Il peso delle parole.

Che cos’è la tolleranza? E’ una conseguenza del fatto che siamo tutti figli della
fragilità: fallibili e inclini all’errore. Dunque, perdoniamoci a vicenda le nostre
follie. Questo è il principio a fondamento di tutti i diritti umani.

Voltaire, Dizionario filosofico, voce “Tolleranza”

Una ragazza trascinata da un gruppo di uomini armati, legata e condotta alla forca ,
accusata di un delitto che molto probabilmente non ha commesso, avvenuto quando
aveva diciassette anni. Delara Darabi, pittrice iraniana, assassinata il 1° di maggio.
Soltanto un esempio di quanto pesino le parole. Così i bombardamenti e le stragi di
uomini e donne, di ogni età, e le denominazioni di “pulizia etnica”, “guerra santa” o
“giusta”, “missione di pace”.
Solo un esempio di che cosa sia la natura umana, mossa dalle pulsioni del Thanatos,
filtrate attraverso le maglie della mediazione simbolica. Il peso delle parole.

Nicolay Bessonov, Girl in a prison, Water-colour, 1987

Figura 3 – Nicolay Bessonov, Girl in a prison, Water-colour, 1987

Il diritto naturale non esiste. Non ci sono diritti in natura, la sopravvivenza è un
privilegio che si conquista attimo per attimo, con la velocità o con la forza fisica,
attraverso strategie di aggressione e di fuga, uccidendo o nascondendosi, con la
capacità di adattamento, la plasticità degli schemi biologici (e mentali).
Che diritti ha un fiore, o una pianta, un embrione, un cucciolo appena nato, o un
semplice spermatozoo? O ancora, un organismo invecchiato, colpito da malattia, e
debole? Il solo diritto naturale è di seguire gli imperativi iscritti nel codice genetico,
si potrebbe parlare di istinti, più precisamente di pulsioni, o più umanamente di
speranze, aspirazioni, interessi. Interessi legittimi (secondo un’espressione del lessico
giuridico), che investono il singolo individuo solo di riflesso, nella misura in cui
fanno riferimento ad un interesse generale sovrastante, in questo caso il dominio della
vita.

Dove inizia la vita? E dov’è che termina, la vita?  Non si tratta forse di un flusso continuo, di informazioni e di Gestalten (*), che si strutturano di volta in volta nella rapida successione degli individui e delle generazioni, con modalità nuove, ogni volta adatte, specifiche? E si diffondono, esplodono, colonizzano, laddove trovano le condizioni minime per istallarsi, e sopravvivere.

Nicolay Bessonov, Interrogation, Canvas, 1992

Figura 4 – Nicolay Bessonov, Interrogation, Canvas, 1992

Non esistono diritti naturali, ma ci sono i diritti umani, quelli fondati faticosamente con le parole delle società civili. Nella cultura occidentale, a partire dalla razionalità greca e dalla morale ebraica. Espressi soprattutto nei valori cristiani, e nella loro rivisitazione in chiave laica operata dal  “secolo dei lumi”. I diritti umani, tanto proclamati e condivisi con forza, contenuti nelle norme positive degli ordinamenti giuridici, nelle dichiarazioni e nei trattati internazionali, quanto, in sostanza, irrisi quotidianamente.

Questi appunti sono un invito a coltivare almeno un senso di tolleranza, che si spinga oltre la vuotezza delle formule linguistiche facili.

Gli individui, piccole isole sparse, ciascuna sola. Le culture, tentativi di mettere ordine in un mare indefinito di complessità. Tentativi imperfetti per incanalare la nostra esperienza in un orizzonte di senso, “mondi morali imperfetti” (G.Mantovani). Imperfetti nelle motivazioni (1), e negli esiti devastanti. Non vi è civiltà che si sia  affermata evitando stragi, ingiustizie, distruzioni. I genocidi degli Indios e dei Pellerossa, l’Inquisizione,  l’Olocausto e i massacri dei Palestinesi, le foibe e i campi di sterminio, Hiroshima, Nagasaki, le bombe al fosforo e le città rase al suolo sono esempi eclatanti della recente “imperfezione” occidentale, che fa eco a tutte le barbarie delle culture tradizionali, mutilazioni genitali, torture, processi sommari, lapidazioni.

L’invito alla tolleranza, peraltro, è solo un primo passo, necessario ma insufficiente. Dovremmo  successivamente provare  a superarne il confine, spingerci oltre il semplice senso di sopportazione dell’altro. Muovere dalla presa di coscienza dell’ ”imperfezione” di ciascuno, non quale terreno di scontro, ma veramente come occasione per una crescita umana, per una maggiore consapevolezza e comprensione.  Innanzitutto di noi stessi  (2).

NOTE
(*) “forme”, “configurazioni”, “entità organizzate e autoregolate” (da cui il nome della nota scuola psicologica tedesca)
(1) “Oog ha appena ucciso un bue muschiato. Arriva Mog, che vuole il bue per sé. Così dà a Oog una botta in testa con la clava. Oog è comprensibilemente seccato e, a sua volta, dà un colpo di clava in testa a Mog. “Ahi!” dice Mog fra sé. “Fa male! Se colpisco di nuovo Oog, probabilmente lui farà la stessa cosa con me. Allora , se non voglio farmi male, farò meglio a non colpire Oog”. Così è nato il senso di responsabilità sociale”. (N.Babbit, Proteggere la letteratura per i ragazzi, in F.Lazzarato (a cura di), Scrivere per bambini, Mondadori, Milano 1997, p.55).
(2) In questo modo “la nostra considerazione dell’avversario ideologico o del soggetto che pone in opera la violenza nei nostri confronti è (…) in grado di andare oltre le posizioni da lui sostenute o le azioni da lui compiute, cogliendolo nella sua situazione originaria di essere umano che, come noi, ha bisogno di determinazioni e che, come noi, cerca di far fronte all’angoscia dell’inconciliabilità dell’esistenza. Il nostro modo di osteggiarlo anche nei modi più decisi non sarà quindi mai una forma simmetrica di ostilità, che ci farebbe dimenticare la nostra eccedenza rispetto alle determinazioni” (Crespi, vedasi bibliografia, pp.113-114).
“…è assolutamente necessario capire altre società e altre civiltà, da quelle primitive a quelle civilizzate, per vedere e capire altre possibili strutture sociali ed esperienze, coscienti per loro, ma che per noi resterebbero altrimenti inconsce”. … “Quanto più riusciamo a sapere, perciò, riguardo ad altre forme di vita al di fuori dei nostri confini culturali, tanto più siamo capaci di capire noi stessi e gli altri, e di provare a vivere ciò che nella nostra società sembra dover rimanere escluso dalla coscienza, perché non è adeguato ad essa” (Fromm, vedasi bibliografia, pp.128-129).
BIBLIOGRAFIA:
G.Mantovani, In difesa di Amina, in Psicologia contemporanea n.175,
Giunti, Firenze 2003
F.Crespi, Contro l’aldilà. Per una nuova cultura laica, il Mulino, Bologna 2008
F.Remotti, Contro l’dentità, Laterza, Roma-Bari, 2003
E.Fromm, Anima e società, Mondadori, Milano 1993
M.Grilli, La mediazione simbolica nella costruzione sociale, CLUA, Ancona 2004
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