Passione e dedizione senza egoismo

Rodolfo Montironi
Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Università Politecnica delle Marche

 

 

 

 

Sono onorato per essere stato invitato a rappresentare la Facoltà di Medicina nel 50esimo dalla inaugurazione della nostra università.

Vorrei condividere con voi alcune riflessioni personali sui primi 50 anni della nostra Facoltà ed in particolare sul formarsi e realizzarsi professionalmente ad Ancona.

  1. La iscrizione a Medicina. Sono partito da Corinaldo, una mattina del 1970, con il mio amico Renato Gregorini, per venire ad iscrivermi all’Università ad Ancona. Lui voleva iscriversi a Medicina e sognava già una carriera da cardiochirurgo ed io volevo fare l’Ingegnere. Siamo entrati nella sede della facoltà di Medicina in Piazza Roma, quella che attualmente è il nostro Rettorato. Contagiato dall’entusiasmo del mio amico, mi sono iscritto anch’io al primo anno di medicina con il numero di matricola 59 ed ho iniziato il mio percorso formativo da medico invece che da ingegnere.

  2. I miei anni di studente di medicina. Di quegli anni ricordo il grande entusiasmo, condiviso con un gruppo consistente di altri studenti, per poter essere interni nei reparti clinici universitari appena creati. Alcuni professori avevano contribuito in modo decisivo a creare ed alimentare questo entusiasmo. Vorrei ricordare in particolare i Professori Carlo De Martinis e Giovanni Danieli che hanno accompagnato gli studenti iscritti a Medicina nell’ a.a 1970-71 attraverso la semeiotica medica, la patologia medica e, infine, la clinica medica e che aveva riunito nei loro gruppi alcuni degli studenti migliori del corso. La mia scelta è caduta sulla Anatomia Patologica diretta dal Prof. Gian Mario Mariuzzi dove sono entrato come studente interno nel 1973. Provavo per questa disciplina lo stesso entusiasmo che molti colleghi avevano per la Medicina Interna. Non me ne sono mai pentito! Del ruolo del medico nel prendersi cura del paziente ho sempre preferito la parte diagnostica ed in particolare le correlazioni clinico-patologiche. Ho scoperto in quegli anni anche il significato che la ricerca applicata alla clinica poteva avere per il miglioramento delle cure.  

