coppie singole impiegando opportuni test statistici (prevalentemente test del χ2) e in un secondo momento complessivamente adottando gli strumenti di regressione lineari e logistiche multiple; in ogni caso il livello di significatività α adottato è stato fissato allo 0,05%.

A fronte delle numerose correlazioni indagate e dimostrate, si è ritenuto addurre maggiore importanza a quelle tra:

  • età e BMI;
  • esito del questionario ed età;
  • esito del questionario e BMI;
  • esito del questionario e candidabilità alla Sleeve;
  • criteri del questionario e genere, età e BMI in veste di predittori.

In primo luogo è stato possibile osservare una maggiore polarizzazione del fenotipo obeso verso età maggiori, mentre al contrario individui più magri erano anche tendenzialmente più giovani. Se l’età media riscontrata nelle varie categorie di BMI è progressivamente crescente, passando dai 28 anni dei soggetti sottopeso ai 36 dei normopeso fino ai 53 degli obesi di classe II, curiosamente controtendenza è il dato relativo agli obesi di grado terzo, più giovani rispetto tanto ai sovrappeso quanto a soggetti con obesità meno severa. Il raggiungimento di BMI “maggiormente patologici” in età minore potrebbe essere spiegato proprio ipotizzando la presenza di una sottostante grave deregolazione del comportamento alimentare.

L’interrogazione circa una eventuale correlazione tra esito del questionario ed età e BMI nasce perciò spontanea, restituendo interessanti risultati e con essi confermando il ruolo attivo della dipendenza da cibo nell’incremento ponderale. Se da una parte la negatività per FA pare maggiormente rappresentata tra i giovani, l’età media cresce progressivamente per i gruppi di individui risultati mild e moderate FA, declinando invece nella categoria dei severe FA e quindi mimando il pattern già osservato nella relazione età-BMI. Non solo: dall’analisi strutturata del campione emerge che tutti gli individui sottopeso e la maggior parte di quelli normopeso restituisce un esito negativo per FA, mentre il 75% delle diagnosi di mild FA, l’84% di quelle di severe FA e la totalità di quelle moderate FA si riscontrano in individui con un BMI superiore a 25. La dimostrazione di una imponente significatività statistica della relazione tra esito del questionario e candidabilità all’intervento di Sleeve non fa che suffragare ulteriormente la relazione di causalità tra dipendenza da cibo e grave incremento ponderale: 10 degli 11 candidati hanno restituito esito severe FA, mentre 1 un esito mild FA, testimoniando presumibilmente la necessità di integrazione della dipendenza da cibo tra le comorbidità ammesse e necessarie per la candidabilità alla chirurgia bariatrica.

Considerando l’esito del questionario come variabile dicotomica (FA/non FA) e indagandone la relazione con genere, età, BMI e diabete in veste di predittori si trae ulteriore conferma dell’associazione tra massa corporea e la dipendenza da cibo, arricchendo quanto detto fin qui con la dimostrazione di una maggiore frequenza di un esito positivo del questionario nel genere femminile, che risulta pertanto più esposto alla patologia. Il dato viene confermato e integrato dalla valutazione della valenza predittiva di genere, età, BMI e diabete in relazione a ogni singolo criterio del questionario: posto l’oramai conclamato ruolo del BMI, significativa è stata l’associazione riscontrata tra sesso femminile e più frequente ottemperanza dei criteri amount, attempts, tolerance, withdrawal e impairment/distress. Il genere femminile, dunque, non è solamente più predisposto allo sviluppo di patologia ma si connota anche per una specificità sintomatologica clinicamente significativa.

Dal presente studio emerge quindi la validità del costrutto nosografico della Food Addiction come fattore di rischio per lo sviluppo di obesità soprattutto gravi, con ciò ponendo la necessità d’integrazione delle linee guida per la valutazione della candidabilità alla chirurgia bariatrica con una testistica psicodiagnostica atta a dimostrare la presenza di una sottostante dipendenza da cibo. La maggiore frequenza della FA nel sesso femminile e la sua specificità sintomatologica necessitano infine di approfondimento in ulteriori studi, integrando quanto evidenziato finora con la sottoposizione al campione di questionari volti a valutare il cosiddetto emotional eating e lo stato affettivo in relazione al comportamento alimentare.

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