Sara D’Eusanio, Ramona Montironi, Andrea Ciavattini
Clinica di Ostetricia e Ginecologia a prevalente indirizzo ostetrico e gravidanza ad alto rischio, Azienda Ospedaliera Universitaria, Ospedali Riuniti Ancona, Universitá Politecnica delle Marche
Introduzione
Le donne in gravidanza con valvola cardiaca meccanica (MHV) sono esposte ad elevato rischio di eventi trombotici; allo stesso tempo l’assoluta necessità di una adeguata terapia anticoagulante le espone a notevole rischio emorragico e, con alcuni anticoagulanti, a rischio di fetotossicità. Pertanto, il management di queste pazienti risulta difficile a causa dell’azione procoagulante della gravidanza e all’aumento della velocità di filtrazione glomerulare che si instaura a seguito degli adattamenti materni. La terapia anticoagulante delle pazienti con MHV in gravidanza richiede un attento monitoraggio ed un continuo bilancio tra benefici e rischi. Durante il corso della gravidanza qualsiasi sintomo ad insorgenza recente dovrebbe richiedere un’indagine tempestiva ed accurata.
Riportiamo il percorso diagnostico-terapeutico assistenziale di una gestante con valvola mitralica meccanica e con improvvisa insorgenza di dispnea dovuta a trombosi della protesi valvolare.
Caso clinico
E’ giunta alla nostra attenzione, in Ambulatorio di Patologia Ostetrica della Clinica di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Salesi, Azienda Ospedaliero Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona, Università Politecnica delle Marche, una donna di 27 anni, primigravida alla tredicesima settimana di gestazione. La paziente nel 2008 era stata sottoposta, in Albania, ad intervento di sostituzione valvolare mitralica con protesi meccanica (St. Jude Medical n.29) per valvulopatia reumatica. Aveva effettuato terapia anticoagulante con acenocumarolo (Sintrom) prima della gravidanza con riferito controllo subottimale. Al momento della nostra prima osservazione, era in terapia con enoxaparina sodica (Clexane) 6000 U.I. per due volte al giorno con ultimo dosaggio anti Xa: 0.66. La paziente aveva un’anamnesi familiare negativa per patologie di rilievo e oltre alla protesi meccanica mitralica non presentava altri fattori di rischio cardiovascolari né altre patologie extracardiache.
Durante la prima visita si è definito il percorso assistenziale basato su:
1. Stratificazione del rischio
2. Frequenza del follow-up multidisciplinare
3. Valutazione della corretta terapia anticoagulante
4. Programmazione degli esami ostetrici specifici per il caso clinico
Stratificazione del rischio
Il primo momento clinico è stato incentrato sulla definizione della classe di rischio, in base alla classificazione della WHO modificata e sul counselling con la paziente. Particolare attenzione è stata rivolta alla sensibilizzazione della paziente verso il proprio stato, sottolineando la necessità di riconoscere tempestivamente i sintomi specifici di scompenso in gravidanza, e verso il rischio fetale. La classificazione del rischio WHO modificata, raccomandata dalla Società Europea di Cardiologia (ESC), integra tutti i fattori di rischio cardiovascolare materno noti, includendo la malattia cardiovascolare di base e le altre comorbilità. Il principio generale di questo metodo è quello di definire quattro differenti classi di rischio cardiovascolare materno (WHO I, II, III e IV). A seconda dell’appartenenza ad una delle varie classi, la gravidanza può essere condotta senza o con pochissimo rischio (WHO I), ma può anche essere del tutto controindicata (WHO IV). La nostra paziente apparteneva alla Classe WHO III.
Tabella 1. Classificazione WHO modificata: applicazioni.
“Documento di consenso ANMCO/SICP/SIGO: Gravidanza e cardiopatie congenite” G Ital Cardiol 2016;17(9):687-755
Frequenza del follow-up multidisciplinare
Per le donne in classe WHO III, per l’alto rischio di complicanze, viene raccomandato un follow up multidisciplinare con una valutazione cardiologica e ostetrica frequente (mensile o bimestrale). Nello specifico, abbiamo attivato un monitoraggio bimestrale.