  3. Sono rimasto nella nostra università (che allora si chiamava di Ancona) come tecnico laureato essendosi la posizione resa disponibile tre giorni dopo la mia laurea avvenuta il 16 Luglio del 1976. Ricoprivo, a Medicina, la stessa posizione che Marco Pacetti, uno dei futuri Rettori della nostra Università, ricopriva in quegli anni a Ingegneria. Questa posizione, occupata immediatamente dopo la laurea, mi ha offerto la opportunità di iniziare un percorso che comprendeva tre aspetti inscindibili della mia professione: ricerca, didattica e attività diagnostica.
    • Erano anni in cui si sentiva fortissima la necessità che i giovani crescessero rapidamente nella conoscenza della disciplina in modo da poter permettere alla nostra università di raggiungere una visibilità a livello nazionale. Il Professor Mariuzzi mi aveva incoraggiato a trascorrere, a più riprese, un periodo di circa un anno, presso istituzioni di eccellenza in Gran Bretagna. Questi soggiorni mi hanno permesso di arricchire il mio training come patologo e mi hanno inserito in un circuito internazionale con grande beneficio non solo per me ma anche per tutto il nostro gruppo di patologi.
  4. La mia passione originaria per l’ingegneria. All’inizio degli anni ’80, quando avevo ormai completato il mio training di patologo, il Professor Mariuzzi decise di dotare il nostro istituto di un analizzatore di immagini istologiche. Si trattava di uno dei primi strumenti di quel tipo prodotti ed il suo uso richiedeva la conoscenza della informatica e, più in generale, della matematica e della fisica. Immediatamente riaffiorò in me la passione originaria per i numeri. Da qui iniziò la seconda fase nella mia vita professionale: quella della anatomia patologica combinata con i numeri ed in particolare con l’analisi di immagine.
    • Ho sviluppato questo binomio in collaborazione con il Professor Peter H. Bartels del Centro di Scienze Ottiche della Facoltà di Ingegneria della Università della Arizona, dove ho soggiornato per quasi un anno, per condurre ricerche utilizzando tecniche di patologica quantitativa e di quella che attualmente viene chiamata ‘intelligenza artificiale’. Il Professor Peter Bartels, che era professore di patologia negli USA e aveva una laurea in fisica in Germania, ha ricevuto la laurea honoris causa in Medicina e Chirurgia preso la nostra università.
  5. Sono state esperienze importanti non solo nel campo della ricerca ma anche dal punto di vista professionale e sono state fondamentali per la costruzione della terza fase del mio percorso professionale incentrato su un approccio diagnostico di alta specialità nel campo della uropatologia e sul significato clinico della diagnosi anatomo-patologica nel delicato rapporto medico/paziente. Ci sono istituzioni e persone che hanno contribuito in maniera determinante a farmi perseguire e raggiungere obiettivi professionali che non avrei nemmeno potuto immaginare all’inizio del mio percorso e che credo meritino un ringraziamento
    • La Università Politecnica delle Marche e l’Ospedale di Torrette sono stati per me una sorgente infinita di ispirazione per la ricerca, la didattica e l’esercizio della professione medica.
    • I pazienti, i giovani, come studenti e come medici in formazione, i colleghi e la famiglia hanno arricchito e migliorato la mia vita come medico, come docente e come ricercatore. E’ stato particolarmente importante, professionalmente ed umanamente, poter parlare ed interagire con i pazienti, perché dai loro dubbi e dalle loro paure ho tratto lo stimolo a migliorare le mie conoscenze e ad andare avanti nella ricerca. I giovani: studenti, laureandi, specializzandi di varie discipline e dottorandi mi hanno comunicato il loro entusiasmo e a loro ho sempre cercato di trasferire la mia passione. I colleghi, in particolare quelli della Anatomia Patologica con i quali ho lavorato tanti anni, sono stati di supporto alla mia crescita professionale e hanno condiviso con me tanti momenti importanti. Il ruolo della famiglia è stato e rimane fondamentale. Mia moglie ed io siamo entrati insieme come studenti interni in Anatomia Patologica nel 1973; abbiamo percorso le stesse strade in Ancona e all’estero, abbiamo condiviso la crescita professionale e i campi di ricerca e ora lei è diventata  il mio direttore.
  6. L’ultima riflessione riguarda la nostra università di cui festeggiamo il 50esimo e di come immaginiamo che sarà fra 10 anni. Un paio di settimane fa, nostra figlia, che è un laureato della UNIVM in ingegneria meccanica, ci ha fatto visitare il museo annesso al centro dell’acceleratore lineare dell’Università di Standford, California, dove vengono ricostruite le fasi della progettazione e costruzione dell’acceleratore. Mi ha colpito la risposta data dal primo direttore del centro, Wolfgang P. Panofsky a chi gli chiedeva cosa sarebbe stato del centro fra dieci anni. La sua risposta fu: dipenderà dai giovani e se questi avranno una idea brillante. Il centro di Stanford è ancora attivo dopo 57 anni e ha conquistato diversi premi Nobel perché ci sono stati giovani brillanti provenienti da tutto il mondo che hanno avuto idee brillanti. Credo che questo si possa e debba applicare anche alla nostra Università. Abbiamo giovani brillanti e capaci. Aiutiamoli a crescere e a credere in loro stessi e nelle loro idee e avremo idee brillanti che aiuteranno anche la pratica clinica in medicina. La condivisione delle conoscenze e delle competenze fra le diverse Facoltà della nostra Università deve essere perseguita per crescere personalmente e per far crescere la nostra istituzione. A questo proposito vorrei suggerire la lettura di un libro che è appena uscito negli USA, scritto da Jamie Metzel, intitolato: Hacking Darwin, Genetic Engineering And The Future Of Humanity.

 

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