Tabella 2. Valutazione alla prima visita in gravidanza e frequenza dei controlli nel follow-up.
“Documento di consenso ANMCO/SICP/SIGO: Gravidanza e cardiopatie congenite” G Ital Cardiol 2016;17(9):687-755
Valutazione della corretta terapia anticoagulante
Inoltre, sempre durante la prima visita, si è valutata una corretta terapia anticoagulante come prevenzione delle complicanze materne trombotiche ed emboliche. In accordo con il cardiologo, è stata proposta terapia anticoagulante con antagonisti della vitamina K. La paziente informata dei rischi e benefici della terapia con dicumarolo e con eparina, ha preferito non modificare lo schema terapeutico anche per la labilità dei valori INR pre-gravidanza. Pertanto la paziente ha proseguito lo schema terapeutico con eparina, aggiustando il dosaggio sulla base del valore anti-Xa (v.n. 1,0-1,2 a 4 ore dall’ultima somministrazione) con enoxaparina sodica (Clexane) 7000 U.I. per due volte al giorno.
Di seguito le possibili strategie terapeutiche anticoagulanti in gravidanza in presenza di protesi valvolare cardiaca meccanica.
Tabella 3. Terapia anticoagulante in gravidanza
“Documento di consenso ANMCO/SICP/SIGO: Gravidanza e cardiopatie congenite” G Ital Cardiol 2016;17(9):687-755
Programmazione degli esami ostetrici specifici per il caso clinicoSono stati programmati gli esami ostetrici specifici:
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- Ecografia ostetrica di II livello
- Ecocardiografia fetale
- Controlli della crescita fetale ogni 2-3 settimane
E’ stato effettuato un follow-up multidisciplinare ogni 2-3 settimane (da 13 settimane gestazionali a 30 settimane gestazionali)
- Studio fetale morfologico per escludere malformazioni, sia cardiache che in altri distretti
- Ecografia morfologica di II livello: risultata nella norma
- Ecocardiografia fetale: risultata nella norma
- Ecocardiogrammi materni: nei limiti (non disfunzioni di protesi)
- Valutazione ecografica longitudinale della crescita fetale: risultata sempre nei limiti della norma
- Valore anti-Xa: nei range con terapia enoxaparina sodica (Clexane) 7000 U.I. per due volte/die
Alla trentesima settimana gestazionale la paziente ha accusato un’improvvisa comparsa di dispnea a riposo ingravescente con quadro obiettivo di edema polmonare acuto per cui è stata ricoverata in Clinica di Cardiologia, Ospedale Umberto I, Azienda Ospedaliero Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona. Al momento del ricovero è stata intrapresa terapia diuretica endovenosa e ventilazione mediante C-PAP. All’esame obiettivo il murmure vescicolare era ridotto ad entrambe le basi ed erano presenti rantoli crepitanti ai campi medio-basali bilateralmente. L’ecografia polmonare mostrava evidenti segni di congestione. L’elettrocardiogramma presentava un ritmo sinusale con una frequenza cardiaca di 96 bpm. Alla gestante, è stata eseguita un’ecocardiografia che rilevava un aumento dei gradienti della protesi con riduzione della cinetica degli emidischi (gradiente massimo di 34 mmHg, gradiente medio di 22 mmHg) e una frazione di eiezione del ventricolo sinistro pari a 40-45%. La funzione sistolica del ventricolo destro era ai limiti inferiori della norma con una pressione sistolica nel ventricolo destro di 50-55 mmHg. La radiografia del torace mostrava un diffuso incremento dell’ipodiafania a carico di entrambi gli emitoraci con relativo risparmio delle porzioni apicali in relazione ad addensamenti polmonari parzialmente confluenti fra loro e versamento pleurico bilaterale.
Figura 1. Radiografia del torace della paziente al momento del ricovero
A questo punto c’è stata una nuova discussione multidisciplinare del caso clinico tra ginecologo, cardiologo, cardiochirurgo ed anestesista. Data l’epoca gestazionale, trentesima settimana, si è deciso per l’espletamento del parto mediante taglio cesareo e successiva programmazione di sostituzione valvolare mitralica in base al decorso post-operatorio della paziente. Dopo l’esecuzione del taglio cesareo si è assistito ad un improvviso e rapido peggioramento post-operatorio del quadro emodinamico e respiratorio della paziente, con evidenza ecocardiografica di severa ostruzione della protesi mitralica. La paziente presentava un trombo della protesi valvolare mitralica. E’ stato eseguito un intervento urgente di detrombizzazione della valvola mitrale con regolare decorso post-operatorio. La paziente è stata dimessa con warfarin (Coumadin) per scarso controllo dell’INR con acenocumarolo (Sintrom).
La bimba nata a 30 settimane gestazionali + 2 giorni aveva un peso di 1200 gr, un Apgar di 6 e 9 al 1’ minuto e al 5’ minuto rispettivamente. E’stata ricoverata in terapia intensiva neonatale dell’Ospedale Salesi per 22 giorni. Durante il ricovero, la bimba ha presentato ipoglicemia neonatale transitoria, ittero, distress respiratorio e leucomalacia periventricolare di I grado. Dopo il miglioramento e la stabilizzazione del quadro clinico è stata trasferita presso l’Ospedale di Macerata per avvicinarla al domicilio dei suoi genitori.
Discussione
La gestione del regime anticoagulante delle donne con protesi valvolare cardiaca meccanica durante la gravidanza è un problema impegnativo per la natura procoagulante della gravidanza stessa. Soprattutto nel secondo e terzo trimestre, l’aumento dei livelli dei fattori VII, VIII e X e la diminuzione dei livelli di proteina S portano ad uno stato di ipercoagulabilità. Altre complicanze trombotiche della MHV si verificano per lo più durante il primo trimestre in cui si cambia la terapia anticoagulante. Gli antagonisti orali della vitamina K rappresentano la terapia più efficace in termini di prevenzione delle complicanze materne trombotiche ed emboliche, ma sono associati a un alto rischio di complicanze fetali. Il warfarin, infatti, avendo un basso peso molecolare, supera liberamente la barriera placentare e il feto è particolarmente sensibile alla sua azione, la cosiddetta “embriopatia da warfarin”: tra le 6 e le 9 settimane di gestazione, condiziona negativamente in particolare lo sviluppo osseo, inducendo ipoplasia nasale e condrodisplasia punctata; nel secondo e nel terzo trimestre può indurre atrofia del nervo ottico, ritardo mentale e microcefalia, conseguenza di emorragie multiple. Inoltre il suo utilizzo si associa ad un aumentato rischio di aborti spontanei, parti pretermine ed emorragie nella madre. Le linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) raccomandano l’utilizzo del warfarin nel secondo e terzo trimestre. Le complicanze materne e fetali sono probabilmente ridotte in modo significativo se la dose di warfarin richiesta per un’anticoagulazione efficace è ≤ 5 mg. Non ci sono dati sull’utilizzo dei nuovi anticoagulanti orali in donne in gravidanza con protesi meccaniche. Le linee guida dell’American College of Cardiology / American Heart Association (ACC / AHA) per quanto riguarda le cardiopatie valvolari suggeriscono che se gli obiettivi terapeutici di INR sono raggiunti con < 5 mg / giorno di uso di warfarin, questo dovrebbe essere usato durante la gravidanza. Tuttavia se la dose per raggiungere l’INR terapeutico supera i 5 mg / die, è raccomandato modificare il regime anticoagulante da warfarin a eparina a basso peso molecolare (EBPM) o eparina non frazionata (ENF) continua durante il primo trimestre. L’eparina non frazionata non passa la placenta e non comporta rischi di embriopatia fetale; tuttavia l’utilizzo di ENF durante tutta la gravidanza è correlato ad un aumentato rischio di nati morti e di prematurità, ad un’elevata incidenza di trombosi su protesi (fino al 33%) e, nel caso di uso prolungato, ad osteoporosi e piastrinopenia materna. Anche l’eparina a basso peso molecolare non passa la placenta; la somministrazione, per via sottocutanea, risulta inoltre più agevole e aumenta la biodisponibilità del farmaco; gli effetti collaterali (osteoporosi, piastrinopenia) sono minori rispetto all’ENF. L’efficacia dell’EBPM per la prevenzione della trombosi su protesi in corso di gravidanza è tuttavia ancora controversa. Dopo la sostituzione con un antagonista orale della vitamina K, è raccomandato fino a 36 settimane, quando dovrebbe essere sostituito con EBPM o ENF principalmente per prevenire l’emorragia fetale intracranica e incontrollato sanguinamento della madre durante il parto vaginale. E’ suggerito per pazienti gravide con una protesi meccanica se la dose di warfarin supera i 5 mg / die un aggiustamento della dose di ENF endovenosa continua (con controllo di aPTT almeno 2 volte) durante il primo trimestre per raggiungere un INR terapeutico. Il dosaggio dell’EBPM dovrebbe essere stabilito non sulla base del peso, ma di periodici controlli (ogni 2 settimane) dei livelli di fattore X attivato, per mantenere i livelli di picco anti-Xa tra 1,0 e 1,2 U / ml controllato dopo 4- 6 ore dall’ultima dose a causa del fatto che la dose richiesta può aumentare di più del 50% nel corso della gravidanza, soprattutto a causa dell’aumento dei tassi di filtrazione glomerulare. Con l’uso di questo regime posologico dipendente dal livello di anti-Xa, l’incidenza di trombosi valvolare è inferiore a quella con ENF. D’altra parte, è stato dimostrato che nonostante i livelli appropriati anti-Xa, il rischio di trombosi MHV è comunque un problema nei pazienti in trattamento con EBPM. Non esiste uno schema di anticoagulazione ottimale, che garantisca cioè il massimo di protezione per la madre con rischi minimi o assenti per il feto. La scelta del protocollo terapeutico deve essere individualizzata e deve tenere in considerazione il tipo di protesi (il rischio trombotico è ridotto per le protesi di nuova generazione, con basso profilo); il rapporto rischio/beneficio dovrebbe essere sempre discusso con la gestante e con il partner. Con il parto naturale il rischio di emorragia non è significativamente aumentato, cosa che invece avviene con il taglio cesareo. Nei casi di parto pretermine, con paziente ancora in terapia con warfarin, può essere utile la somministrazione di vitamina K, anche se il recupero di una normale funzione coagulativa avviene dopo circa 24h, oppure di plasma fresco congelato sia alla madre che al neonato. In tale evenienza, inoltre, sarebbe preferibile un taglio cesareo volto a ridurre il rischio di emorragie fetali. L’eparina può essere ripresa dopo 6h dal parto. Il warfarin non viene escreto con il latte materno e può quindi essere somministrato alle donne che allattano. Le linee guida offrono un approccio chirurgico come terapia di prima linea per i pazienti critici con trombosi MHV ostruttiva. D’altra parte, la fibrinolisi è ancora un’opzione per i pazienti selezionati. Ulteriori studi randomizzati che confrontano i risultati della chirurgia con le dosi di agenti fibrinolitici regolati per la gravidanza possono cambiare in futuro le strategie terapeutiche.
Conclusioni
La prevenzione della trombosi MHV in gravidanza inizia con la prima visita nel primo trimestre. Ciò richiede una valutazione completa delle caratteristiche dei pazienti e quindi una decisione sul giusto regime anticoagulante per ogni particolare paziente. Durante il follow-up, i fattori anti Xa o INR devono essere monitorati attentamente secondo necessità. Ogni nuovo sintomo dell’esordio necessita di un completo riesame. Se viene diagnosticata una trombosi MHV deve essere chiaro che si tratta di una situazione di rischio molto elevato sia per il feto che per la madre e questo alto rischio è indipendente dal management adottato.
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